Assaggi di vino. Cannonau, tipicamente moderno?
Partiamo da quanto ha scritto un nostro amico che fa vini da sballo in Sardegna, Alessandro Dettori che così scriveva qualche tempo fa su un pezzo della nostra Black Mamba.
“Prendo spunto per fare delle precisazioni importanti. Faccio quello che prescrive la tradizione per il rispetto del terroir e rifuggo assolutamente, anzi non amo affatto, il METODO come fine. Il fare vino psicologico-filosofico. Il mio Vermentino è il classico Vermentino sardo. Idem i miei Cannonau. Se lei venisse in Sardegna ed andasse a far visita i piccolissimi produttori tradizionali (quelli che ancora vendono il vino sfuso) constaterebbe l’uguaglianza con i miei vini. Se degustando i miei vini, non ha riconosciuto il vitigno, la zona di produzione è perchè lei non conosce i vini sardi”.
Insomma il territorio e le tradizioni sarebbero concetti sovrapponibili e non potrebbe esistere un vino territoriale che non sia prodotto secondo i dettami ortodossi della tradizione. Ma siamo sicuri? Non sappiamo, ma quello che io e Paolo ben sappiamo è che non ci piace ragionare a secco. Quindi ci siamo attrezzati e seguendo i consigli di Antonio, il nostro uomo a Nuoro, abbiamo messo nei bicchieri 5 Cannonau sparsi e abbiamo cominciato a ragionare.
Il territorio deve essere un canone di interpretazione del vino, cosa significa? Partiamo dalla definizione francese di terroir, il rapporto tra pedoclima, vitigno, terreno e mano dell’uomo. Su questo credo possiamo essere tutti d’accordo. Quello che è interessante capire è se sia un rapporto fisso e canonico oppure (come ogni cosa) dinamico e spaziale. Insomma si possono fare vini territoriali al di fuori delle ricette della nonna? Secondo Alessandro sembrerebbe di no perché il rispetto degli usi e delle tradizioni è imprescindibile. Secondo BM, invece, sembrerebbe di si.
La modernità quindi potrebbe essere fondamentale in una defizinione della tipicità. Uno strumento che asseconda ed esalta le caratteristiche dell’uva e del territorio, evidenziandone tutti i profumi e sentori originari, a patto che ci siano. La tecnica per sua natura è neutra, o almeno dovrebbe, mentre l’uso che ne fa l’uomo certamente non lo è: non pensate che alcune tecniche tradizionali di ossidazione e macerazione eccessive segnino i vini quanto lieviti selezionati, starter e altre diavolerie?
Tutto scorre e passa, come il tempo. Il contemporaneo ci consentirebbe finalmente di interpretare la tradizione alla luce della modernità. Il superamento del ‘900, forse, consiste anche in questo, non più un manicheismo tra conservazione ed innovazione, ma finalmente in una sintesi coinvolgente e proficua. In questa ottica etilica, le posizioni di Cristiana e Alessando diventano improvvisamente simili: la ricerca della strada migliore per produrre vini sempre più riconoscibili e territoriali, nel rispetto dei “climat” originari. Ora chi glielo dice a Black Mamba?
Mi sa che stiamo complicando eccessivamente, assaggiamo i cinque Cannonau.
Cantina di Oliena Corrasi Riserva 2007, naso molto mediterraneo e dolce, il frutto è nitido e in bocca composto e ricco, buona freschezza, il corpo non è enorme per un Cannonau ma fitto, un poco tirato enologicamente. 2 scatti
Cantina Vinza e Vera Ospitone 2010, naso ridotto e rustico, una nota di prato e erbe medicinali, in bocca disteso e particolarmente beverino, la trama tannica è precisa e viva. Un vino da bicchiere. 3 scatti
Osposidda 2010, naso leggermente laccato e (legnoso ?), in bocca la trama tannica è aspra, su una struttura importante e monocorde. 1 scatto
Cantina Oliena, Nepente di Oliena 2009, profumi molto nitidi e fruttati intensi, in bocca fresco e succoso, estremamente composto e ben fatto. Un vino moderno, ma molto preciso e piacevole. 3 scatti
Dettori Tenores 2005, naso non precisissimo, ma integro. In bocca è incredibile, pieno e senza cedimenti. Riesce anche ad essere dinamico. Muta continuamente al palato, fra erbe medicinali, sangue, terra e freschezza. Un sogno mediterraneo. Non lo punteggiamo perché è evidentemente fatto in platino-iridio, come il metro campione di Parigi, che senso avrebbe misurarlo?
Alcune considerazioni si impongono e ci piace sottolineare la grande riconoscibilità dei caratteri del vitigno nei cinque campioni che abbiamo assaggiato. Alcuni, come è normale, ci sono piaciuti di più ma tutti hanno espresso una nota comune molto ben definita. Sulla riconoscibilità delle diverse zone d’origine per il momento non azzardiamo conclusioni che sarebbero affrettate, possiamo solo ricordare che si tratta di un processo lungo decenni e brindiamo quindi al suo inizio.
(Alessandro Bocchetti e Paolo Trimani)
[Foto: 100vino.it]