Bistrot a Parigi. Innamorarsi di una tavola a piccolo prezzo nell’XI
Parigi. Giovanna è una cara amica che ha lasciato la natale Venezia per trasferirsi a Parigi. E’ direttrice di un importante cabinet d’architecture che è ubicato nell’11mo arrondissement dove una volta c’erano fabbriche e locali artigianali dedicati al mobilio. Uno di quei quartieri orientali della Ville Lumière che hanno scalato le posizioni nelle preferenze dei parigini. Ho pensato al bistrot in cui ci capita di pranzare quando vado a vedere i nuovi progetti che lo studio realizza. E’ stato così quando ho visto la bella superficie vetrata che ha disegnato la Cité Internationale de la Dentelle e de la Mode a Calais. E siamo andati lì anche in occasione dell’ultimo Maison&Objet quando abbiamo chiacchierato del progetto bellissimo del ristorante l’Aspheme per gli spazi dell’Opera Garnier e degli ombrelloni riscaldati che avrebbero permesso di utilizzare lo spazio all’aperto. Un interessante oggetto di design.
Leggevo di Guenda, la giovane lettrice di dissapore, che cercava un luogo speciale per rendere indimenticabile la prima volta di Parigi. Io non avrei dubbi: l’Art Home (che va letto Arôme), il ristorante installazione temporanea sul tetto del Palais de Tokyo. Ma per colpire veramente e dimostrare che si conosce i posti giusti (senza dilapidare una fortuna) il bistrot di Stephane Chevassus è imbattibile: menu a 13, 50 € a pranzo (con una entrée e un plat o un plat e un dessert) e formule a 28 o 33 € la sera.
Pensate che sia un posto da precottini? Ebbene vi sbagliate. Qui, girato un angolo di Rue du Fabourg Saint Antoine, la grande strada che ti porta a Place de la Bastille e alla mozzafiato Place des Vosges, c’è l’insegna che segnala il bistro “Au Vieux Chêne”. Atmosfera parigina romantica e una filosofia di cucina etica, come la definisce Stephane. Che tradotta (proprio come la descrive): “Contro un’agricoltura ultra intensiva e irrispettosa dell’ambiente. Per un rapporto diretto e umano con fornitori appassionati del proprio mestiere. Per un rispetto delle stagioni, le uniche a garantire qualità e freschezza. E soprattutto per il gusto!” Stephane assicura che una sardina grigliata o un radicchio accompagnato da una tartina di burro semi salato possono eguagliare il piatto più raffinato se procurano un’emozione. In cucina l’obiettivo è di tenere la barra al centro tra il buonissimo semplice e il buonissimo sofisticato. Per far questo, la carta è volutamente corta e permette anche di prendere un solo piatto. O due entrate. Contemporaneo ma sempre con un occhio alla ricetta della nonna.
Insomma un manifesto del buon cibo che io ho apprezzato anche nel pranzo (di fine gennaio) in cui è proposto semplicità e maggiore rapidità rispetto alla sera. Volete sapere com’è la crema di crescione? Delicata ma non arrendevole. E il paté di cotica? Bello, presente con il suo piccante accompagnamento di cetriolini. E non dispiacerà nemmeno la salsiccia con il sangue di maiale (boudin noir) alle castagne con purè di zucca. Tutt’altro.
Abbiamo ordinato i tre piatti proposti nel menu: il coniglio con le patate schiacciate, la rana pescatrice con il cavolo e il vitello appoggiato sul riso. Piatti semplici ma non scontati. E Stephane dimostra di saperci fare con materia di ottima qualità.
Due soli i dolci del mezzogiorno, una crème caramel al rosmarino e una torta al cioccolato con crema inglese, che abbiamo aggiunto al menu con un sovrapprezzo di 3,50 €. Se dovessi mettere un voto considerando il rapporto prezzo-qualità andrei fuori scala. A dimostrazione che anche nella mitica Parigi è possibile evitare di essere truculenti ed evitare di sventolare carta moneta di taglio grasso. Insomma, la classe non è acqua anche se noi siamo andati a “petillante” (frizzante) dovendo tornare al lavoro. (P.S. Guenda, se vai a Pasqua, la vecchia quercia è chiusa).
Bistro au Vieux Chêne. 7 rue du Dahomey, 75011 Paris. Tel. +33 (0)1 43 71 67 69
Foto: Francesco Arena