Pif, Il Testimone: anche gli chef stellati mangiano filetti di baccalà. Bottura, per esempio
Se ci avessero raccontato 20 anni fa che oggi la cucina avrebbe invaso i palinsesti televisivi, non ci avremmo creduto: eravamo troppo presi dai balletti, dagli show, che il cibo per noi era quella ricettina di Wilma De Angelis arrabattata in 10 minuti, o quel gran piatto tradizionale della mamma o della nonna.
Tutti ne siamo ormai pieni fino alla gola, anche Pif, quel “Testimone” di Mtv ha voluto toccare con mano, o con bocca, cosa c’è nelle cucine dei ristoratori famosi, chef star più richiesti delle icone music pop, più acclamati degli attori internazionali.
Con la sua inseparabile telecamera è partito con la convinzione che il piacere del cibo abbia messo le radici nei piatti tradizionali come l’amatriciana o la carbonara, e non si sia più schiodato di lì. Per sdoganare queste convinzioni è andato a trovare quattro grandi chef italiani che si sono messi a nudo dietro i fornelli.
Massimo Bottura
Pif si fa coccolare ed imboccare dal maestro dell’ Osteria Francescana di Modena che con la frase: “dobbiamo entrare in cucina con le mani sporche di terra” conquista la mia attenzione. Il mio occhio diventa più clinico quando i due si recano al mercato di Modena. Bottura assapora un panino imbottito preparato express e un filetto di baccalà, con lo stesso pathos con cui assaggerebbe una lepre o una spuma di mortadella. È una di quelle scene che non avresti mai immaginato di vedere, uno chef che mangia street food. E’ come sorprendere Jud Law soffiarsi il naso: pensi siano sempre tutti perfetti, ma questa è un’altra storia.
La cucina di Massimo Bottura è molto free, si lavora in relax e i collaboratori in cucina non indossano il classico cappello da chef, c’è musica diffusa dappertutto con l’installazione del wi fi nel ristorante.
Mangiare all’Osteria Francescana costa 100 euro per un menù tradizione, 140 euro per un menù classico, 180 euro per un menù sensazione.
Carlo Cracco
Pif lo incontra in una sede inusuale, quella della Lamborghini a Sant’Agata bolognese per inaugurare la nuova mensa aziendale. Cracco prepara il suo famigerato tuorlo marinato per i dipendenti, mentre per i dirigenti realizza un intero pranzo.
Lo chef è molto più rilassato, si è scrollato di dosso quella faccia cupa e quella fronte corrugata di Masterchef. Quando è lui a preparare i piatti, pare essere in una terza dimensione, sublime, ovattata. Spiega con convinzione, interroga e corregge.
Questo contatto diretto tra Pif e Cracco ci ha fatto capire che anche l’icona sexy-culinaria è un umano, anche se ormai l’aria da rock star non l’abbandonerà mai: firma le copie del suo libro prima del servizio e quando Pif minimizza la sua invenzione del tuorlo marinato (“Ma si può anche rifare a casa”) lui sferra un colpo difensivo (“Molti l’hanno rifatto è anche questa la fama”).
Filippo La Mantia
E’ lo chef dell’Hotel Majestic di Roma. Diventato cuoco a 42 anni è considerato lo chef dei Vip.
A Pif, che lo guarda con sorrisetto ed occhio un po’ sospetto, forse non dà l’impressione di essere il classico chef da ristorante con la divisa dietro ai fornelli: il testimone giunge nel suo ristorante nel bel mezzo di una lite (“E’ un lavoro in cui succede di tutto”), assiste ad una serie di telefonate di VIP che prenotano un tavolo, constata che ha eliminato dai suoi piatti le basi del soffritto – ossia l’aglio e la cipolla – e che odia la pasta fresca e non utilizza cozze, vongole e gamberetti (“Li usano tutti”).
Ospite di La Mantia, persona molto alla mano, Pif si lancia in questo pranzo da ospite degustatore seduto di fronte allo stesso chef che, la maggior parte delle volte, pare essere assente perché impegnato nei suoi giri da PR.
Mangiare da La Mantia a pranzo costa solo 40 euro a testa circa. “Io sono basso”, racconta a Pif e della sua contro tendenza rispetto al classicume degli chef stellati, dice di snobbare le guide dei ristoranti e viceversa, gli esperti di settore gli ricambiano il favore: non è insignito di nessuna stella Michelin.
Patti chiari, amicizia lunga.
Davide Scabin
Si chiude la puntata in eleganza e pacatezza al Combal 2.0 di Rivoli (TO) dove ad attendere Pif c’è Davide Scabin. L’esperienza sensoriale dello cyber egg passa attraverso le papille gustative del “testimone” che in una sola botta si è risucchiato “60 euro di caviale”.
Nella cucina del Combal 2.0, a differenza dell’Osteria Francescana, i cappelli da chef ci sono, c’è un ordine maniacale anche nella organizzazione delle miscele del caffè. Questa impostazione naturalmente equilibrata si riversa in eleganza anche nel servizio: Pif può assaporare una serie di piatti ricercati, in porzioni minimal, ed uscirne comunque sazio.
L’amatriciana e la carbonara, allora, possono benissimo essere sostituiti dalle prelibatezze fini e ragionate di menti geniali come queste.
Se ne volete sapere di più, non avete che da guardare il video della trasmissione.
[Testo. Antonella Dilorenzo. Immagini: hwupgrade.org, mtv]