Ristoranti Milano. Il 28 Posti di Marco Ambrosino fa faville
Un anno fa è approdato alla Darsena alla conquista di Milano per diventare l’executive chef del “28 posti”. Marco Ambrosino, laureato in economia, è l’ennesima dimostrazione che “Cuochi si diventa”, basta avere buone idee e capacità di metterle in pratica.
La sua è stata definita “una cucina un po’ scomoda”, probabilmente per via dei bizzarri matrimoni gastronomici che Marco celebra ogni giorno. Stranezze tipo la Genovese con lo sgombro marinato, il gelato al polline con la bottarga, le cipolle con la frutta fermentata.
Eppure ogni sera il 28 posti registra il sold out. E io vi dico, ha ragione lui.
Procidano, si è formato sui classici del ristorante “Il Melograno”. Libera Iovine è stata il suo mentore. Dunque il ragazzo, le basi le ha, e anche belle solide. Poi, come capita alle giovani leve, le più sveglie, a un certo punto inizia a cercare la propria strada. La sua cucina è il frutto di visioni, di tentativi e di assaggi, fragili equilibri che riesce a gestire facilmente da bravo e allenato giocoliere.
Noi di Scatti di Gusto siamo andati a trovarlo più di una volta. L’ambiente è molto luminoso, predominano il legno e il colore bianco delle pareti. Poco è cambiato nello stile dall’ultima visita di Emanuele, il locale è reso solo un po’ più caldo grazie a una serie di ninnoli dislocati in ogni dove, anche appesi al soffitto. Sono oggetti di recupero reinventati, opere di ignoti artisti della baraccopoli di Mathare (Nairobi).
L’atmosfera è piacevole. Sono tutti sorridenti. Anche lo chef, che siamo curiosi di conoscere meglio. Il modo migliore per farlo è assaggiando i piatti che più lo rappresentano. Ecco le sue proposte.
Amuse-bouche: Cannolo al basilico, uova di coregone, lime, Cracker al parmigiano, aringa affumicata, croccante alle nocciole, Finta ostrica (gelatina di alga kombu, succo di pomodoro, lime), Macaron alle acciughe, Cracker al malto d’orzo, maionese alle ostriche. Si comincia bene. Adorabile il piccolo “panino” di burro e acciughe in versione macaron.
Cipolla bruciata, alghe, fragoline di bosco fermentate. Il profumo delle fragoline è inebriante. La leggera acidità della frutta, dovuta alla rapida fermentazione, esalta la dolcezza della cipolla bruciata.
Pomodori, mandorle, tartufo, menta. I pomodori sono piccole bombe acidule, il tartufo… sa di tartufo e le gocce di menta sono molto fresche. A portare questi sapori in bocca è il latte di mandorle.
Seppia, pera, peperoncini verdi. Un tappeto di seppia, con sotto il suo nero, su cui volano i cubetti di pera, dolcissimi, e la fresca granita di peperoncini verdi. La seppia è frullata, messa in un sacchetto sottovuoto e appiattito con un mattarello fino allo spessore di un lenzuolo. Alla fine è cotta pochi istanti in acqua.
Pezzata rossa valdostana, piante di scogliera, ponzu. Questa è la storia di una vacca che pascola placida accanto a una scogliera, nutrendosi di erbe marine. Sarà per via del carattere della vacca o per la frollatura, ma è morbida morbida.
Pollo, mais, acciughe, fumo. Wow, wow, wow! Il pollo sa di fumo e di brace, la pelle è croccante e la carne succosa. Delizioso da gustare così com’è, o accompagnato dalle creme, quella fatta coi suoi fegatini e quella di mais. L’acciuga è in polvere.
Spaghetti, pomodoro giallo, lime, ginepro, lattuga di mare. La salsa, composta dai pomodorini gialli, erbe e spezie, ha il profumo e il sapore di una tisana. Ancora una volta una nota acida, quella del lime, confonde, sorprende e stuzzica l’appetito.
Ravioli di Genovese, sgombro marinato, fiori di sambuco. L’ossimoro nel piatto. Il gusto pieno e ruffiano della Genovese di carne e quello iodato e grasso del pesce azzurro vanno a nozze nonostante il parere contrario del buon senso comune. C’è pure il bouquet di fiori di sambuco. Che ci crediate, o no, è il matrimonio del secolo!
Ombrina, misticanza, conchiglie, aneto. Una nuova immagine si affaccia nella mente, par quasi di vedere la scena surreale: l’ombrina a spasso nell’orto con le vongole veraci. Erbaceo, aromatico. L’ombrina ha la pelle croccante e si sfalda in bocca.
Pancia di maiale, San Marzano, polvere di ceci. Un’altra cottura perfetta della carne, gustosa e delicata nello stesso tempo. Il San Marzano, dolcissimo, proviene da Procida. Quando si dice l’importanza della materia prima!
Pre dessert: Granita di rabarbaro Zucca, crema di arachidi salate. Un mini aperitivo milanese DOC, piacevole e fresco. C’è pure l’argomento da gossip: un gusto freddo dolce-amaro assieme al caldo burro di arachidi, che unione improbabile!
Ricotta, cenere, polline, bottarga. Ecco un altro (bel) piatto all’apparenza destabilizzante. All’apparenza solamente perché, al primo assaggio, uno si chiede come mai, in vita sua, non ha mai gustato un gelato spolverato da una grattata di bottarga di muggine. La leggera sapidità della bottarga regala guizzi di vivacità al gelato di polline. La cenere sulla ricotta tiene a bada le creme. Incredibile!
Issue de table: Melone al finocchietto, “Mikado” di cioccolato bianco, Tartufini alle mandorle, Macaron ai capperi, Biscotto di riso e zafferano, Cantuccini, Coppette di cioccolato con caramello salato e “Twix” al cioccolato affumicato. Una piccola pasticceria che può creare dipendenza, gustare con prudenza.
Ora finalmente è chiaro, la scomodità della cucina di Marco Ambrosino sta nell’accostamento di ingredienti solitamente non affiancabili e nel levare da ogni preparazione. Riunisce e toglie, aggiunge e scarnifica, spingendosi al limite. Fa credere che nei piatti manchi sempre un pezzo, ed è come se stessero sempre lì lì per crollare da un momento all’altro. Questa assenza inaspettata dapprima disorienta l’avventore poi lo stupisce perché il limite è in realtà un vantaggio. Il piatto è solido, con un suo equilibrio. Così lo spaghetto ha un’acidità di lime che non si smorza mai, sembra sbilanciato, ma è proprio l’acidità a rinnovare il palato dopo ogni boccone, permettendoci di percepire le erbe fino alla fine. Allo stesso modo il dessert finale, composto interamente da ingredienti cremosi, senza alcun elemento croccante di contrasto, pare una scelta azzardata. Si sa che troppe creme possono rendere il dolce stucchevole. E invece no, anche in questo caso non serve aggiungere altro perché entra in gioco la cenere, ricca di tannini, a mantenere il dolce gustoso e interessante. Insomma, ogni piatto ha il suo perché e nulla è lasciato al caso.
Spesa media, bere a parte, 60,00 Euro
Esistono 3 menu degustazione: 35 €, 5 assaggi a scelta; 50 €, 8 assaggi a scelta; 60 €, Menu a sorpresa creato dallo chef
Ristorante 28 posti. Via Corsico, 1. Milano. Tel. +39.02.83.92.377