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Vino
19 Luglio 2011 Aggiornato il 6 Aprile 2019 alle ore 20:22

Dante Scaglione torna a casa Giacosa. E a La Bruciata accade che…

Diciamo la verità: tra quelli che amano davvero il Nebbiolo e i suoi figli nobili, Barbaresco e Barolo, sono stati in pochi a non gioire. Il ritorno di
Dante Scaglione torna a casa Giacosa. E a La Bruciata accade che…

Diciamo la verità: tra quelli che amano davvero il Nebbiolo e i suoi figli nobili, Barbaresco e Barolo, sono stati in pochi a non gioire. Il ritorno di Dante Scaglione – dopo 17 anni di amore e collaborazione e tre di separazione amarognola – nel ruolo di enologo in quella specie di santuario che è casa Giacosa è stata accolta come una specie di sigillo di garanzia: promessa di non devianza, presente e futura, dei vini che portano l’etichetta del “maestro silenzioso”, com’è stato definito Bruno Giacosa, da una certa cifra di stile, da un certo modo di essere straordinariamente se stessi e straordinari testimoni della loro terra (e dell’uva che ne è regina).

E, attenzione: non che ci fosse stata, in questo caso una levata di scudi contro il temporaneo successore di Scaglione, l’ex di Batasiolo Giorgio Lavagna: semplicemente, lo si riteneva un’altra cosa. Una diversità – in questo specifico caso – destinata prima o poi a collidere con una rotta che molti dei più accaniti e viscerali innamorati dell’imprinting profondo di alcuni tra i più profondi vini di Langa ritenevano, e ritengono, un tesoro irrinunciabile.

Ora che Dante “is back again”, però, ci ha divertito l’idea di andare a vedere (e provare) quello che stava facendo nel frattempo. E che, senza deflettere, anche dopo il riapprodo giacosiano continuerà a fare. Siamo andati, cioè, ad assaggiare i vini targati La Bruciata: la piccola azienda di Oscar Bosio, vigne e cantina in quel di Santo Stefano Belbo, località Valdivilla, in un terroir che è a bagno tra due mari: quello dei vitigni paralangaroli a bacca rossa (con sorpresa: e ne parleremo più avanti) e quello, incredibilmente importante (è un re dell’export italiano vinicolo, per dirne solo una) del Moscato.

In casa Bosio-Bruciata, non c’è dubbio, è il Moscato il principino di casa. Un principino alloggiato in alto, oltre 400 metri di altezza, e in terreni e posizioni di privilegio. Ed è interpretato, grazie alla complicità tra il récoltant Bosio e il suo vin-inteprete ( bastalà co ‘sto wine maker, okkei?) Scaglione, con arpeggi raffinati su tutta la gamma. E’ così che, personalmente, apprezzato e riapprezzato in più occasioni lo straclassico Moscato Docg, dolceamaro al punto giusto, lieve, profumato, fine, mi sono poi praticamente fidanzato con l’Aivè: cioè la versione secca-ferma (zero zuccheri residui, zero carbonica) del medesimo vino dal medesimo vitigno, che davvero ti prende a tutto giro. Per il naso, con i profumi freschi, floreali, tipicissimi; e per la gola, visto che la sua freschezza intelligente e insieme spontanea fa sì che il Secchio (onorificenza di Scatti tra le più popolari) sia persino scarso per le di lui possibilità di beva, e i 2,5 scatti siano un traguardo colto in scioltezza.

Quanto all’Arneis (ricordate? è di casa anche nella gamma storica giacosiana) ha le stesse caratteristiche filosofiche di polita levità, ma si ferma forse (qui gioca la viscerale attrazione per il piccolo anello aromatico amarognolo del Moscato secco e la sua evocazione di abbinamenti possibili alla francese, con alcuni crudi di mare e piccoli, squisiti molluschi “vivi”) un filo sotto.

La sorpresona (si fa per dire) però è un… non Nebbiolo. Ovvero, il Dolcetto 2010 di casa Bosio/Bruciata. Un d’Alba vero e ancestrale nella proposizione (12,5 umanissimi gradi, nettezza nella tradizionale morbidezza, temperata da un filo di “fustagno” contadino alla beva; e corpo adeguato, armonioso, non fasciato di muscoli d’acquisizione per diventare un Dolcetto mazinga da combattimento), ma modernissimo, per tutto ciò che s’è appena detto, nell’esito. Di piena attualità. Anche e più che mai nei prezzi, davvero miti. Ma soprattutto nella felice bevibilità (arci Secchio anche qui) intrecciata a una “dolcettosa”, esemplare proprietà tipologica. Buono da merenda, a pranzo, a cena e “famose ‘na boccia giusta”, il Bruciata made by Bosio-Scaglione becca 3 scatti. E amen. Bentornato, Dante. E, qui, ben rimasto…

Foto: Tom Hyland – thylandviews.blogspot.com, La Bruciata Facebook

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