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25 Marzo 2011 Aggiornato il 8 Agosto 2011 alle ore 07:57

Quasi Rete. ‘Une visite’, da lettrice a foodblogger come Truffaut

Adesso che la ragazza si è messa abbastanza a 'lavorare', è arrivato secondo me il momento di segnalarla alla gente di Scatti. Vedi mai, la cosa dovesse
Quasi Rete. ‘Une visite’, da lettrice a foodblogger come Truffaut

Adesso che la ragazza si è messa abbastanza a ‘lavorare’, è arrivato secondo me il momento di segnalarla alla gente di Scatti. Vedi mai, la cosa dovesse contribuire a rinfocolare la passione e alzare ancora un pochino i ritmi di produzione.

Perché con una recensione single a gennaio e una altrettanto solinga a febbraio, la nostra amica di Une visite aveva, diciamocelo, seriamente battuto la fiacca. Ora, con quattro locali visitati e raccontati a marzo, una divertente incursione in un fast food piemontese, la ‘pettinata’ abbastanza puntuta al servizio dei ristoranti (nel nostro caso quello dedicato ai piaceri della ciccia) del monumento farinettiano Eataly in versione originale turinòt, e l’escursione fuoriporta al Baron Rouge, bar à vin in rue Roussel, Paris, assolutamente estraneo alle rotte più modaiole e tendenziose della simpatica cittadina dove abita il generalissimo Sarkozy, direi che la nostra amica si è rimessa in pari.

La ‘visiteuse’, se il neologismo è consentito, scrive in modo garbatamente autobiografico; gli ‘stream of consciousness’, laddove presenti, sono di tono assolutamente non apocalittico, e in generale descrizioni e valutazioni sono improntate a quell’equilibrio quotidiano che da un po’ – confesso – vado cercando nella pubblicistica sterminata che il web mette insieme, rivoltola, sparpaglia, rimescola e rigetta in gioco sulle cose di gola. Ma (confessione doverosa) a innamorarmi e intrappolarmi nella mission di segnalarvelo è stata proprio la dedica del blog.

‘Une visite’ è il titolo di un corto in bianco & nero da un François Truffaut alle prime mosse. Il bello è però che per girare la storiellina garbata e insieme lancinante dell’incontro tra un ragazzo imbranato e una ragazza dalla risata argentina, complice la ricerca di una stanza e, appunto, la relativa ‘visite’, si sono messi insieme i più bei capoccioni di cinema di quel periodo e mondo: il montaggio l’ha fatto Alain Resnais, la fotografia Jacques Rivette, e un po’ tutto l’ambaradam è il frutto di un amicale lavoro collettivo del team dei Cahiers du cinéma. Solo il produttore (o editore nostro, ti fischiano forse le orecchie?) viene scelto tra gli amici d’infanzia di Truffaut perché è l’unico che ha i soldi per comprare la pellicola.

A me, la modesta immodestia della ‘visiteuse’ nel richiamarsi insieme a un ‘piccolo’ film, ma foriero di un grande filone e praticamente farcito di incombenti geni al lavoro, è sconfinferato. E mi è sconfinferato anche l’’about’ con cui madame si presenta: ‘Une visite’ vuole essere una ‘visita di gusto’ a quelli che sono i protagonisti del settore enogastronomico italiano e non. Dopo anni trascorsi da semplice lettrice, finalmente dietro la ‘macchina da presa’…

Che dite, vale la visita?

Foto: ezechiele.ilcannocchiale.it

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