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1 Dicembre 2011 Aggiornato il 4 Dicembre 2011 alle ore 17:59

Milano. Venite a vedere come Coin vi fa mangiare da Eat’s al cinema Excelsior

Eat’s a Milano è caffè, bistrot, store, enoteca. È stato aperto all'interno del vecchio cinema Excelsior ed ecco cosa offre come shopping e come ristorante
Milano. Venite a vedere come Coin vi fa mangiare da Eat’s al cinema Excelsior

Milano: nuovi locali di ogni genere sorgono ovunque, dai ristoranti alle enoteche, e di ogni tipo, dalle boutique con griglia alle librerie con girarrosto, dalle bottiglierie con tappezziere a… a Excelsior Milano, uno store multipiano dedicato al lusso, nato sulle ceneri del vecchio cinema Excelsior. Oggigiorno anche food e wine si sono ritagliati a buon diritto uno spazio fra gli scaffali del lusso, ed ecco che anche Excelsior Milano, oltre a profumi e boutique, dedica ampio spazio all’enogastronomia: Eat’s – caffè, bistrot, store, enoteca.

Al pianterreno, il caffè, uno spazio per Ladurée che si affianca al negozio di Victor Hugo per proporre i suoi macaron (deliziosi dolcetti nell’originale, oggigiorno ahimè infestanti nelle varianti imbastardite milanesi anche le panetterie sotto casa, dove contendono spazio al pan de mej), e un altro spazio per i cioccolati di De Bondt.

Con ordine: il caffè Eat’s Milano. Il caffè è buono, molto buono (ehm… anche le brioche e il cappuccino…). Da notare, con piacere, che tutte le tazzine vengono servite con i cucchiaini allineati perpendicolarmente e a destra (chissà se li mettono velocemente a sinistra se si accorgono di un cliente mancino…): un barista “anziano” istruiva un giovincello in merito, con un delizioso accento veneto (già, Eat’s Milano è la filiazione dell’omonimo store di Conegliano, facente capo al gruppo Coin). Il servizio è un po’ lento e distratto, se succede che i vari addetti stiano facendo altro puoi aspettare un po’ troppo alla cassa (e mi è successo ahimé un paio di volte), o che ci voglia un po’ prima che ti chiedano cosa desideri o che ti servano il tuo caffè; capita anche che magari parlino scherzino ridano tra loro su un tono leggermente più alto, che rasenta il fastidio, ma che tutto sommato fa abbastanza allegria.

Lo Store: bello, molto bello, come peraltro tutto il complesso, ridisegnato da Jean Nouvel (leggo in giro che è il primo suo intervento architettonico su Milano). Alternativo a Eataly, nel piano interrato di Coin in Cinque Giornate, che privilegia il circuito Slow Food, e anche alla vicina Rinascente, con il suo settimo piano: in più rispetto a entrambi, il fresco: banchi del pesce, di ortofrutta, pane, formaggi, carni, salumeria, piatti pronti, e qualche sedia per mangiare selezioni di prodotti caseari e insaccati.

Per il resto, barattoli scatole sacchettini pacchetti di ogni possibile leccornia, di ottimi produttori – dalle uova di Parisi, per dire, all’ottima pasta Gentile di Gragnano, ai cioccolati di De Bondt, i classici Domori e Gobino, i panettoni di Loison, e poi dei meravigliosi torchon di foie gras d’oca e d’anatra, culatelli, paste fresche…  Giovani commessi e commesse carini eleganti gentili, diversi articoli originali (fra cui i fiori per uso alimentare, di origine olandese o italiana: un trend recente, qualche petalo di fiore, un germoglio stanno diventando nel nuovo millennio il corrispettivo della rucola di qualche decennio fa, che da ingrediente quasi sconosciuto è diventato un must dagli antipasti al dolce). Qualche pecca, come il “gateou” di patate al banco salumeria, o il cartellino indicante la n’duja di “Spiliga” (Spilinga, come recita l’etichetta del barattolo dietro…).

Eat’s Bistrot: bello molto bello – sì, la bellezza è un tratto diffuso, direi. Il cuoco è giovane ma ha già accumulato esperienze diverse: allievo di Gualtiero Marchesi, di Alain Ducasse e di Matteo Torretta, Matteo Gelmini propone a mezzogiorno un menu (indicato da 30 minuti, immagino durata ottimale del pranzo…) con diversi spunti interessanti, che mi sa che dovrò approfondire. Tratto caratteristico, l’utilizzo dei prodotti dello store sottostante, oggetto anche di un menu dedicato. Sabato, ho scelto appunto questo menu, e ho mangiato Passata di pomodoro eat’s tiepida con trasparenza di melone invernale cetriolo e capesante arrostite, con una birra Ma Mere Speciale della belga De Leite (che eveniva proposta in degustazione al piano di sotto). La birra – leggermente amara – ci sta molto bene; la passata di pomodoro è buona, come le capesante, che si presentano in equilibrio su due grissini artigianali (alle olive?), con un bell’effetto scenico (ma quel po’ di liquido che imbibe il grissino non mi piace molto, ho qualche difficoltà con le cose imbevute mollicce)  sottolineato dal mucchietto di melone cetriolo in bilico sulle capesante in bilico, ingentilito (ah, ecco) da qualche petalo floreale (un paio di tagete…)…

Anche l’effetto gustativo è molto buono: sapori giusti e definiti per il pomodoro (un po’ dolce, forse, dolcezza peraltro corretta dalla birra), per le capesante; molto buono anche se forse avrei preferito un pomodoro un po’ meno passato e un po’ più di grana grossa; e anche se mi resta un po’ oscura la funzione di cetriolo melone: non davano particolare gusto o mordente al piatto, forse per il loro essere poco più che un pizzico: si perdevano un po’.

Il tutto, a soli 18 € – più 4,50 € per la bottiglia d’acqua, da tre quarti di litro – la dannazione di andare in giro da soli, mi son dovuto scolare tutta l’acqua, anche perché era in bottiglia di vetro, che non avevo voglia di spupazzarmi in giro.

Buono anche il tiramisù – non potevo non prendere un dolce, no? – giusta la proporzione fra mascarpone e biscotto, biscotto bagnato quel giusto, crema di estrema delicatezza, ma con tutte le sue uova – ho potuto apprezzare anche la preparazione, visto che ero seduto di fronte alle grandi vetrate della cucina dei dolci (ma sì, idea magari non originale ma piacevole: vedere il cuoco al lavoro… la prossima volta se sono da solo cerco di sedermi davanti all’altra parte della cucina, che è divisa in due: una parte dedicata ai dolci, appunto, l’altra al resto). Diciamo che la preparazione è consistita nell’estrarre il dolce dal frigorifero, dov’era già pronto in una bella tazzina da cappuccino ripiena di tiramisù – ma intanto ho potuto vedere il giovane cuoco dedicarsi alle altre preparazioni: attento, preciso, pulito, mi è piaciuto molto.

Non è che i dolci proposti fossero molti, o molto impegnativi; frutta, ben presentata, pulita, affettata, il tiramisù appunto, e una piccola sacher con panna. forse qualcosa di più invitante, o originale, non ci sarebbe stato male. Non so bene quanto il menu serale offra in più rispetto a questo diurno: sarò costretto a ritornare nottetempo…

Ah – si è capito che il “soli” riferito al prezzo voleva tradire un leggero disappunto? Mi sembra un po’ caro – non faccio quasi mai in realtà confronti paragoni statistiche di questo tipo, ma un po’ di passata di pomodoro in barattolo con due capesante e due grissini a 18 € mi sembrano un po’ troppo… Magari è colpa della birra… Il dolce invece non ricordo più se 8 o 10 €.

(Emanuele Bonati) 

 

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