Piadina. 3 indirizzi da antologia perché la mangiamo anche in inverno
Vai come un fesso a chiedere a un Romagnolo quando e dove puoi festeggiare una “sagra della piadina” in inverno e quello ti risponde sornione e fiero: “sempre e ovunque”. La piadina in Romagna è come il pane e più del pane, non solo accompagna i pasti, ma ne costituisce uno a sua volta. Non c’è un altro piatto che sia in forma così esclusiva a rappresentante di un territorio, né – aggiungo – che sia così poco e malamente capace di riproduzioni fuori confine. La piadina è la piadina, e la piadina la mangi davvero buona solo in Romagna. Sull’onda di questo assunto estremo e inconfutabile, in Romagna ci sono andata, ne ho mangiata tanta da star male e ve la racconto in tutte le variabili in cui mi è capitato di provarla (che non esauriscono nemmeno pallidamente l’argomento…).
La piada è onnipresente, ma alterna modalità di fruizione a seconda delle stagioni; d’estate è il chiosco all’aperto (per cui l’indirizzo d’obbligo nel mio personalissimo gusto è la Casina del Bosco a Rimini aperto da primavera), d’inverno è convenzionalmente l’osteria. In questa direzione, uno dei templi della piadina romagnola è senza dubbio l’Osteria del Campanone, sotto il campanile di Sant’Arcangelo di Romagna. Qui si mangia solo ed esclusivamente piadina. Le prenotazioni non sono concesse, arrivare e trovare un tavolo libero è un evento epocale, mettere in conto di aspettare è una regola, che pare però non spaventare la folta e variegatissima fila, fuori e dentro il locale. Guai a pensare che l’attesa dei clienti acceleri i ritmi del servizio o quelli del pasto. Il gestore non ci pensa proprio, si prende tutto il tempo che gli serve per venire a stilare la comanda e poi lascia tutto il tempo che serve a te per gustare il gioiellino della sua cucina. Non vi sognate nemmeno di sollecitare il servizio. Rimangono negli annali le reazioni di Massimo ai reclami di sprovveduti avventori: “qua si mangia quello che dico io, come dico io e con i tempi che dico io, se vuoi scegliere, il ristorante è in fondo alla strada” – oppure – “se hai fretta vai all’Italia in miniatura” e molte altre di questo tenore, proferite con grande serenità da un signore garbato, ben distante dalla macchietta dell’oste panzuto e scorbutico. La piada qui non è sfogliata ma compatta, a base di farina integrale, con uno spessore di circa 2 mm. Non viene servita in porzioni individuali ma in un largo cestone a centro tavola. Per le farciture consiglio di lasciare piena libertà alla cucina, da cui esce un ventaglio per tutti i gusti, dalle “carnivore” (testacotta; salsiccia, patate e scamorza; bresaola, fagiolini e aceto balsamico) alle vegetariane (pecorino ed erba di campo; zucchine grigliate e provola; caciotta e ananas). Totale a testa, compreso di beveraggio, caffè e ammazzacaffé: 10 €.
Nel cuore di Rimini, a ridosso del Borgo felliniano di San Giuliano, sorge un’altra roccaforte della piadina: Nud e Crud. Qui il dictat è la scelta infinita, variabili di formato, dal pidburger (hamburger con piccole piade al posto del pane) al cassone, fino alla piada classica; o di impasto, dall’olio al tradizionale strutto, dalla farina bianca a quella di monococco. Farciture disparate, per i conservatori o per gli arditi, oltre ad una proposta cucina di piatti del giorno, tutto con filiere locali, garantite e certificate e una ricca scelta di birre e vini. Con sommo sacrificio e solo in nome della causa, la sottoscritta ne ha provate due. La prima piadina con impasto di monococco e olio di oliva e la farcitura, tipica dei pescatori che popolavano originariamente il borgo, di insalata condita, cipollotto e sardoncini. Nulla da eccepire sulla farcitura, per l’impasto invece, per quanto sottile, questa variante rimane a mio giudizio eccessivamente croccante. La seconda, il classico dei classici nell’impasto e nella farcitura: piadina con rucola, crudo di Carpegna e squacquerone di San Patrignano. Ecco, qua siamo nell’antologia, piada sottile, sfogliata, cotta alla perfezione.
La piada viene servita come aperitivo praticamente ovunque. Io lo consiglio, per prezzi e atmosfera, in un piccolo locale, anche questo sempre pienissimo, nel centro storico di Rimini. Si chiama La brezza, piatto e bicchiere del vino della casa (Trebbiano ruspante e pieno di identità) al modico prezzo di 2,50 €.
Torna nel cestino del pane, nella trattoria come nel ristorante più impostato, in versione sottile e sfogliata nella Romagna bassa, in quella più alta e compatta tra Cesena e Forlì.
Prevede anche viaggi tematici, come quello a ridosso della tradizione antica nel piccolo borgo di Poggio Berni, terra di mulini a ruota, forse l’unico in cui la piadina viene ancora preparata nel coccio (quello dell’“è di coccio” per indicare personalità di non spiccato acume e intelligenza) in memoria del buon villano che abitava questi ridenti feudi malatestiani.
Tanti spunti e tante variabili, ma nemmeno una volta qualcuno è caduto in uno degli errori filologici più diffusi sull’argomento. La piadina non è un kebab, quindi in nessun caso può essere tollerato che vi venga servita arrotolata come se lo fosse. Dice il saggio abitante di queste terre: la piadina è come la donna, dà il meglio di sé quando è distesa!
Osteria del Campanone. Piazzetta Galassi 8. Sant’arcangelo di Romagna
La Brezza. Piazzetta San Martino. Rimini
La Casina del Bosco. Viale Antonio Beccadelli 15. Rimini
[Sibilla Caprini]