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Birra
28 Aprile 2012 Aggiornato il 6 Aprile 2019 alle ore 20:58

Rodenbach Vintage 2009 in attesa dell’Italia Beer Festival 2012 a Roma

Volevo parlare della brutta esperienza provata con la Menabrea Top Restaurant 7.5… Forse un altro giorno, meglio parlare di una birra particolare. Lo
Rodenbach Vintage 2009 in attesa dell’Italia Beer Festival 2012 a Roma

Volevo parlare della brutta esperienza provata con la Menabrea Top Restaurant 7.5… Forse un altro giorno, meglio parlare di una birra particolare.

Lo ammetto, le birre acide in generale non sono la mia passione, anche se riconosco loro una evidente finezza produttiva. Nonostante ciò; mi sono preso i miei rischi e ho ceduto alla tentazione di assaggiarla. Parlo della Rodenbach Vintage 2009.

Nel 2009 Rodenbach Brouwerij, quindi Palm, nella figura del mastro birraio Rudi Ghequire e del suo staff, aveva rilasciato la Vintage 2007, frutto dell’imbottigliamento  del suo prodotto di punta invecchiato 2 anni in una sola botte di rovere nella imponente cantina della brouwerij (sono 294, alcune delle quali hanno 150 anni di onorato servizio) creando così un prodotto unico di 7° alcolici e in serie limitata. Nel 2007 toccò l’onore alla botte 230 che dette 40.000 bottiglie, delle quali 30.000 destinate al mercato USA, estimatore di questo genere tant’è che vinse la medaglia d’ argento al World Beer Cup 2010 nella sezione Wood- and Barrel-Aged Sour Beer.

Nel 2009 la fortuna ha puntato il suo dito su quella numero 145 che ha consegnato al mondo lo scorso Settembre 37.000 bottiglie delle quali stavolta solo 9.000 andranno sugli scaffali americani.

Si presenta in bicchiere rosso rame con schiuma bianca importante mediamente persistente.

Al naso non lascia dubbi, la spuntatura acida si fa subito sentire, mela verde aspra, seguito da un bouquet dolce, caramello, miele ma anche fragolina di bosco, oltre al miele e alla quercia.

Al palato tutto quello che il naso ci comunicava è confermato, apre asprigna di mela per evolversi in qualcosa che anche chi non ha mai assaggiato una sour riconosce, un dolce che ricorda vini come il fragolino o il brachetto, ancora caramello e miele, sul finale arriva il caldo della quercia.
Il retrogusto comunque rimane fruttato asprigno, ma asciutto e pulito.

La Vintage si rivela comunque più beverina del temuto, denotando un corpo leggero e abbastanza morbido.
Non è decisamente una birra per tutti, ma neanche per molti, è una birra per quelli che sanno apprezzare la tipologia (e qui mi chiamo fuori), ma anche una birra per un esperienza papillogustativa nuova, negarsela a priori sarebbe sbagliato.

E lunedì inizia la settimana santa che ci porterà alla data capitolina dell’Italia Beer Festival! Leggete le istruzioni per l’uso 😉

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