Dialoghi d’estate/17 Terracina da assaporare
Carissimi, mi unisco, buon ultimo, credo, alla richiesta del Direttore Vincenzo di documentare le nostre ferie.
Arrivo ultimo, lo so, ma son partito tardi! E mi sono rifugiato nel mio buen ritiro terracinese, una tranquilla villetta a schiera che fa tanto “seconda casa al mare dei romani anni 70”.
Già, perché Terracina e la sua costa, che va da San Felice Circeo a Sperlonga, ha rappresentato un classico approdo per coloro che partivano dalla Capitale con la voglia di tirare su la propria seconda casa, senza svenarsi per le ricche dune di Sabaudia e senza arrivare sino a Gaeta e al suo Serapo.
Sono legato a Terracina, ci vengo dal 1974, ero un bimbo, e ricordo Aldo Moro come vicino di casa – che passava i pomeriggi a guardarci giocare a pallone per strada alla fine del lungomare, accompagnato dalla moglie e sorvegliato a distanza dal poliziotto di scorta – così come Aldo Martellini, cui abbiamo fatto ripetere “campioni del mondo!” fino alla nausea per sentirci ancora al Bernabeu…
Ora molte cose son cambiate, ma qui rimane una certa aria di tranquilla familiarità che giova nel riposo estivo, nonostante i balli di gruppo la sera ai chioschi o lo sparire delle botteghe del centro per far posto alle solite marche di stracciaroli.
Ma qui si parla soprattutto di cibo, no?, e quali sono le tracce delle mie gastrovacanze terracinesi? Ovviamente, ci si nutre di mozzarella di bufala, che qui viene declinata in varie forme e pezzature, e arriva da produttori di zona o del vicino basso Lazio. E, fortunatamente, si trova anche della verdura decente, sebbene il mercato “monstre” di Fondi risucchi quasi tutta la produzione locale (le famose fragole di Terracina che, in mano alla camorra, si scopre vanno da Fondi a Milano per tornare poi sui banchi dei mercati romani!).
Poi, il pesce. Da qualche anno, forse vittime della moda o del profitto, alcune pescherie hanno addirittura affiancato la vendita al cucinato take away, con sciami di ragazzotti o famigliole che la sera fanno la coda (meglio: si azzuffano) per un cartoccio di frittura.
Io vado da Lello e Roberto Carpignoli (pubblicità non occulta), per abitudine e qualità della merce. La pescheria è fornitissima ed offre pesce di tutti i tipi, con particolare attenzione a quel pesce azzurro che molti scansano (stolti!). Oggi mi dicevano: a tanti che chiedono spigole e orate, noi offriamo dal cefalo o della spatola, per sentirci rispondere “magnatelo tu!”. Che peccato… E’ vero, è un peccato, ma la legge del mercato, specie l’estate e specie per certi tipi di pesce, è quasi imbattibile. Io, per il mio, domani sera mi farò un bel pesce spatola sfilettato…
Altro cuore di Terracina – tralascio la storia, ma Terracina è antica come e più di Roma, e ne porta traccia – è il mercato delle verdure. Lì, in una delle stradine, c’è una bottega che offre solo spezie, piante aromatiche e aromi, dalla treccia d’aglio ad otto (otto!) tipi di basilico diversi, da quello al limone (strepitoso mono condimento per carne o pesce) a quello nero crestato. Una perla, a poca distanza da quello che viene un po’ considerato come l’attuale migliore erede della tradizione terracinese in fatto di ristorazione, ovvero “Il Granchio”, locale quasi chic dalla solida cucina di pesce.
Già, la tradizione terracinese in fatto di ristoranti… Beh, chi ha superato una certa età forse ricorderà che per andare da Roma a Napoli e viceversa c’era solo l’Appia, e non l’autostrada. E Terracina, equidistante tra le due città, in quei tempi era la meta classica per la sosta pranzo. La mia infanzia è stata accompagnata da grandi cene da “Agostino a mare”, locale d’epoca – da anni soggetto a cambi di nome e proprietà – affacciato sulla spiaggetta del porto sotto Monte Giove. E poi tanti altri, alcuni ancora gloriosamente in attività come la “Tartana da Mario l’ostricaro”: un nome, una garanzia nella specialità frutti di mare (ma attenzione al conto!).
Come si chiude, se non con il dolce? Chi bazzica questi lidi, sa che la tradizione della bomba di notte è un dogma non trattabile. Il nome, su tutti, è Somma, storica pasticceria, ormai quasi una industria dove si fa la “seconda cena” con bombe e cornetti, sorseggiando latte, casomai al cioccolato (la leggerezza del menù estivo, anche in notturna).
Insomma, tutto molto tranquillo, ma arrivando praticamente ultimo, come detto, posso dire che mi sembra che la vera soddisfazione estiva è avere un posto del cuore dove perdersi tra ricordi che ancora esistono e sapori che continuano ad accompagnarci negli anni.
Per chi vuole, accetto di far da guida in zona, spingendomi fino a Monte San Biagio, patria della celebre salsiccia…. Pagamento in cibo, ovvio!