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25 Aprile 2012 Aggiornato il 6 Agosto 2017 alle ore 17:43

Premiate Trattorie Italiane. A Eataly Bologna debutta il territorio

Premiate Trattorie Italiane sono un gruppo di trattorie con una filosofia comune: salvaguardare territorio e tradizioni. Con creatività
Premiate Trattorie Italiane. A Eataly Bologna debutta il territorio

L’acronimo potrebbe essere PTI e il ricordo va a quella ormai quasi dimenticata (e ahimé) Premiata Forneria Marconi. Qui però non si parla di gruppi musicali ma di cucina o meglio di cucine.

Le Premiate Trattorie Italiane sono un gruppo di trattorie legate da una filosofia comune: salvaguardia del territorio e delle tradizioni culinarie che li hanno caratterizzate e che, tutt’oggi, continuano a marcarle. I cinque trattori, Franco Malinverno (Caffè la Crepa), Alberto Bettini (Amerigo 1934), Avgustin Devetak (Locanda Devetak) Moreno Balzoni (Locanda al Gambero Rosso) e Sergio Circella (La Brinca), si sono conosciuti grazie ai numerosi riconoscimenti che le loro trattorie hanno conquistato negli anni. Premiate, appunto. Non solo dalle diverse guide, ma anche dai loro clienti.

Una cucina tradizionale accomuna il gruppo dei cinque. Tradizionale sì, ma proiettata nel futuro. Una cucina che oltre a valorizzare le materie di prima scelta, combina la creatività dello chef con una forte identità gastronomica locale. E’ questo l’obiettivo che le premiate si sono fissate ed è questo che nel corso della loro esistenza hanno ottenuto.

Le PTI, che vivono di sporadici incontri dal 2007, si sono presentate al pubblico il mese scorso. Il loro debutto è stato a Eataly di Bologna. Una cena degustazione con i piatti di ognuna delle trattorie ha segnato la nascita del gruppo.

Dopo un’entrée comune a base di barchette con confettura di cetrioli, timo, ricotta e caciotta (locanda Devetak), tortello alla lastra con patate, noce moscata e pancetta (Locanda al Gambero Rosso), frittata con erbe di campo (Caffè la Crepa) e torta di riso (La Brinca), ecco il menu.

Crostini di fegatini di pollo.
Locanda al Gambero Rosso.
Pignoletto PerMartina – Vallona.

Tortelli amari all’erba San Pietro. Caffè La Crepa.
Pievecroce Lugana Doc – Costaripa.

Risotto ai quattro formaggi del Carlo. Locanda Devetak.
Malvasia Doc – Ronco dei Tassi.

Coniglio ripieno alle erbe. La Brinca.
Granaccia Igt Colli Savonesi – Durin.

Mascarpone di bianca modenese con crema dolce d’uovo di ginetto. Amerigo 1934.
Arrocco – Zerbina.

Prezzo più che onesto: 48 euro, vino compreso.

Noi c’eravamo e, essendo arrivati con un po’ d’anticipo, abbiamo avuto modo di scambiare due chiacchiere con i trattori delle PTI. I soci fondatori sono cinque. Il loro primo incontro è avvenuto a Roma in seguito a una premiazione del Gambero. E, come sempre accade nelle migliori storie d’amore, il feeling è stato pressoché immediato. Un colpo di fulmine, insomma che ha portato le PTI a volersi incontrare nuovamente e a partorire il progetto. Ci si è riconosciuti perché tutti loro, mi spiegano Franco e Alberto, perseguivano un medesimo stile. In comune, oltre alla gestione familiare e alla loro partenza come osterie, la stessa fascia di prezzo, la stessa accuratezza nella scelta delle materie prime, sempre a Km zero e lo stesso approccio nel rapporto tradizione/attualità. Eh sì, perché pur mantenendo un saper fare intergenerazionale, la loro cucina non si è cristallizzata su una nostalgica “cucina della nonna”, intollerante verso qualunque tipo di contaminazione. L’idea del sifone, per intenderci, non farebbe venire la pelle d’oca a questi maestri della ristorazione italiana.

Le PTI sono aperte e convinte di quanto la tecnologia possa aiutare la ristorazione. Il loro non è un attaccamento asettico e morboso al territorio, ma una reinterpretazione della propria terra in maniera intelligente e proficua. Con l’idea di applicare la tecnologia di oggi alla cucina di una volta in un non ossimorico connubio tra passato, presente e futuro. La partenza come osteria è comune a molte trattorie del gruppo e si riflette bene anche nella fornitissima carta dei vini che queste propongono. Scelte accurate e, spesso, anche estreme, come quella fatta da la Crepa che ha voluto solo vini biodinamici dei più ricercati produttori locali, europei e mondiali. O come la locanda Devetak nella cui cantina sono presenti circa 14.000 etichette. L’eredità dell’osteria è anche visibile nella semplicità e nel sapore che le loro cucine offrono.

E, in un momento in cui la crisi pare investire anche l’arroccata Italia gastronomica, l’intenzione delle PTI è quella di fare cucina italiana. Una cucina italiana che valorizzi i piccolissimi territori, che punti anche su prodotti poveri, ma con un alto significato secondo un’inversione di tendenza: non prodotto di qualità, ribadisce Sergio, ma qualità del prodotto e del territorio. Un’Italia culinaria dei campanili, quella che le PTI vogliono promuovere. Un racconto corale, il loro, a più voci in cui ognuna racconta il proprio territorio e la propria storia, sotto il vessillo della cucina italiana. Uno stile di cucina condiviso, dunque, attraverso l’incontro tra tradizioni locali. E, quale migliore esempio di Pellegrino Artusi e della sua Scienza in cucina? Il ricettario artusiano è, infatti, ancora oggi, il ricettario nazionale per eccellenza. Un ricettario che include la diversità come dato ineliminabile dell’identità nazionale. Una condivisione di risorse e di saperi nel segno delle differenze.

Il programma delle PTI, e questo la dice lunga su quanto i loro progetti siano avanguardistici, s’inserisce in un’atmosfera che potremmo definire di postmodernità alimentare che inneggia al recupero della tradizione senza disdegnare i massimi sistemi di modernità raggiunti. E se nella moda è tornato il vintage, nella cucina è arrivato il momento che si realizzi la fusion tra il cibo decostruito e la cara buona vecchia cucina della nonna. Ovviamente il tutto senza trascurare la stagionalità delle materie prime e la loro provenienza.

Beh, direi che il logo delle PTI sia esplicito a riguardo: un campanile che rimanda a un orizzonte italiano glocale, una sorta di rete unisce sotto l’etichetta dello stato una miriade di realtà regionali, cittadine, territoriali.

E, data l’assonanza degli acronimi, quale chiusura più appropriata della PFM e di un consiglio spassionato: provare la cucina delle PTI! Noi alla Crepa ci siamo già stati e ve l’abbiamo raccomandata. Ce ne rimangono altre quattro!

Caffè La Crepa. Piazza Matteotti, 13. Isola Dovarese (CR). Tel  +39 0375-396161

Amerigo 1934. Via Marconi 14-16. Savigno (Bo) Italia
Tel. + 39 0516708326

Trattoria La Brinca. Via Campo di Ne, 58. Ne in Valgraveglia (Ge). Tel  +39 0185 337480

Locanda al Gambero Rosso. Via Giuseppe Verdi, 5. Bagno di Romagna, località San Piero in Bagno. Tel  +39 0543 903405

Gostilna Devetak. Località San Michele del Carso. Savogna D’Isonzo (Go). Tel. +39 0481 882488

[Cristina Rombolà. Foto: Il Gustofilo]

 

 

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