Pomodori. La ricetta per fare il piennolo cioè conservarli appesi
La buona abitudine di conservare i pomodori “appesi”, ha sempre fatto parte della mia vita. E’ un piacere vederli pendere dal soffitto, danno, infatti, una idea chiara di chi abita la casa dichiarando, così, uno stile di vita sano ed in sintonia con la natura. La ‘nzerta, da sempre associata al mondo rurale, oggi si riscopre come uno dei metodi di conservazione più salutari, ma anche più versatili, adatta ad una moltitudine di preparazioni che la rendono una delle protagoniste indiscusse della cucina, soprattutto mediterranea.
Procurarsi un “filo di pomodori appesi” non è facile, primo perché si tratta di produzioni artigianali limitate a zone geografiche molto ristrette, poi la quantità di prodotto lavorato in questa maniera spesso ha un costo abbastanza elevato, soprattutto durante il periodo invernale, quando la possibilità di acquistarne è decisamente ridotta.
Vi spiego come realizzarne una a casa vostra.
Dovrete procurarvi il pomodoro. Quest’ultimo, rigorosamente raccolto a “grappoli”, magari ne avete già nell’orto, potreste raccoglierlo li, oppure rivolgervi al vostro contadino di fiducia. Attenzione, il tempo non gioca a vostro favore, una volta raccolti, bisogna subito (tre, quattro ore al massimo), iniziare a lavorarli, altrimenti, tutto il vostro impegno, cadrà a terra un pomodoro dopo l’altro, nel giro di un paio di giorni…
In Puglia “insertiamo”, anche, il pomodoro cosi detto “gialletto”, un pomodoro con una polpa rossa e molto soda, ideale per chi, anche durante la stagione più fredda, non sa rinunciare ad una bella fetta di pane e pomodoro (vi sembra poco?).
Commetterei un errore se non accennassi, a questo punto, al pomodoro principe di questa preparazione, il “pomodoro vesuviano del piennolo”, forse il più ambito tra i pomodori a filo.
Infatti, non tutti i pomodori sono adatti a questa conservazione. I pomodori raccolti nel mese di settembre dichiarano già una loro propensione a resistere nel tempo, hanno una buccia abbastanza dura, questa serve a conservare il prodotto integro, che spesso raggiunge la perfetta maturazione proprio dopo essere stato appeso.
Una volta sistemato un gancio (questo servirà a spostare comodamente il filo dopo aver terminato il lavoro), bisognerà appendervi un filo abbastanza resistente, a volte queste ‘nzerte arrivano a pesare anche 4-5Kg.
Il filo deve essere legato ad anello, non più lungo di un metro in tutto.
Dopo aver disposto il filo, iniziate pure a sistemare i pomodori, usufruendo dei rametti che legano il pomodoro al grappolo, così come mostra la foto.
Una volta appesi cinque, sei rametti di pomodoro, bisogna inserire un distanziatore, questo io lo realizzo con un pezzo di legno (una canna, per l’esattezza).
Questo distanziatore servirà a far circolare l’aria all’interno della corona, conservando così il pomodoro in condizioni ottimali.
Continuate ad inserire i pomodori, alzando di volta in volta il distanziatore.
Tenete conto che la costruzione deve essere armonica, bisogna inserire i grappoli di pomodori alternandoli nel senso della direzione di crescita, mi spiego meglio: nello stesso grappolo i pomodori crescono tutti verso un’unica direzione, bene, sulla n’zerta, basterà alternare proprio questa direzione creando, così, un filo di pomodori pieno ed armonico.
Ricordate che la forma spesso coincide con la qualità del prodotto, un filo di pomodori messi sù alla rinfusa non permetterà una giusta conservazione nel tempo.
Una volta esaurito lo spago a disposizione, esercitate una leggera pressione sui pomodori infilati in modo da inserirne ancora un po’. Perché bisogna tener conto che, nei giorni a seguire, i pomodori tenderanno ad assestarsi verso il basso, svuotando il filo nella parte alta, quella in prossimità del gancio.
Una volta ultimata, la ‘nzerta va appesa al soffitto, distante dalle pareti, in un luogo fresco ed asciutto, magari in cantina o meglio ancora in un locale ben areato, dal momento che proprio un’ottima circolazione dell’aria consentirà una corretta conservazione della ‘nzerta.
So bene che, proposta così, sembra un esercizio di bricolage ma è di più, è il recupero di uno stile di vita che può rendere più ricca e sana la nostra dieta.
A tal proposito vi propongo una ricetta eseguita con questo tipo di pomodoro, una antica pietanza contadina, preparata proprio nei giorni in cui si realizzavano le ‘nzerte. Per utilizzare tutti quei pomodori che, staccandosi dai grappoli durante la lavorazione, non erano più inseribili sulla n’zerta, si preparava “La gialletta”, un piatto semplice e gustosissimo, quasi del tutto sconosciuto.
La gialletta
Vi riporto la ricetta per quattro persone.
500 g di pomodori gialletti
2 cipolle del tipo dolce
Foglie di basilico
Peperoncino
Olio e sale q.b.
Fate rosolare delicatamente la cipolla nell’olio extravergine, aggiungete a questo punto i pomodori tagliati a metà nel senso della lunghezza, le foglie di basilico ed un pizzico di peperoncino, salate.
Lasciate cuocere ed aggiungete un po’ di acqua, continuando la cottura a fuoco medio. Quando i pomodori saranno pronti servite in tavola con dell’ottimo pane.
Questo piatto era la cena dei contadini, un intingolo dove immergervi il pane fatto in casa, una maniera semplice per terminare una giornata di duro lavoro nei campi.
Oggi io, nella mia osteria a Lucera (Foggia), in Puglia, propongo questo piatto aggiungendovi della “burrata di Andria”, famoso formaggio fresco, leggermente dolce che ben si combina con la nota acidula di questo pomodoro. Un ottimo antipasto, soprattutto nelle sere che precedono l’autunno.
Dimenticavo: chi ha poco tempo o semplicemente non ha pazienza di preparare la ‘nzerta, può pensare di conservare i pomodori ponendoli “a gratedda” (in queste conservazioni torna sempre l’accento campano, patria natia di questo tipo di soluzioni), una sorta di grande vassoio, realizzato con cannucce, che permettono, come già detto prima, la libera circolazione dell’aria. L’unico ingrediente necessario a questo tipo di conservazioni.