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5 Dicembre 2010 Aggiornato il 28 Marzo 2014 alle ore 00:47

Il calo del desiderio è peggiore del calo dei consumi

In questi giorni che avvicinano al Natale e alla lista dei desideri e dei regali, stride con forza il dato di riassunto del rapporto annuale del Censis
Il calo del desiderio è peggiore del calo dei consumi

domenicale-natale-carrello

In questi giorni che avvicinano al Natale e alla lista dei desideri e dei regali, stride con forza il dato di riassunto del rapporto annuale del Censis sulla situazione dell’Italia. Lo ha evidenziato in maniera puntuale Dino Messina nel suo blog sul Corriere della Sera che ha sottoposto al professore Aurelio Lepre, storico napoletano, la considerazione del Censis sul «desiderio esangue, indebolito dall’appagamento derivante dalla soddisfazione di desideri covati per decenni (dalla casa di proprietà alle vacanze)». Lepre preferisce gli appagati di oggi agli affamati di ieri e ricostruisce una storia dei desideri dal dopoguerra ai giorni nostri stigmatizzando il fallimento del Sessantotto come rivoluzione degli appagati che non avevano da temere per la sopravvivenza. Nasce così la generazione del “vogliamo tutto” che avrà il suo apice nell’edonismo reganiano degli anni ’80 con la maggiore produzione di debito pubblico che la storia millenaria dell’Italia possa mai ricordare. Non era lotta di sopravvivenza, ma di espansione che andava dietro a un modello di consumismo voyeristico di dimensioni imbarazzanti. E’ l’epopea della moda pret à porter perché a quelle masse che bramano di abbracciare l’aquila di Giorgio Armani si può concedere la cintura in finta pelle rossiccia o la magliettina che costa una fucilata ma ti fa entrare nell’empireo modaiolo spendendo poco (sic!). Sono gli anni in cui cresce il desiderio di grandezza e si prepara il terreno ai centri commerciali che come una sventagliata di napalm bruceranno i negozi della tradizione, le botteghe che ancora cercavano di distinguere la loro offerta proponendo il prodotto esclusivo, quello buono. L’appiattimento diventa una curva dei consumi che sale, si impenna, con il massimo fulgore nel carrello di grandissime dimensioni da riempire stracolmo al supermercato dello scintillante centro commerciale.

Barilla-pane

Il desiderio è avere tanto, tantissimo, più di sempre. Ci costruiscono addirittura le autovetture che rendono più facile la spesa settimanale. E meno male che esiste il pane in cassetta in grado di resistere 15 giorni altrimenti come avrebbe fatto il consumatore a transitare da sabato a sabato? Peccato che le autovetture così grosse e affamate quanto i carrelli della spesa si sono rivelate un impiccio. Quasi come l’alcool etilico che conserva il pane del consumatore sabato-sabato.

Immagini che mi sono passate davanti agli occhi dopo aver letto di due appuntamenti fondamentali per l’alimentazione e la gastronomia: quello promosso dal Barilla Center for food & nutrition tenutosi a Milano alla Bocconi e Italianissimi promosso dal Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Giancarlo Galan.

Barilla_Center_Payoff

In una fase di appiattimento del desiderio, certificato dai “consumi obbligati” che il Censis valuta abbiano superato il 30% della spesa familiare complessiva (era il 18,9% negli anni ’70), si cercano nuove strade di consumo. Responsabile, intelligibile, sostenibile. Tutti amici del bello perché buono, insomma. E con un Advisory Board in cui spiccano i nomi di Umberto Veronesi e Mario Monti, come non vuoi credere al nuovo corso della Barilla che con questa “&” a spiga di grano mi sembra quasi la FAO de noantri?

Barilla-vintage

Ero stato a studiarmi negli anni metodologia ed ermeneutica del Mulino Bianco con la Valle Felice  e la variazione del pay off da Cerca la natura a Trova la natura. Un mondo fantastico animato dai Galletti (ma prima avevano i granelli di sale? nelle discussioni pomeridiane) elaborati dal mago inglese dei biscotti George Maxwell per il nuovo marchio di casa Barilla che, secondo una ricerca di mercato, era identificata solo con la pasta. Mulino Bianco è fantastica comunicazione a 360° per proporre lo stile rustico e le cose buone di tanto tempo fa. Siamo nel 1974 e il giallo antico irrompe sui sacchetti (richiudibili) delle golosità. Il ritorno alla natura, la tradizione, le cose buone sono da sempre i valori del brand e considerato che hanno sempre azzeccato tutto, il futuro dell’alimentazione passa da quelle parti. C’è poco da storcere il naso sull’alcool etilico o sulle merendine che la vulgata vorrebbe poco sane per l’alimentazione dei bambini. Anche perché queste ultime verranno annegate in sede confindustriale (anche a Viale dell’Astronomia si fanno economie in tempo di crisi) nella nuova Associazione di categoria che mette insieme pasta (UNIPI) e merendine (AIDI). Al limite lo si leggerà come sano e un po’ meno sano. A distanza di 25 anni da quel sondaggio, comunque le merendine sono diventate più importanti della pasta.

domenicale-italianissimi

E veniamo ad Italianissimi. Ero rimasto un po’ perplesso alla BIT di quest’anno sulla validità delle operazioni gastro-culturali del Ministro Brambilla con quei carrozzoni promozionali in giro per l’Europa a far conoscere quant’è buona la tavola italiana. E qualche dubbio discendeva anche dal bollino Stilnovo dalla Commissione (Brambilla) per la promozione e il sostegno del turismo enogastronomico presieduta da Gualtiero Marchesi e coordinata da Pierluigi Ronchetti  (che cosa stia facendo lo si saprà alla prossima BIT nel 2011). Italianissimi è una campagna di promozione e informazione rivolta ai media americani, ai negozi specializzati degli Stati Uniti e ai turisti americani in Italia. America24.com riporta che per il lancio dell’iniziativa è stata organizzata una cena di degustazione al Ristorante SD 26, di proprietà del padre fondatore della cucina italiana a New York, Tony May, e di sua figlia Marisa May. Alla cena hanno partecipato, oltre a media italiani e americani, anche le istituzioni italiane a New York, rappresentate dal Console italiano, Francesco Maria Talò, e i soggetti coinvolti nell’iniziativa. Non proprio soddisfatto dal laconico comunicato istituzionale del Ministero sono andato alla ricerca del sito e del logo dell’iniziativa (mica saranno basilico, mozzarella e pomodoro senza nemmeno una scritta?) ma ho trovato un sito dedicato all’insegnamento dell’italiano agli stranieri e una specie di “L” a quadretti molto minimal con i marchi Dop e Igp (insomma chi difende chi?).

Niente visual, niente slogan, niente foto. Niente da ricordare. Niente da desiderare, appunto. Che abbia ragione il Censis?

Immagini: Barilla, Italiaatavola, Sony

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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Scatti di Gusto di Vincenzo Pagano
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