Bevibilità, miti e parole del nuovo mondo del vino in 5 abbinamenti
Si parla tanto di bevibilità, il nuovo mantra del vino, la nuova parola d’ordine irrinunciabile. Sta persino scalzando mineralità e cosa significhino entrambe non si sa. Chiedete a dieci degustatori. Vi risponderanno tutti e dieci con parole diverse. Dopo anni, anzi decenni di vini da corsa, di campioni super estratti e conciati enologicamente, di vinoni dolci e rotondi, stiamo riscoprendo una cosa che i nostri nonni sempre avevano saputo. Dalle poesie di Petrarca, al Dumas dei tre moschettieri, passando per Zarathustra e i Cantos, il vino è celebrato per essere bevuto: non contemplato e studiato come entomologi del bicchiere, nella ossessiva litania dei ritrovamenti. Nella società contadina da cui il vino proviene, era addirittura un alimento che serviva a dare calorie in inverno e conforto nel caldo afoso. In una parola bevibilità.
Per me poi questa parola va a braccetto con un’altra parola, gastronomico. Per anni negletta e dimenticata, la funzione del vino è anche quella di completamento ed ausilio al pasto. Alcuni vini stanno bene da soli, altri danno il meglio di se in accompagnamento alla cucina. Allora ecco il gioco. Cinque vini che danno il meglio di se in bevibilità e cinque piatti con cui accompagnarli.
- Lambrusco di Sorbara, Vigna del Cristo 2011. Quando penso a bevibilità penso a questo vino incontrato quest’anno in degustazione. Un lambrusco pieno di energia, teso e affilato con una bellissima scia sapida, perfetta a tavola. Provatelo su un piatto di tortellini o una lasagna in una domenica di autunno piovoso e mi direte.
- Verdicchio di Matelica, Collestefano 2011. Ecco Collestefano è una via diversa a questo grande vitigno. Il Verdicchio è normalmente gestito in maturazione spinta e concentrazione, per arginarne l’acidità e nervosismo. Nel Collestefano no, queste caratteristiche sono alleate e diventano peculiarità. Provatelo su dei gagliardi scampi d’Adriatico con aglio, olio e peperoncino, non ve ne basterà una bottiglia.
- Rossese di Dolceacqua, Maccario Dringenberg 2011. Bevetelo fresco, vi conquisterà con un corpo agile e scattante, elegantissimo per un piccolo vino. Al naso sentori vivi di frutto integro e una piacevolissima sapidità in bocca che vi spingerà pericolosamente al bicchiere. Perfetto al pasto, su zuppe autunnali, ma anche su una bella zuppa di pesce: da berne a secchi.
- Barolo Monprivato, Giuseppe Mascarello. Per me il dagherrotipo di un grande vino bevibile, in questo millesimo 07 si conferma scattante e agile, il naso è tutto virato sui toni della rosa e fioriti, anche un bella nota ematica. In bocca è festoso e classico, un barolo minimale dalla acidità squisita e la sapidità corroborante. Perfetto su un pezzo di ciccia di quelle vere, non necessariamente di Granda
- Greco di Tufo, Pietracupa 2011. Un piccolo grande vino. Al naso agrumato e scattante, il frutto è nitido e ruggente, perfettamente dolce e succoso. In bocca la freschezza è coinvolgente, scolpita da una acidità millimetrica. Sabino Loffredo si conferma come uno dei più straordinari bianchisti italiani. Provatelo all’imbrunire con delle ostriche e la compagnia adatta, scorrerà a fiumi.
Ecco i miei, e i vostri vini bevibili?