Ravioli a vapore e sushi. L’esotico avanza a tavola
Cinesi a Milano, Svizzeri a Teramo, Egiziani a Roma. Aumenta la presenza in Italia degli imprenditori stranieri della ristorazione. Sarà che i soldi mancano da un po’ e i giovani, prevedibilmente grandi consumatori di cibo “straniero”, ne hanno sempre meno dei più grandi ma la fotografia della Fondazione Moressa di Venezia su dati di Infocamere mette a fuoco una tendenza che si consolida ogni giorno di più: l’avanzata dello straniero a tavola (+ 8,2% i ristoranti stranieri in Italia nel primo semestre dell’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).
Italiani in fila per il pollo al curry, per il sushi e il kebab, desiderosi di riprodurre a casa propria le ricette esotiche, vogliosi di sapori globali e di contenere i costi. I numeri parlano chiaro: cinquemila locali etnici a Milano, che pende decisamente per il pollo con le mandorle, Trieste monopolizzata dai Serbi e con il 15,1% di ristoratori stranieri sul totale, più di mille ristoranti stranieri a Treviso dove spopolano gli involtini primavera, mentre a Roma il kebab soddisfa la voglia di esotico e gli Egiziani hanno messo le mani su oltre 4000 locali. Gli Italiani inseguono il modello dei cittadini del Nord-Europa facendosi tentare dagli odori e dai sapori “diversi”. Il 40,2% ha mangiato almeno una volta in un ristorante cinese, il 16,2% in uno giapponese, il 15,1% in uno messicano e il 10,6% in un ristorante indiano.
E con le cifre del successo scatta, puntuale come un orologio svizzero, la controffensiva del cibo tricolore. Il gradimento dell’esotico a tavola alimenta il dibattito sulla qualità del food straniero, barriere tardo-protezionistiche vengono alzate contro il fusion, paladini della “qualità italiana” escono da ogni dove e l’invettiva contro il cibo congelato (come se fosse solo nelle cucine esotiche) riprende vigore. E intanto loro, gli imprenditori del gusto extra-comunitario, spopolano. Come la voglia di odori nuovi e sapori imprevisti. Difficilmente contenibile. Gli chef sono avvertiti.
[Fonte: la Repubblica]
Foto: Francesco Arena