Il risotto è un risotto. 10 piatti per figurarsi la cucina figurativa
Oramai non c’è ristorante dove mi sieda, da i buiaccari da pochi euro sino ai gommatissimi stellati, in cui non ci sia almeno un piatto di derivazione popolare. Un fiorire di grice, matriciane, paccheri e mozzarelle, con sempre un rimando alla importante tradizione italiana. Ai prodotti, sapori e saperi nazionali.
Oscar Farinetti ha detto che a Roma “Eataly farà una cucina figurativa, dove una coscia di pollo avrà la forma di una coscia di pollo”. Si perché il supermercato del bello e del buono di Farinetti in realtà è un grande ristorante. Declinato in varie possibilità del cibo italiano, Ma sempre con una cucina solida e materica.
A Festa a Vico, i numi tutelari della cucina italiana e della critica gastronomica che fino a qualche mese fa si sperticavano su cloche d’argento, foie gras e cucine in stile giacca di Armani, non facevano altro che dire che la crisi cambierà tutto, verso una cucina più semplice, povera e immediata.
Insomma sembra che il nuovo leit motiv sia quello della solidità e della semplicità. Meno orpelli, meno prodotti esotici e molto più sostanza e immediatezza. Noi di Scatti di Gusto l’abbiamo detto da tanto, sono anni che siamo in prima linea su una cucina più solida e non dimentica della tradizione. È sempre brutto dire l’avevamo detto, ma lasciateci l’orgoglio di aver ragionato da subito così.
L’Italia è il paese con un patrimonio importante e fondante, con un enogastronomico che è il volano principale del turismo. Recenti studi ci dicono che è il principale motivo di visita del nostro Belpaese, ancora prima dei monumenti, ma per anni non ce ne siamo accorti. Siamo andati verso un’idea di ristorazione alta e ingenua, mutuata da uno stile da vecchia hotellerie. Non posso fare a meno di pensare che dopo la sbornia del lusso, delle tavole suntuose e di un servizio pinguinato, ora si rischi di imboccare semplicemente una strada contraria, più semplice e ugualmente stereotipata. Sentire parlare di prodotto, senza curarsi del prodotto medio e della filiere, ma solo delle singole eccellenze, rischia di essere terribilmente ingenuo. Così, pensare che esista una cucina figurativa, di reazione, mi sembra molto vintage. Non posso fare a meno di pensare che esiste solo un buona cucina e quella cattiva e che spesso la maniera più semplice per fare buona cucina sia quella di partire da ciò che si conosce.
Non so se tutti questi alfieri della cucina solida, che ci guardavano buffi, quando abbiamo iniziato a raccontarla, oggi siano davvero convinti o sia solo la necessità dovuta da una crisi che morde ferocemente. Quello che so è che finalmente se ne sono accorti tutti e vedremo cosa succederà…
Non è filosofia del verrà o del sarà. La cucina materica, solida e di tradizione che corre anche in Formula 1 è già qui.
- paccheri con cipollotto di Gennaro Esposito in quel di Festa a Vico
- passatelli di Pier Giorgio Parini de Il Povero Diavolo
- gricia di Armando al Pantheon
- strapazzata con gli schittil della Bandiera
- fettuccine al ragù dell’Osteria del Mirasole
- scampi aglio e olio e peperoncino della Vecchia Marina
- alici fritte di Pasquale Torrente al Convento di Cetara
- sorbetto modenese di Massimo Bottura
- carciofi fritti di Cesare al Casaletto
- cotoletta alla milanese di Carlo Cracco, prima che partisse per l’iperuranio…
Sono le le mie prime dieci posizioni, le prime che mi saltano in mente. Qualcosa da aggiungere?