Armageddon. Ecco il giudizio definitivo
Era una torrida giornata estiva quando sul web inizia a girare una stroncatura di Arcangelo Dandini firmata dalla blogger e critica americana Katie Parla. Il suo giudizio è tranchant: apocalittica. In un sussulto nazionalista nasce l’idea di una cena riparatrice. L’Armageddon. Katie aderisce dalle colonne di Scatti con istintivo fair play. E noi le siamo grati (anzi, se questi sono i risultati, speriamo in prossime, apocalittiche, stroncature). La cena del giudizio definitivo si tiene al cambio data del 10.10.10. Abbiamo diviso la tavola del giudizio: Katie (a capotavola) e tutti gli altri. Ecco come è andata nel racconto di Katie. (V.P.)
A maggio avevo pranzato all’Arcangelo. Esperienza assai deludente fra coniglio crudo, coda riscaldata male, cassatina terribile. Insomma, avevo mangiato male e avevo pagato tanto (76 euro, anche se dal conto venne tolto il costo del coniglio). Dopo quell’esperienza non sarei tornata alla tavola di Arcangelo Dandini tanto in in fretta, ma mi è stata proposta questa cena organizzata da Scatti di Gusto e non potevo rifiutare.
Il menu della cena apocalittica combinava alcuni piatti che avevo assaggiato a maggio e altri che non avevo mai testato. Alla fine, per me, c’e’ stato un miglioramento notevole nell’esecuzione tecnica delle portate, ma alcune componenti presenti nei piatti di Arcangelo ancora non mi convincono.
I migliori piatti
Se esistesse una santissima trinità, sarebbe formata dai supplì, dalla pasta cacio e unto e dagli gnocchi di patate all’amatriciana. Questi tre piatti mi hanno fatto comprendere cosa vuol dire mangiare “divinamente”, come dicono tanti, dall’Arcangelo. Gli gnocchi, in particolare, erano straordinari, e gli ho assegnato un “perfect 10”, altri addirittura un 14,8 su 10! Ma attenzione, non si trovano nella carta ed erano preparati nello stile di Sora Lella solo per la nostra serata. La pasta cacio e unto (cioè la gricia) era molto al dente ed esattamente come a me piace. Non tutti sono stati d’accordo con la cottura. Pagano, per esempio, “mangerebbe pure la pasta cruda dalla scatola”, ha scherzato Dandini, mentre qualcuno avrebbe preferito una cottura leggermente più lunga. I supplì erano eccezionali ed a me è piaciuto l’utilizzo delle rigaglie di pollo insieme alla carne macinata.
Gli altri piatti
Viaggio tra il lago Regillo e Rocca Priora (frittata di ramolacce; ricotta e mosto; baccalà e pancotto; coniglio fritto, fette biscottate e polline). Le piccole portate messe su un unico piatto erano buone, ma per me mancava un legame tematico, un motivo del mettere a fianco baccalà e ricotta. Un collegamento che si trova, invece, nei Quattro Passaggi. Come già scritto sul mio blog dopo la visita di maggio, la presenza delle fette biscottate con il coniglio fritto l’ho trovata inutile. Un prodotto del genere non apporta molto al piatto e avrei preferito una fetta di pane di Lariano tostato.
Quattro passaggi di un tormento aromatico più uno (maritozzo, panna acciughe e caffè; quaglie cicerchie e lavanda; pane, porchetta e caramello; animelle, aringa e buondì Motta; coda di bue alla vaccinara e fave di cacao): molto buono, come l’altra volta, il dolce con le acciughe. Anche migliorata la quaglia. Per quanto riguarda la coda alla vaccinara, era abbastanza buona e servita ad una temperatura uniforme. Ma, ironia della sorte, a maggio i sapori mi erano risultati più complessi e ricchi. Animelle e aringa sono sempre ottimi, ma, come l’altra volta, sono contraria all’utilizzo del buondì.
Il cioccolato bianco liquido, capperi, zenzero e olio di Giulio Campello è particolare. Gli aromi dell’olio sono gradevoli e mi è piaciuto il contrasto di consistenza fra lo zenzero candito e la zuppa di cioccolato bianco. Però, detto questo, ho trovato la presenza dei capperi superflua e se nel titolo non fosse scritto “cioccolato bianco” non avrei mai indovinato la sua presenza.
Alla fine ho dato alla cena un voto di 7,6 su 10. Qualche punto se n’è andato per la presenza delle fette biscottate e del buondì Motta, altri per il panino di porchetta (per me poco interessante come concetto in un secondo piatto) e per il dolce. Il punteggio medio del gruppo è stato 8,5, non lontanissimo quindi dal mio voto.
Ho cambiato idea sul locale e la cena di sabato sera mi ha permesso di assaggiare più cose e di arrivare con idee più chiare sul ristorante. Il talento dello chef si vede soprattutto nei suoi piatti brillanti della tradizione romana, piatti che non avevo ordinato nella mia ultima visita. Altri piatti sono validi ma non raggiungono l’altezza della pasta cacio e unto e degli gnocchi.
E’ chiaro che l’esperienza è stata diversa rispetto a quella in cui sono andata da sconosciuta. Ed e’ pure vero che quando vai ad un ristorante del genere bisogna ordinare i piatti per cui quel locale è rinomato (anche se, in un ristorante di un certo livello, tutto deve essere buono). Ma sono contenta di esserci stata insieme ad alcuni “raccomandati” ed aver visto di cos’è capace Arcangelo che ha meritato una “second chance”.
Le puntate precedenti sul giorno del giudizio e sul menu.
Foto: Vincenzo Pagano