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26 Giugno 2012 Aggiornato il 16 Luglio 2015 alle ore 08:32

Miracolo a Milano/24. Il Gattò meneghino, un po’ bistrot un po’ boutique

Gattò è la napoletanizzazione del termine francese gâteau che indica una torta di patate, salame e formaggio. E un ristorante a Milano
Miracolo a Milano/24. Il Gattò meneghino, un po’ bistrot un po’ boutique

Totò hai visto dove sono finite le mie bretelle?
“Quali? quelle a fiori? Le ho prese in prestito io.”
A parte che ti ho già detto di lasciare stare le mie cose, sempre e comunque, cosa te ne fai?
“Guarda come mi stanno bene! Sai com’è, la cintura dev’essere rotta, non riesco a chiuderla…”
Magari non è la cintura, è che sei tu che sei un po’ ingrassato…?
“Magari è l’umidità che fa rattrappire un po’ il cuoio!”
Ma senti…
“Comunque, ho pensato: per non correre il rischio di ingrassare, dobbiamo deciderci a mangiare meno, specie se dobbiamo farlo spesso, per scrivere i nostri articoli, magari prendendoci un piatto per uno e scambiandoci degli assaggi…”
Ma…
“No no guarda va bene così anzi risparmiamo che sai di questi tempi la crisi io non posso permettermi…”
Ma se pago sempre io!

Per assecondare questa nuova mania di Totò – fuori a mangiare in tempo di crisi – siamo stati a pranzo in un posto carino, un ristorantino-ma-non-solo, circa: Gattò Viaggi Robe & Cucina.
Aperto già da qualche anno, mette in vetrina, oltre al menu, alcuni vari articoli – oggetti, borse, e altro. Un po’ boutique, un po’ bistrot, un po’ non so. Negozi che uniscono culinaria e commercio di altre cose, più comuni forse all’estero, ne sono sorti di recente un po’ dappertutto, a Milano, oltre a Libri & Caffè (purtroppo chiusa di recente), un negozio che vende fiori e vino in via Fauché, un altro di salumi e scarpe in Cesare Correnti… Tutto da esplorare. Partiamo da qui, allora. A pranzo da Gattò…

“Mi piace il nome Gattò, è originale –Miciò sembra poco serio, Cané no, troppe assonanze strane… e Topò no, non va proprio…”
Ecco, il mood di umorismo autarchico no – da uno che le battute gliele scriveva Cesare Zavattini, mi aspetterei altro. ‘Gattò’ è la napoletanizzazione del termine francese gâteau (durante la permanenza francese in queste contrade nacquero anche il crocchè e il ragù), che indica una torta di patate, salame e formaggio.
“Buona! Posso prenderne una fetta?”

Ma se non c’è nel menù… Anzi, passiamo alla carta.

McGattò, 12 €. La proposta piatto unico con acqua e caffè: hamburger di manzo con insalata mista e patatine.
Promenade des Anglais. Una salade Niçoise con insalata mista acciughe tonno pomodoro cuore di bue, 11 €
Gioco di gamberi, 12 €: insalatona gamberi avocado. Buona, abbondante.


Arragusado mio, 12 €. Maltagliati freschi home made (anche se li chiamavano fatti in casa… anzi, suonava pure meglio…) con ragù rosso napoletano fatto con pomodori passati e un pezzo di manzo cotto per ore pippiando fino a sbriciolarsi. “Che bello!” In effetti l’occhio è soddisfatto subito al primo impatto: un bel piatto, colorato, invitante – e buono, si sente preparato con passione, se queste cose si possono sentire. Un filo d’acqua di cottura di troppo nel piatto, qualche grado di temperatura di troppo della pasta; ma veramente un piatto gustoso.
Una risata di gusto: riso carnaroli mantecato con mazzancolle rucola pomodoro fresco. Sarebbe stato da prendere solo per il nome – “E perché mi piace il riso…” – ma continuo ad avere delle remore sulla rucola, no, grazie.
Pork Avenue 14 €: filetto di maialino mantovano saltato in padella con patate novelle e zucchine al profumo di senape. Ma che belli i nomi di questi piatti.


Qui tutti i salmoni finiscono in gloria 14 €: salmone fresco impanato al sesamo cotto al forno con mini taccole fresche saltate in padella e finocchio, anche questo buono a vedersi bello a mangiarsi e viceversa, morbido, saporito, buone le taccole, ancora ancora bis… (“Emanuele! controllati!!”).
Il nonno grasso è semifreddo, un semifreddo appunto torroncino caffè crema (ma cosa ridi? non penserai che io l’abbia scartato perché non più molto giovane, e non più molto magro?).
Amaretto in bocca, semifreddo home made (ancora? che sia il nome di una fabbrichetta…?) amaretto crema inglese granella croccante di mandorle: ecco, il dolce abbastanza irrilevante forse, buono, per carità, ma senza raggiungere la delicata poesia di gusto delle altre portate. Peccato.
Ai tavolini all’aperto, ambiente piacevole, gentilissimo il cameriere. La sera il menu, e i prezzi, sono più impegnativi.

Dal loro sito: “La nostra è una cucina mediterranea, fatta di sapori semplici ma decisi e cotture leggere senza grassi, da mangiare tutti i giorni, che partono dalla qualità e dalla freschezza quotidiana degli ingredienti: nei nostri piatti, le materie prime sono il risultato di una ricerca continua e fortunata, di una selezione accurata, di una passione totale. Questa scelta ‘casalinga’ comporta che a metà serata possano non esserci tutti i piatti indicati nel menu, vi chiediamo scusa in anticipo. Siamo felici di avere clienti affezionati e per garantire sempre un’offerta coerente (e divertirci lavorando), ogni giorno sostituiamo qualche piatto e spesso sperimentiamo novità, seguendo il corso delle stagioni. Avviso ai napoletani: alcuni piatti hanno origine a Napoli ma sono stati un po’ rielaborati, non li troverete fatti come da mammà.” Promesse diremmo mantenute.

E i viaggi del nome? A quanto pare, sono il ricordo della precedente avventura di Gattò – “morta” per ragioni tristemente burocratiche, per un “miracolo a Milano” non avvenuto…

Gattò. Via Castel Morrone 10. Milano. Tel. +39 02 70006870

Emanuele Bonati
"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.
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