Come la pensate su Tannico ora che Campari ha comprato il 49%?
L’altro giorno è arrivata la notizia.
Campari ha comprato il 49% di Tannico per 23 milioni. Con riserva di arrivare al 100% dal 2025.
Secondo gli invidiosi Tannico apparteneva al club “perdo tanto ma guadagno tanto”. Per anni è stato così. Ma nel 2019 ha venduto un milione di bottiglie nel mondo, fatturato 14,9 milioni di euro, aumentato i ricavi del 40%.
Cos’è Tannico?
Tannico è un’enoteca online fondata nel 2012 da Marco Magnocavallo con un gruppo di soci. Magnocavallo non è un sommelier. Non è un intenditore. Non è nemmeno uno di quelli che accostano scemenze a vini di valore partorendo eccessi di comicità involontaria. Miele di tarassaco di Okkaido, sigarette marocchine di contrabbando, violette appassiti tra i muschi.
E allora?
La storia di Marco Magnocavallo
La storia è così, short version: Magnocavallo, classe 1973, sul web ci stava già quando si navigava con Mosaic e la home di Yahoo! era grigia. Ha fondato una decine di imprese e messo a segno diverse “exit” (la parola magica che i digitali usano dandosi di gomito quando escono con cospicui ritorni dall’investimento in una società).
La più nota prima di Tannico è stata Blogo, un “network di blog” come si diceva nel 2004. Una cinquantina di testate verticali nate a imitazione di gloriosi e defunti blog americani quali Gawker, e poi vendute a suon di milioni. Ma a segnalare la vera ossessione di Magnocavallo, quella del “fondatore”, c’è un percorso che mette insieme editoria digitale, venture capital, e-commerce del vino.
Non essere un editorialista del Gambero Rosso o di Wine Spectator non ha impedito a Magnocavallo di occupare con Tannico uno spazio lasciato inspiegabilmente libero nel mercato italiano: valore 1,5 miliardi di euro solo per il vino premium, esclusa la grande distribuzione. Gli intenditori lo hanno sempre snobbato, refrattari all’idea che questo nerd milanese dall’aspetto algido avesse la capacità di diventare, detta in modo molto tradizionale, “leader di settore”.
A parte le doti imprenditoriali innegabili, non avevano considerato la capacità di sdrammatizzare il tema del vino parlando una lingua comprensibile a tutti. Si dice che il merito sia soprattutto di Juliette Bellavita, la compagna di Magnocavallo, di mestiere Brand & Communication Manager di Tannico.
Tannico è diverso infatti gli intenditori lo snobbano
In effetti, dal punto di vista di chi lo usa, il sito è semplice e piacevole. Suggerisce le etichette che piacciono, ha schede ben fatte con note di degustazione brevi e decurtate dai sentori idrocarburici. Dà spazio a cantine, storie, metodi di lavorazione, territorio. Così, grazie a un copywriting che parla una lingua diversa rispetto a quella di solito associata al vino, capita di collegare il vitigno alla cartina geografica, oggi diremo a una mappa di Google. E di lasciarsi affascinare da un rosso di Salina che fa pensare al mare delle Eolie anche a Milano quando fuori nevica.
Le critiche non mancano. I prezzi sono giusti ma solo quando c’è lo sconto, che se diventa regola fa molto volantino della GDO. Quando un vino conviene allora non è disponibile. Le grandi etichette sono poche, al compratore medio non interessano. E i piccoli produttori più eccitanti chi li ha visti? Ma è noto a tutti che gli snob sono anche chiamati lagne, niente li rende più felici di una bella lamentela. Il pubblico generalista invece pensa milanesemente che le sedicimila etichette per 2.500 cantine italiane proposte da Tannico non siano poi tanto male. E quando l’offerta è giusta si riesce anche a mettere giù l’ordine importante.
Poi c’è l’è-commerce. Non più relegato al ruolo di brutto anatroccolo dopo che le misure anti Covid hanno cambiato le abitudini d’acquisto degli italiani. Il nuovo senso di fiducia, consuetudine e gratitudine verso gli strumenti digitali ha fatto (ri)scoprire il piacere di comprare online. Non è un caso che il trend di crescita di Tannico si sia rafforzato durante la pandemia portando la società al break even gestionale.
Missione compiuta
E ora che, secondo il copione mondialista della nuova economia cannibale, vi diranno gli snob, Campari ha comprato il 49% di Tannico per 23 milioni, Marco Magnocavallo può consegnarsi alla banalità del linguaggio da CEO. “Con Campari abbiamo trovato il partner ideale per consolidare la leadership nel mercato italiano, puntare sull’estero e dedicarci all’apertura di un wine bar fisico a Milano” che solo l’arrivo del virus aveva allontanato.
Ma tanto gli intenditori snobberanno anche quello.