Sagre | I 10 motivi per evitarle a vita
Premessa. Le sagre mi terrorizzano. Non sono il primo e non sarò l’ultimo a provare ad elencare i motivi del dissenso.
1) Di norma le location sono scelte con cura per chiudere un tratto di strada statale, provinciale, comunale, interpoderale in modo che il traffico si blocchi del tutto in un raggio di almeno 5 km e segnali la zona interessata all’evento. I locali vigili urbani saranno chiamati ad adempiere il loro lavoro con strenua fatica mentre masse di conducenti inferociti faranno manovra per prendere quella vecchia strada che nessuno percorre più da almeno 5 anni “ma almeno non faccio la fila” (la famosa strada è chiusa proprio da quel periodo causa frana o altro accidenti non segnalato tanto nessuno la percorre da almeno 5 anni)
2) Per fare tipico occorre una frazione poco conosciuta, numero 5 case in pietra (meglio se qualcuna è diruta) e ovviamente l’assenza totale di indicazioni e chilometraggi.
3) Le sagre al top sono collocate in località free-phone: non si prende la linea nemmeno per una telefonata gracchiante, figurarsi utilizzare google maps. Inutile anche il GPS: galleria o bosco fittissimo sono lì ad aspettare.
4) Il parcheggio per le auto dei volenterosi scopritori di bellezze nascoste è più nascosto delle bellezze stesse. Le regole del parcheggio sono 2: se la strada da percorrere è in salita, il parcheggio è in cima alla salita (gli organizzatori hanno pensato alla vostra salute e il vostro stomaco ripieno ulula di piacere mentre la luna romantica illumina il percorso); se il paese è in pianura la sagra è al polo opposto e il vicolo più largo da percorrere è sufficiente per ospitare 3 persone a senso unico (per cui a fine serata avrete imparato il movimento ninja sulle pareti).
5) Il momento è arrivato. Avete raggiunto la cassa. La fila è di quelle old fashion quando non esisteva l’accredito di conto corrente e l’ufficio postale era invaso dai pensionati che riscuotevano. Riesci a capire il paradosso di Zenone secondo cui Achille non riesce a raggiungere la tartaruga. Tu non sei Achille ma la cassa è una tartaruga.
6) La fila al baracchino della specialità agognata è più incasinata e lunga di quella della cassa. Ma è logico. Una persona può comprare 20 talloncini, bottoncini, ghinee, perline e affini con una banconota e aspettare il resto. Ma se deve portare 4 piatti e non fa l’uomo di sala per professione o il giocoliere ha bisogno di una mano di un commensale che non sia deputato a mantenere il posto a sedere. La fila diventa tentacolare con gli aiuto-portantini.
7) Il set del perfetto frequentatore di sagre è costituito da n. 1 pacchetto contenente forchetta, cucchiaio, coltello e tovagliolino di carta nelle misure super-small e Super califragili stiche spiralidoso. Le rotture sono seguite da imprecazioni sotto lo sguardo benevolo del santo patrono di turno. Il piatto è rigorosamente di plastica ad impatto ecologico massimo ma di sfoglia sottilissima che serve a risparmiare sui costi. Il pacco conterrà 1500 piatti in luogo dei 100, se sarà fondo trasmetterà il calore al palmo della mano nello stesso momento in cui il “sagratore” o la “sagratrice” ve lo passerà. Se è piano si piegherà per cercare di far scivolare a terra la metà del contenuto ma solo a fini dietetici. Il Santo Patrono vorrebbe scendere dalla pala e stare in pace tra gli ulivi.
8) Solo posti in piedi. È il bello della sagra che ti fa fare movimento. Ovvio che ci sono dei tavoli, degli appoggi, delle scale del sagrato. Ma sono occupati in ordine: dalle signore e dalle nonnine del paese che fanno tipico mentre parlano in dialetto con le signore e le nonnine turiste-residenti-da-almeno-20-anni che loro i fusilli li fanno come si facevano una volta; dai mariti, fratelli, cugini che sono tenuti a portare il vettovagliamento sicuri che il loro posto sarà presieduto dalla nonnina che con fare perentorio sorriderà un occupato che vuol dire “la prossima volta arrivi alle 15, parcheggi davanti e ti siedi dove cacchio vuoi”.
9) L’assaggio collettivo. O troppo poco o troppo assai. Chi riesce a regolarsi sulle quantità da acquistare alla cassa? E a non sbagliare tra talloncini, rievocazioni di sesterzi, dolci che è un’altra fila, nomi errati e calca? Penso nessuno. Per cui se siete in 2 avrete 3 primi abbondanti, se siete in 5 avrete 3 primi. Tocca condividere e le regole sono 2. Se avete piatti in più, la portata è la peggiore. Se avete piatti in meno, era la portata per cui valeva fare la fila (ed è inutile riprovarci tanto è finita).
10) Saluti e ringraziamenti. Il vicino di tavolata che ha spostato uno dei 19 segnaposti impietosito dalla vostra creatività nell’agguantare un qualchecosa che andrebbe tagliato e viene smozzicato. Se siete habitué del posto, 15 minuti a discettare con la signora che ha preparato una pietanza che voi ricordate sapeva fare benissimo ma in questa calca di plastica ha assunto i sapori di una saponetta. Cadete tramortiti al quinto annuncio del bravo presentatore che dal palco ringrazia per la millesima volta il presidente dell’associazione senza scopi di lucro che in realtà ha commesso una truffa e perpetrato una rapina a mano armata senza nemmeno dover ricorrere al passamontagna grazie all’occhio benevolo dell’amministrazione locale, sindaco in primis. Ma come, un primo a soli 3 euro sono una cifra bassissima, direte voi. Eppure non valgono il piatto e bisogna aggiungere il costo della specialità galenica che ti riconcilierà con le bellezze nascoste. E meno male che la strada per arrivare al parcheggio è solo in leggera salita…
Per fortuna che esistono le eccezioni. Ho girato un po’ di sagre in Cilento per fare il punto della situazione dopo qualche anno di totale astinenza. Il rapporto sarebbe abbastanza sconfortante, ma tre sagre tra quelle visitate hanno qualcosa da dire.
Mentre coloro che frequentano il Cilento si chiederanno quali sono, avrò dimenticato qualcosa nell’elenco di ciò che può accadere a un frequentatore di sagre?
1. continua
[Immagine apertura: Occhio di Salerno]