Il latte è sempre bianco e a volte anche buono
Giuseppe Brandizzi allevatore in Biologico di vacche da latte e carne nell’Agro Romano, è impegnato dal 2005 in un progetto di filiera corta con Biolà che offre direttamente al consumatore i prodotti della propria azienda mediante appuntamenti nelle piazze di Roma con i Gas (Gruppi di acquisto Solidali ) e senza intermediari. Una filiera che però sembra più stressata e che potrebbe essere compromessa in maniera irreparabile. Due gli interrogativi che nascono dalle considerazioni di Brandizzi. La leva prezzo può essere sempre la dominante delle scelte di mercato? La politica alimentare in Italia da liberista che voleva diventare potrebbe trasformarsi in liberticida? Sicurezza alimentare, tracciabilità, bontà, politiche distributive sono elementi legati. Dovrebbero camminare nella direzione giusta. Altrimenti si finisce a mozzarelle blu.
Fresco, Alta Qualità, microfiltrato, con omega3, arricchito con vitamine, con fibra, scremato, magro, dietetico, intero, alta digeribilità, latte sviluppo, prima crescita, addirittura frizzante lo vorrebbe la Coca Cola.
C’è da perderci la testa con i vari e alle volte incredibili tipi di latte in commercio e il tutto alla fine confonde il consumatore proprio come gli indecifrabili abbonamenti di alcuni operatori telefonici!
Ebbene tutti questi latti hanno in comune un solo ed unico aspetto, sono tutti rigorosamente di colore BIANCO!
L’industria o la Gdo non possono prescindere da questo dato. Se noi consumatori mettiamo ognuno di questi latti in un bicchiere privo di indicazioni non possiamo riconoscerli alla vista ma dobbiamo leggerne i contenuti ed i vari processi di trasformazione sulla confezione o affidarci alle nostre papille gustative per tentare di capirne le lavorazioni subite.
Esiste un altro latte, il crudo (ecco la mappa per sapere dove si trovano i distributori alla spina, ndr), quello originale, fatto solo dalle vacche, materia prima di partenza essenziale o almeno così dovrebbe essere per tutti i latti sopra elencati. Nel 2004 prese piede in Lombardia l’idea di offrire il latte crudo al consumo attraverso distributori automatici, proprio come avveniva nella vicina Svizzera. Fu un successo strepitoso arrivando a 1100 distributori in tutta Italia che erogando direttamente al Consumo 50/100 Lt /gg rappresentavano dai 20 ai 40 Mil Litri anno di latte crudo che non seguiva i molti percorsi distributivi del latte e accorciava la filiera a due soli attori: l’ allevatore ed il consumatore .
Strepitoso, forse troppo per l’ industria e la Gdo. Così, anche grazie all’interrogazione parlamentare di De Castro e del servizio della giornalista scientifica Anna Meldolesi, nell’autunno del 2008 si mise in atto una azione di discredito mediatico invocando la sicurezza alimentare. Non fu impresa difficile, più o meno come sparare sulla Croce Rossa. Il risultato? Una bella ordinanza ministeriale a firma del Sottosegretario Martini del Ministero della salute, che obbliga gli allevatori ad esporre tassativamente sui distributori di latte un cartello in caratteri di almeno 4 cm ed in rosso ‘Prodotto da consumarsi dopo bollitura’ marchiando indelebilmente di rosso un prodotto di un bianco immacolato che accorcia drammaticamente una filiera, restituisce una speranza di sopravvivenza per molti allevamenti, contribuisce al riuso dei contenitori e risulta per molti consumatori più digeribile di quello industriale.
Gli effetti? Calo delle vendite del latte crudo attraverso i distributori del 50%. Bere latte crudo non bollito, proveniente da una allevamento sottoposto ai rigidi controlli imposti dalle normative, presenta un rischio alimentare inferiore che ordinare una tartara in un ristorante, o mangiare cozze crude, o un hamburger poco cotto, o sushi che non ha seguito le procedure di abbattimento.
E allora mi domando, perché voler marchiare di rosso il latte crudo e gli altri alimenti no? Si tratta solo di principio di precauzione della salute pubblica? Il rischio alimentare esiste per il latte crudo come per qualsiasi altro alimento anche il più processato e pastorizzato anzi pasteurizzato. Bastava forse migliorare l’informazione al consumatore e suggerire di bollirlo per bambini sotto i 3 anni, donne in gravidanza e anziani immunodepressi, ma evidentemente sarebbe stato troppo poco fornire un’indicazione dettagliata.
Latte crudo materia prima di partenza, da dove parte? Voglio dire, questo latte crudo così tanto processato dall’industria per la gdo e non, da dove viene? La tracciabilità del latte in Italia è obbligatoria solo sul latte fresco e solo per dichiarare se è latte Italiano o meno. Quindi poco meno che inesistente, un 2 di picche che unitamente alle massicce importazioni a prezzi ridicoli dall’estero contribuisce ad un sconvolgimento della filiera lattiera casearia che si ripercuote sui produttori, in termini di retribuzione del prodotto, e sui consumatori in termini di qualità e di certezza di provenienza. Certo e’ stupefacente andare al super e trovare l’Uht a 60 cent! Va bene che è un prodotto civetta e il prezzo attira il consumatore che poi spende comunque. Ma quei 60 cent sono destabilizzanti, lo pagano dai 30 ai 40 cent agli allevatori (a cui costa più di 40 cent produrlo) e come accidenti fanno a venderlo a 60?
Che prospettiva ha il Consumatore di bere latte che sia latte e veramente Italiano o una mozzarella fatta con una cagliata fresca? Sempre minori, non bisogna criminalizzare una categoria per colpa della frode di alcuni o di episodi ma il settore lattiero caseario si presta spesso e volentieri a eventi fraudolenti, e di poche giorni la notizia di mozzarelle che diventano blu all’esposizione all’aria (segnalo a questo proposito un post interessante su Trashfood, blog curato dalla Dottoressa Gianna Ferretti dell’Università Politecnica delle Marche).
Che aspettativa di sopravvivenza hanno gli allevamenti da latte in questa filiera? Basse. Se l’allevatore consegna all’industria, il prezzo pagato è sempre più al ribasso, la possibilità di importare latte estero a prezzi stracciati rende inutile qualsiasi trattativa sul prezzo per un prodotto deperibile che va collocato dal produttore entro le 24 ore.
Gli allevatori, anello terminale di una filiera impietosa, sono schiacciati dai debiti con le banche, dalle quote latte, dai costi di produzione che aumentano, dalle promesse dei politici e, fedeli al sentimento di continuare a far sopravvivere le proprie aziende anche rimettendoci, sono costretti a continuare. 35 anni fa percepivamo il 66,40 % del prezzo al consumo, oggi il 24,89 %. Una filiera difficile da sostenere. Ma il latte, appunto, è sempre e comunque bianco!
(Giuseppe Brandizzi)
Foto: Francesco Arena