Vinitaly 2014. Immagini dal salone a partire dai vini estremi e dal tacco 12
Come pensate che si arrivi alla fine di una giornata di Vinitaly 2014? Me ne sono fatta un’idea stamattina, martedì 3 giorno di fiera dell’edizione numero 48, qui in sala stampa.
Dove ci rifugiamo un po’ tutti quanti per riprendere linea (cellulare), fiato e fare il punto della situazione. Parto da ieri perché sono riuscita ad andare al Cortina Wine Club, l’appuntamento nato da un’idea di Gianluca Bisol. L’obiettivo del Club è scoprire, conoscere e degustare i vini rari e prestigiosi, nati nei luoghi più estremi del mondo.
Mi sono avviata verso il Crowne Plaza Hotel (rigorosamente a piedi, considerando il traffico bestiale). Sono convinta di esser arrivata prima di quelli che erano in taxi: in questi giorni Verona è davvero congestionata. Sostituite le comode ballerine con il tacco 12 (noblesse oblige), entro in una sala piena di enoappassionati, pronti ad assorbire ogni goccio, ogni molecola aromatica dei 6 nettari.
Ci aspettavano due vini hawaiiani della cantina Volcano, uno della cantina De Martino del Cile e tre di Vigna 1350 di Cortina d’Ampezzo.
Vigne che crescono su piccolissimi appezzamenti, aggrappati agli scogli di montagne e di vulcano. Vengono coltivati in ginocchio, a mano, con grande passione e dedizione, e sono curati forse più dei figli. Da alcuni vigneti si raccolgono quantità, si potrebbe dire, ridicole di uva: 18-20 kg. Che consentono di produrre 12-16 litri di vino. Imbottigliati nelle bottiglie di 0,5 l, non facilmente reperibili. Per questo ci tenevo di esserci.
Ve lo dico subito: il vino che mi ha colpito di più, è stato il primo: Hawaian guava-grape wine di Volcano Winery. Al naso risultava aggressivo, sapeva di fiori dall’odore forte, praticamente marci, autunnali. In bocca cambiava completamente: sentivo il miele di frutta tropicale molto matura, ma assolutamente irresistibile. Sembravo una drogata, a sniffare il bicchiere e a centellinare quel liquido color paglia dorato.
Aspettavo lo stesso effetto da Red Volcano (sempre di Volcano Winery), ma in confronto al mix di guava e uva risultava molto pallido, nonostante un bellissimo colore rubino-fuxia. Molto secco, speziato, da una buona acidità equilibrata, sentori di piccoli frutti rossi hawaiani.
Il Syrah Alto Los Toros di De Martino, ha lo stesso brillante rosso rubino. Al naso mi arriva un mix di sottobosco e spezie, pepe garofonato. È un vino molto tannico ma fresco.
E siamo ai tre della Vigna 1350. Incrocio Manzoni. Giallo paglierino brillante, sa di fiori e frutta, come la montagna in piena estate. E poi pere mature e frutta bianca. Assomiglia un po’, per capirci, al Gewurztraminer.
Il Palava ha un colore chiarissimo che fa molto contrasto con gli aromi e i sapori: carico, dolce, sa di banana e di ananas maturo, ma c’è anche il pepe bianco e tanti fiori.
André è un Pinot Nero, ma non ha niente a che vedere con il suo solito colore chiaro e trasparente. È un rosso fuxia brillante. Naso? Se non sapessi che fosse il pinot, non l’avrei mai detto: colpisce molto da frutti rossi, spezie fresche e lamponi. In bocca finalmente ritorna essere un pinot che conosciamo, ma più elegante e rotondo.
Ecco, come base di partenza per una giornata al Vinitaly mi sembra buona.
Ad aprire questo martedì, la terza giornata di Vinitaly, è stato un incontro inaspettato.
[Disclaimer: non so se dirvi di fare refresh della pagina ogni tanto; potreste pensare che il vostro pc non va, ma è la mia linea che va a singhiozzo]
Ero in giro a fare le foto che ad un tratto vedo una bottiglia con la scritta molto famigliare: Antico Castello. Mi fermo, alzo gli occhi e riconosco il proprietario. E ricordo tutto. 3 anni fa, durante uno dei press tour per Irpinia, noi siamo finiti a fare una degustazione nell’azienda, e, dopo aver assaggiato il loro Taurasi, me ne sono innamorata. Non potevo rifiutare ad un assaggio non programmato, e allora eccomi, a mezza mattinata, con un bel bicchiere di rosso del 2008, Aglianico al 100%, 14,5°. Dovete sapere che l’azienda Antico Castello possiede 10 ettari di vigneti e produce dalle uve proprie. 4 ettari sono destinati ad Aglianico, 2 alla produzione del Taurasi.
Alla salute, ai graditi incontri e ai vecchi amici!
Intanto arrivano da Adriano Aiello, nume tutelare dei vini di Calabria qui su Scatti di Gusto, immagini dell’incontro dedicato al Morellino di Scansano Riserva 2009 Val delle Rose che è ai primi posti nella lista dei “Top 10 Best Value Wines in the World” nella fascia di prezzo “around 20 dollars” secondo il “Wine Searcher”.
Andrea e Cesare Cecchi hanno chiamato Davide Oldani, fondatore della cucina POP con il suo D’O, a indagare un abbinamento qualità prezzo per sottolineare il concetto di eccellenza accessibile.
“Abbiamo conosciuto Davide nel 2010 e abbiamo avuto fin da subito un ottimo feeling. Davide è un professionista che lavora con serietà e devozione. Un cuoco imprenditore che ha capito la centralità del ruolo del consumatore. Sono felice di aver creato un momento di collaborazione con lui a Verona dove, seppur in un contesto movimentato, possiamo condividere insieme a tante altre persone, le nostre passioni” dice Andrea Cecchi.
E poi è anche apparsa anche Tiziana Stefanelli e con lei la conferma che gli chef sono sempre più star. Non so se avete visto il servizio di Davide Oldani e la compagna Evelina Rolandi alle prese con l’acquisto della carrozzina per il nascituro. Su Vanity Fair, proprio come i vip dello spettacolo.
Gira che ti rigira, mi trovo vicino al padiglione della Sardegna, e allora ecco il pensiero fisso: devo andare a trovare Siddùra, la cantina che ho conosciuto a settembre dell’anno scorso a Porto Cervo. Cantina incantevole, che ho visitato in privato, vini molto lontani dagli stereotipi sardi, che si distinguono per la finezza ed eleganza. La cantina è stata messa in piedi da un imprenditore di successo tedesco, che operava nel settore della moda, ma che, ritrovatosi in Gallura, si è innamorato di una proprietà abbandonata. Siddùra, appunto.
Oggi ho degustato per voi tre dei loro vini, che vi raccomando di assaggiare se ne avrete un’opportunità.
Il primo è un Vermentino, Bèru, radice della parola etrusca “vermentino”. Nulla a che vedere con i vermentino che conosciamo. 18 mesi in botti di rovere, 6 mesi in bottiglia regalano al vino un’eleganza unica, alla francese. Bèru ha vinto una medaglia d’oro al recente Prowein.
Il secondo vino è un classico Cannonau in purezza. Si chiama Fòla, cioè, favola. Vinificato completamente in acciaio, è affinato in botti di rovere per 6 mesi e prima di essere in commercio, passa 3 mesi in bottiglia. Vino giovane insomma, del 2012, 14,5°, ma assaggiatelo e vi stupirete. Molto equilibrato, armonioso, intrigante, è davvero una favola.
Il terzo vino si chiama Tìros, “vino” in antico etrusco, ed è una Limited Edition che conta solo mille bottiglie. Sempre a Prowein, Tìros ha preso una medaglia d’oro e un motivo c’è. Insoliti i vitigni per le terre sarde, 70% di Sangiovese e 30% di Cabernet. Un anno in barrique e due mesi in bottiglia. Poco? Sarà, ma se lo avvicinate al naso, sentirete una raffinata miscela delle spezie sconosciute, e in bocca non ha nulla da invidiare ai Super Tuscan.
Forse storcerete il naso pensando alla tendenza che vuole vini estremamente locali e localizzati, ma mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate dopo averli assaggiati e affidandovi solo al piacere della bevuta senza troppe analisi tecniche. Fidatevi.
Io passo e chiudo. C’è ancora un mondo di vino che mi aspetta oltre lo spazio della fiera.