Scopri la minestra a caccavella che vuol dire orto e felicità a casa
Mia nonna, Maria Cusatis, donna che, da buona cilentana, non parlava mai troppo (ho sempre avuto la sensazione che parlasse solo quando era indispensabile, del resto, un cilentano ascolta sempre prima di parlare), un giorno, mentre preparava sul fuoco la minestra tipica del posto, la minestra “a caccavella”, mi chiamò a sé. Pensai subito ad un rimprovero. Visto che non avevo nulla da temere, mi sedetti al suo fianco e mi disse: “A te che hai lo stesso nome di tuo nonno, voglio dire una cosa. Se mai un giorno verrà una crisi, la prima cosa che dovrai fare è un orto!!!”
Perché mai nel pieno degli anni Ottanta, una donna nata sul finire dell’ottocento, mi parlava di una crisi? Da giovane fanciullo non diedi peso a quelle parole e pensai “sta invecchiando!”, anche se le promisi che, in caso di crisi, me ne sarei ricordato. La cosa finì lì, ma come spesso accade, tutto ritorna e le parole di mia nonna ora mi risuonano come profetiche.
La caccavella
Ritornato in Cilento, poco tempo fa, nella casa dove sono nato, ho ritrovato la vecchia caccavella di mia nonna. Era ancora al suo posto, sopravvissuta a migliaia di minestre di vario genere in ogni stagione dell’anno.
La lavorazione del tegame ricorda certamente le terracotte di Camerota, una vicina cittadina dove venivano ed ancora oggi vengono realizzati questi manufatti di ogni misura e forma. Pervaso dalla voglia di riutilizzarla dopo così tanto tempo, e vista la mia scarsa abilità nel gestire fiamme che provengono dalla legna, decido di osare ed infrangere le regole. Sì, perché questa preparazione ha bisogno di una fiamma bassissima e costante, cosa che un tempo, chi armava tutti i giorni il fuoco, era capace di fare. E’ sempre stato così. Per aggirare il problema del fuoco, decido di cuocere la mia minestra sul fornello a fiamma bassissima in una comune pentola di alluminio e preservare intatto il ricordo nell’oggetto.
La preparazione di questa minestra si avviava la mattina presto, quando i mariti erano già nei campi e le mogli li avrebbero raggiunti di lì a poco, dopo aver avviato “a caccavella” nel rispetto delle diverse consistenze delle verdure. La cottura proseguiva sino al ritorno a casa della famiglia per l’ora di pranzo. Ci si assicurava così un piatto caldo e pronto da gustare. Il fornello a gas, infatti, non avrebbe garantito la giusta cottura, la fiamma, rimanendo costante, avrebbe rovinato la minestra sino a bruciarla; la legna, invece, preparata ed assemblata sapientemente, ardeva ed andava lentamente spegnendosi garantendo così una cottura ottimale e la pietanza calda. Davvero geniale!
L’orto, innanzitutto
Deciso a preparare questa minestra, mi reco nell’orto di mio zio Antonio, per tutti “zi ‘Ntonio”, ormai in pensione e contadino a tempo pieno. Il suo orto si trova appena fuori dal piccolo paese, in contrada “Terri i fora” (Terre di fuori) ed il cancello dello stesso è sempre aperto. Zì ‘Ntonio mi racconta, che sua moglie, quando egli torna a casa con le cassette piene di ogni ben di Dio, gli strilla dietro ”… non possiamo mica mangiare tutti i giorni verdura!!!”, ma lui non se ne fa un cruccio, da buon cilentano, raccoglie gli ortaggi e li regala a parenti ed amici, senza dimenticare nessuno. Incoraggiato da questo e per mitigare il clima in casa di mio zio, nell’intento di realizzare l’antico piatto, raccolgo fiuriddi (fiori di zucchine), cucuzza r’acqua (zucca lunga), fasuli (fagioli corallo), pimmaroli (pomodori), cipuddi (cipolle), masiricoia (basilico), e acciù (sedano), nella quantità necessaria alla realizzazione della minestra. Nulla di più. Mio zio coltiva anche a ridosso dei muretti in pietra in maniera che i frutti possano essere raccolti da tutti anche dall’esterno dell’orto, credetemi, non lo fa mica perché è matto, la sua è una autentica passione. “ Cosi per chi passa di lì è più facile raccoglierli in questo modo …” dice, sorridendo fiero, consegnandomi un cesto pieno di ortaggi appena raccolti: “Tieni, questo è per te !!!”
La cottura a bassa temperatura
Una minestra che, sebbene semplice negli ingredienti, richiede una grande abilità, una profonda conoscenza degli ortaggi utilizzati ed il rispetto della loro stagionalità. I tagli delle verdure devono resistere ad una lunga e lenta cottura, quella che oggi tecnicamente viene definita “a bassa temperatura”.
La zucca lunga non va mai “sbucciata”, bensì “grattata” con un comune coltello da tavola. La minestra cambia a seconda di ciò che offre l’orto in quel momento. Ricordo, infatti, che mia nonna sosteneva che solo dopo il giorno 5 di agosto si potessero raccogliere le prime melanzane, in occasione della festa patronale a Celle di Bulgheria (Salerno). Tuttavia, chi oggi prepara questa pietanza, da buon cilentano, lo fa anche per regalarsi del tempo sia perché la cottura non è assistita, non deve essere rimestata per evitare che le verdure si traumatizzino, sia perché è un ottimo piatto unico.
Il pane
Avviata la cottura, mi reco a comprare il pane. Non vi sono forni in paese lì a Celle, il pane lo si può acquistare alla “putìa” (il market), io preferisco quella dei fratelli Barile, due fratelli che da molti anni, selezionano il meglio dei prodotti di quel territorio. Uno dei due, Giovanni, mi informa, con mio grande piacere, delle novità del paese. Finalmente il Comune si è dotato di interessante materiale di divulgazione turistica, che lui stesso mi mostra e mi descrive con dovizia di particolari, segno evidente del suo grande amore per il territorio. Le brochure sono ricche di belle foto, cultura, storia e gastronomia … siamo nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, patrimonio Unesco.
Mentre sono davanti alla “putìa”, si ferma un furgone, è arrivato il pane. Giovanni mi offre una pagnotta di pane cotta in un forno a legna di Padula, città famosa per la sua Certosa. Il pane è ancora caldo, ha un profumo di buono, di antico, della legna dei meravigliosi boschi circostanti e della straordinaria farina “carosello”.
La scoperta
Ho lasciato la minestra sul fornello, penso preoccupato, mentre torno a casa. Non mi sono comportato da buon cilentano, cucinando sul fornello, anche se ho portato tutte le bucce ed i resti degli ortaggi utilizzati alle galline della vicina, che, da buona cilentana, ha ricambiato con sette uova fresche. Nel frattempo la minestra è pronta.
A tavola, mentre la gusto con la mia famiglia, ripenso alle parole di mia nonna: “devi realizzare un orto!” . Ora, finalmente realizzo l’essenza dell’uomo moderno (magistralmente colta dal compianto Angelo Vassallo, sindaco di Pollica, capitale morale della dieta mediterranea), uso dei prodotti coltivati senza nient’altro che non sia concime naturale, non ho creato dei rifiuti umidi per quella preparazione, mi sono concesso il piacere di dimostrare ai miei figli come sia facile consumare un piatto di verdure e li ho divertiti con l’uso della parola “caccavella”.
All’improvviso si insinua il dubbio: e se mia nonna avesse chiesto anche a mio zio Antonio, suo figlio, di realizzare un orto? Poi – mi dico – ma no, lui non si chiama Giovanni, come mio nonno.
Gli ingredienti per la ricetta (riassunto)
1 cipolla bianca
300 g di pomodori freschi
100 g di fagioli corallo
100 g di fiori di zucca
2 patate
1 zucca lunga
foglie di basilico
gambo di sedano
1/2 litro d’acqua durante la cottura
olio, sale e peperoncino q.b.
4 fette di pane
(per 4 persone)