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Vino
3 Dicembre 2012 Aggiornato il 9 Ottobre 2019 alle ore 07:59

Poker di bollicine da consigliare alle feste e non solo agli Insensati

Si può infilare di straforo in mezzo a un mazzo di Metodo Classico di buon livello uno charmat, figlio di autoclave, e passarla liscia? E che cos’è che fa
Poker di bollicine da consigliare alle feste e non solo agli Insensati

Si può infilare di straforo in mezzo a un mazzo di Metodo Classico di buon livello uno charmat, figlio di autoclave, e passarla liscia? E che cos’è che fa davvero la differenza in un assaggio cieco e sequenziale di vini a doppia fermentazione (vi piace questo modo contorto di aggirare il luogo comune delle bollicine?) per un panel esperto quanto variegato?

Sono le due domande (non le sole, per la verità, a corollario ne girano anche altre) che si è poste a scopo diciamo così autoeducativo una brillante azienda del Nordest (di cui non svelerò al primo giro il nome, perché intende continuare l’esperimento e ha bisogno per un pochetto di continuare a farlo in pace); e su cui sta indagando attraverso una serie di degustazioni cieche davvero interessanti (oltre ai punteggi medi, anche il consensus, cioè la convergenza totale e per singoli gruppi, e gli scostamenti individuali di punteggio sulle medie, così che chi misura a sua vota si misuri). In più, i taster sono, come dicevo sopra, una squadra davvero assortita. Dentro c’è tutta la filiera del vino, da chi lo fa a chi lo consuma, passando per chi lo distribuisce, lo propone, lo vende e lo giudica, inclusi un paio di importatori Usa di vini italiani. Un panel che somiglia parecchio per struttura a quello che, a suo tempo, il gruppetto di ideatori (tra cui il sottoscritto) aveva voluto, battezzandolo Accademia degli Insensati, protagonista di una serie di divertentissimi, e per nulla banali, o disutili, assaggi, locati con cadenza mensile all’Arcangelo. In attesa che quella sequenza (con il buon Dandini se ne è riparlato di recente) riprenda, ecco la bella ombra cinese spumantista cui ho avuto il piacere di presenziare e partecipare. Ne sono uscite, dicevo, vivaci sorprese. Io vi racconto in dettaglio le mie, ovviamente. Rimandando alla futura eventuale publicizzazione dei risultati completi quelle più generali. Intanto, prima di svelarvi i tre vini che mi hanno, per diversi motivi, stupito, due considerazioni generali: in primis la saggezza dei punteggi dati da un “tribunale” così poco “guid’orientato”, cioè non “addestrato” per premiare. Pochissimissimi i punteggi oltre 88. E molta attenzione a creare scalini malgrado una scheda ipertecnica, che tendeva un filo ad appiattire le distanze. Terza e ultima osservazione, questa desunta dallo screening (che io ho potuto fare) dei punteggi medi: complessità e finezza sono i due poli tra cui brilla la bolla. Tutto quel che è mediano (robustezza e/o morbidezza cortigiana incluse) in un gruppo così poco  monopolistico di palati e nasi non fa breccia.

Ed ecco le mie sorprese, venute su in rigorosa cecità d’assaggio tra la quindicina di vini testati. Ne manca per la verità una. Ma era un pre-assaggio, ancora lontano dalla meta dell’uscita su mercato. E anche questo non mi pare il caso di svelarlo ora. Per cui, accontentatevi del poker.

  1.  Pedres Brut: eccolo, lo charmat infiltrato. E come non aprire con l’outsider? Cui ho dato in prima battuta 79-80/100, restando sul punteggio prudenziale alla consegna dei risultati all’“arbitro” e contabile, ma trovandolo comunque poi  ai piani alti della mia personale classifica (ma bene anche nella generale). Il Pedres è uno charmat sardo, da Vermentino di vera Gallura, granito “rotto” e 350 metri sul mare in quel di Calangianus. Naso un po’ involuto, su cui pesa inizialmente la componente “riducente”. Ma poi bocca carica, fresca, sapida. Un classico da Secchio, e 2 ½ scatti meritati. Anche perché costa (in rete) euro 8.70.
  2. Montellori Pas Dosé 2007: gli ho dato di più, con salto oltre quota 80; e chi l’avrebbe detto che questo tutto bianco (100% Chardonnay) dal fruttato robusto (e però, malgrado la formula b. de b., con un piccolo debito di finezza che gli impedisce di fare ancora meglio) ha sangue toscano e non nordico nelle basi… Vicino ai 3 scatti. E ai 16 euro.
  3. Bellenda Metodo Classico Rosé Talento Brut 2005: altro giro, altra corsa… e un bel regalo. Bella performance un Rosé così pimpante da quel di Vittorio Veneto (complesso, elegante e convincente tanto da superare, per me, un altro rosato, trentino, millesimato e di ottimo blasone, e da finire primo vino a pari merito per il panel). Certo, poi, scoperta l’etichetta, i tasselli vanno abbastanza a posto. In cantina Cosmo sul Classico e sul… pop del Prosecco si lavora con pari tenacia (e perizia) da un tot. Sopra i 3 scatti, vicino a 3 ½, più un meritato Secchio. Quota poco più di 20 sacchi.
  4. Ottoventi Level 8.20 Brut: una giovanotta di nome Sara, siciliana di Erice (non sant’Etna, dunque); collina vista Egadi e brezze che tirano arzille, vigneti aziendali in media a circa 300 metri di quota, ma con una punta a 700. Uve raccolte e torchiate a mano, all’antica. E però anche l’approdo animoso, e forzatamente tecnico, al varo di un Metodo Classico. Questo. Da Chardonnay dei vigneti più alti, vendemmia 2007. Che becca anche il più alto (87-88/100) dei miei punteggi, piacendo per brillantezza come per tensione. E spiazzando abbastanza quando si scoprono etichetta e Dna. Da 3 ½ (anche per incoraggiare il coraggio). Costa 15 euro

[Immagine: vinopigro]

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