10 ristoranti museo da visitare, e assaggiare, almeno una volta nella vita
“Impara l’arte e poi siediti a tavola” potrebbe essere il mantra degli amanti del bello dopo il classico “Anche l’occhio vuole la sua parte”.
Associare la visita al museo a un buon pasto è un vero e proprio godimento. Far parte di questa schiera di appassionati significa non perdere occasione per tentare l’accoppiata.
Il tandem piace anche a chef e direttori dei musei che attirano schiere di autoctoni e turisti non soltanto per l’offerta culturale, ma anche per le virtù gastronomiche. E noi ringraziamo.
Ecco una carrellata di musei che meritano un assaggio nelle vostre prossime vacanze.
1. Nerua – Guggenheim Museum (Bilbao)
Dietro a questo ristorante stellato Michelin c’è un grande architetto – Frank Gehry – un grande museo d’arte contemporanea e un grande chef, Josean Alija. La sua mano in cucina è elegante, proprio come l’ambiente minimalista che si impone tra le sale del locale, ubicato all’interno del museo ma con accesso indipendente. La cucina è a vista e sforna le sue specialità, dalla cipolla bianca, fondo di baccalà e peperone verde al carré di agnello con quinoa, carote e mostarda. Vicino al fiume da cui prende il nome, il Nerua di romana memoria, il ristorante convive all’interno del museo insieme a un bistrò certamente meno pretenzioso. Cenare davanti alla cucina di Alija, però, deve essere tutt’altra esperienza.
2. The Modern – MoMA (New York)
Se non vi basta che si trova all’interno di uno dei più rinomati musei di arte moderna e contemporanea, The Modern gode, oltre che di una stella Michelin, anche di una delle viste più incantevoli di tutta New York e, probabilmente, del mondo: quella sul giardino delle sculture del MoMA. Passando oltre il bar, dove pare diverse celebrities facciano colazione, e arrivando alla dining area, il menu firmato dallo chef neoarrivato Abram Bissell propone piatti semplici come l’insalata di asparagi, ma osa con il foie gras e il maialino cotto a fuoco lento con soppressata e mandorle. Rivisitando il titolo di una delle più belle esibizioni che io abbia mai visto all’interno del museo, quella di Marina Abramović, non solo ‘the artist’, ma anche ‘the food is present’.
3. Phármacia – Museu da Farmácia (Lisbona)
Se non fosse per il ristorante, probabilmente, il museo della Farmacia tra i sali e scendi di Lisbona sarebbe poco noto ai turisti. Lo spazio, che espone svariati oggetti inerenti alla medicina e provenienti dalle più disparate epoche (oltre a ospitare le ricostruzioni di diverse farmacie del passato), è noto grazie al ristorante omonimo. Oltre a servire meravigliosi petiscos – il corrispettivo lisbonese delle tapas – l’atmosfera ricostruisce in tutto e per tutto quella di una farmacia. Dal menu-ricettario all’acqua servita in un contenitore per soluzioni fisiologiche, dai condimenti all’interno di una cassetta del Pronto Soccorso fino alle pareti riempite da finte scatole di medicinali. L’atmosfera è parecchio surreale, la vista sul Miradouro de Santa Catarina mozza il fiato, e gli ‘spuntini’ portoghesi sono una vera raffinatezza: l’ultima volta che sono stata, ho ordinato crocchette di anatra, involtini di melanzane con formaggio di capra e menta e, per finire, una sontuosa chocolate pie con panna e crema di ciliegie. Tutto fuorché un pasto da ammalato!
4. Combal.Zero – Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli (Torino)
Inserita nella splendida cornice del Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, dal quale riprende le forme moderne ed essenziali, la cucina di Davide Scabin, premiata di due stelle Michelin, non ha bisogno di molte presentazioni. Accanto all’ex residenza sabauda dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, restaurata e riaperta nel 1984 e su cui si affacciano le vetrate del ristorante, lo chef delizia i propri ospiti con i ravioli di nervetti in brodo di jamon de Bellota 5J e ostriche, la zuppizza e l’ormai passata alla storia fusione a freddo o il cyber egg. All’imbocco della val di Susa, la cena è regale sotto ogni aspetto.
5. Le Georges – Centre Pompidou (Parigi)
Situato al sesto e ultimo piano del Centro nazionale d’arte e di cultura Pompidou, anche in questo caso il ristorante non manca certo della vista privilegiata sulla città. Non saranno le sculture del MoMA, ma Parigi tutta ce l’avrete in mano. Il Centro, che nacque per volontà dell’omonimo Presidente della Repubblica francese, comprende non soltanto una grande biblioteca pubblica e varie strutture dedicate all’arte, ai libri, design, musica e cinema, ma anche un locale dove rifocillarsi dopo aver visto la collezione di circa 70 mila opere (!). Chateaubriand, côtes de veau e oeufs Benedict: se il menu parla troppo francese, il consiglio è quello di salire comunque all’ultimo piano e fare tappa al Pink Bar, un vodka bar futuristico da cui dominare la Ville Lumière.
6. Giacomo Arengario – Museo del Novecento (Milano)
Siamo a Milano, e non a Parigi, ma la sensazione di dominare la città, e nello specifico il Duomo con tutta la sua piazza, è la stessa. Il fiore all’occhiello del ristorante del Museo del Novecento, un omaggio all’Art Déco, è rappresentato dalla veranda da cui sembra di poter toccare la cattedrale. Così, dopo aver visitato la galleria ricolma di opere d’arte del XX secolo, all’interno del Palazzo dell’Arengario, il passaggio da Giacomo, la cui gestione è la stessa di una delle colonne portanti della ristorazione meneghina, Da Giacomo di via Sottocorno, è d’obbligo: piatti della tradizione milanese, portate a base di pesce e, soprattutto, l’irrinunciabile ‘Bomba’ dolce finale.
7. Restaurant Acropolis – Museo dell’Acropoli (Atene)
Una rapida occhiata ai commenti che circolano sul web a proposito di questo ristorante non fa presagire una cucina stellare. La qualità, dicono, sia buona, ma niente di speciale. Quello che è speciale, senza ombra di dubbio, è la vista sul Partenone che si gode dal ristorante e caffè dell’omonimo museo, che proprio alle pendici della rocca raccoglie i materiali rinvenuti sull’Acropoli. Sulla terrazza posizionata esattamente davanti alla cittadella i piatti da gustare sono quelli della tradizione ellenica: gambero di Alexandroupoli con ouzo e zuppa di trachanas, ma anche l’ever green dell’insalata greca e, naturalmente, feta a volontà. Davanti all’Acropoli illuminata, comunque, anche solo un caffè è un lusso.
8. The Hermitage Restaurant – Hermitage (San Pietroburgo)
Il museo Hermitage di San Pietroburgo, fondato 250 anni per volontà di Caterina La Grande, è la sede oltre che di una serie pressoché infinita di opere, anche di un ristorante che mette in tavola ricette che arrivano direttamente dall’era imperiale russa. Perchè i commensali si calino meglio nel ruolo degli zar, il menu mette a disposizione specialità come il borscht, zuppe a volontà e la babka al cioccolato. Il consiglio è di cenare nella stanza – una delle dieci, per un totale di 1.500 metri quadrati- che affaccia direttamente sulla Piazza del Palazzo: i Romanov non sono mai stati così vicini.
9. Open Colonna – Palazzo delle Esposizioni (Roma)
Dentro al Palazzo delle Esposizioni, l’edificio neoclassico che domina via Nazionale, a Roma, c’è la cucina di Antonello Colonna, che qui si è spostato nel 2007 all’interno di questa colonna, per l’appunto, portante dell’arte capitolina. La formula scelta per pranzo è quella del buffet nei giorni feriali e del brunch nel fine settimana. Grande assortimento di portate, open space piacevole e luminoso dove sostare, servizio garbato ma informale: tutto fa pensare che un pranzo rapido e sfizioso se capitate da queste parti sia la scelta giusta. Vi cito solo il Negativo di Carbonara per farvi comprendere l’arte della cucina romana. In questi giorni, però, buttare un occhio alla mostra su Pasolini è allo stesso modo un obbligo!
10. Tate Modern Restaurant – Tate Modern (Londra)
Il ristorante al sesto piano del tempio londinese dell’arte merita uno stop, anche in questo caso, per la vista e per la pluripremiata carta dei vini merito del sommelier Hamish Anderson. Chi c’è stato, però, giura che anche il menu è di quelli che valgono: a dominare, le portate a base di carne e una lunga lista di dolci, da gustare con affaccio direttamente sul Tamigi, su St. Paul e sul Millenium Bridge. Il suggerimento più gradito? Prenotare il tavolo con la vista migliore e godersi il panorama.
Io il mio giro per tavole di musei lo avrei terminato. Ma sono sicura che mi indicherete altri indirizzi in cui provare la sindrome di Stendhal al cospetto di un’opera d’arte e o di un quadro.
[Immagini: ritournelleblog, Caterina Zanzi, alifewortheating, paris.selliance-travel,museumchick, ratupi7, vivreflanersamuseretrever, Flickr\pugwash00, Vincenzo Pagano, Franca Formenti]