La ricetta migliore: crema fritta all’ascolana. Per vincere anche sulle olive
Crema fritta contro oliva all’ascolana. Ovvero la sfortuna di essere Bartali quando in salita stai una ruota dietro Coppi, la dannazione di Ronaldo quando Messi ti mette in fila tre Palloni d’Oro sotto il naso, la posizione defilata di George Harrison al fianco di Lennon-McCartney.
Essere B-side per definizione. Rimanere un passo indietro, non perché il talento ti manca ma perché il tempo e lo spazio ti condannano a un confronto continuo e inesorabile. Sono d’accordo che i paragoni sono fin troppo ingombranti. Ma solo se la vostra carta d’identità risponde Ascoli Piceno alla voce nato a e l’olio bollente scorre nelle vostre vene potete capire la storia della subalternità del cremino.
Il cremino, o crema, te lo trovi sempre ad ogni festa comandata a condividere il piatto dei fritti all’ascolana. Coinquilino di friggitrice e di carta paglia delle blasonate olive: roba da ansia da prestazione. Lì stretto nella morsa delle olive, sontuose e (ri)piene del loro ego, è sempre pronto ad incassare i colpi di una considerazione relativa. Relativismo che lo rende resistente anche all’insolita, ma possibile, condizione di avanzo.
Siccome sono sempre stato dalla parte degli indiani, come diceva De Andrè, vi offro un tutorial della ricetta di casa mia, visto che – come volevasi dimostrare – anche le Ricette Picene di Antonio Attorre non ne fanno menzione.
Prendo latte, limone, uova, farina, zucchero, pangrattato.
Mentre sobbolle un litro di latte con infusione di una scorzetta di limone, sbatto 5 uova – private di 3 dei 5 albumi – e mescolo 350 grammi di zucchero con 300 grammi di farina setacciata.
Le uova sbattute accoglieranno il mix zucchero-farina: miscelazione catalizzata dall’Anisetta Meletti, l’ingrediente segreto. Anisetta che è autografo dell’autore e ago della bilancia di una preparazione che gioca tutto sulla provocazione di una dolcezza che esplode e si dissolve, non stanca.
Quando il composto è ben omogeneo, va tuffato nel latte ravvivato da un fuoco bassissimo. Qui la mano esperta fa la differenza nel rassodare una crema dura, dove l’eccesso di farina non deve lasciare traccia in bocca e i grumi sono ovviamente banditi.
La pentola scappa e ritorna sul fornello di continuo mentre la frusta opera con regolarità incessante. Quando la crema è liscia, compatta, la stendo e le faccio sentire il rigore del frigo per alcune ore.
Cubetto, infarinate, bagno nell’uovo sbattuto, rotolo nel pangrattato: la più classica delle panature.
Scaldo i motori della friggitrice e ne godo anche senza olive.
Per rendere merito ai Bartali, ai Ronaldo, ai George Harrison: perché senza di loro il Giro d’Italia degli anni ’40 non sarebbe una leggenda, perché il Barcellona vincerebbe il campionato senza giocarlo, perché i Beatles non sarebbero mai stati contrapposti ai Rolling Stones. Anche se, sinceramente, di quest’ultimo confronto non ne ho ancora capito il perché.