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Vino
7 Aprile 2011 Aggiornato il 6 Aprile 2019 alle ore 20:13

1 | Vinitaly in diretta. Ecco le prime valutazioni in scatti [aggiornamento]

Amici, ecco come Black Mamba ha inaugurato il suo Vinitaly ieri sera alla Bottega del vino grazie a un ammiratore sconosciuto che ringrazio nuovamente!
1 | Vinitaly in diretta. Ecco le prime valutazioni in scatti [aggiornamento]

Amici, ecco come Black Mamba ha inaugurato il suo Vinitaly ieri sera alla Bottega del vino grazie a un ammiratore sconosciuto che ringrazio nuovamente! (C.Lauro)

Il Vinitaly comincia oggi? Sbagliato. Per un certo numero di critici e operatori è iniziato ieri. Il taglio al nastro lo ha dato la friulana Annalisa Zorzettig (attenzione, pronunciare la “g” finale come quella di gioco, e non come la ‘gh’ di ghiro), presentando la nuova linea di famiglia ‘MYO’, mio in furlàn, parola refrain di antiche filastrocche tradizionali in lingua madre con cui, improvvisando a braccio, i contadini raccontavano ‘la mia terra, il mio raccolto, il mio focolare’, e via così. Antichi i versi, modernissimi (ma da vigne 30-60enni con apparati radicali da otto metri) i vini, a caccia di leggerezza e taglio minerale, favoriti dai terreni marnosi e ricchi di arenarie. Il primo giro è quasi tutto 2010 (annnata difficile e iper bagnata); ma soprattutto Ribolla (riportata al mondo originario dei 12-12,5° di alcol, acida senza asprezze, sapida e fresca a volontà) e Pinot Bianco (davvero da metterci attenzione per potenziale di naso e di avvolgenza senza eccessi) dicono già la loro. Diverso il discorso sui rossi (sentito solo il Pignolo 08) che il ‘maker’ Fabio Coser (quello della macerazione pellicolare bianca con i vinificatori Ganimede e, per intenderci, quello di Ronco dei Tassi), subentrato in vendemmia 09, ha raccolto già in strada. Da sentire poi (non pronti) Refosco e Schioppettino. L’impressione, la prima, è bella. Grezza ancora (e in questa fase di vita come non?), ma promettente. La cucina di Perbellini? Una certezza. Anche quando, come ieri sera, the big one Giancarlo è a cucinare per Zaia und ministros y piezos grossos vari, e non è ‘in casa’, tutto va come un orologio del Veneto, cantone ameno di un’altra Svizzera possibile. (A.Paol.)

Moscato dello Zucco. Questo vino dolce è ottenuto da uve di moscato bianco 100% nella zona di Partinico vicino a Palermo, dove l’azienda ha la bellissima cantina e una parte degli oltre 400 ettari di vigna. Appassimento in cantina dopo pressatura dolce. Fermentazione in caratelli di rovere. In bocca ha note di frutti bianchi, pesca e albicocca. complessità espressiva e struttura in perfetto equilibrio con l’eleganza e la persistenza. Si tratta di un vino storico, recuperato da Cusumano nella tradizione siciliana. L’idea nasce nel 2000, ha ricordato Diego Cusumano, quando vennero impiantati i vigneti mentre la prima vendemmia è del 2007. Ma la storia del Moscato dello Zucco affonda le su radici nell’800. Henry d’Orleans duca d’Aumale, nel 1853 in esilio in Sicilia, decide di acquistare dai principi di Partanna seimila ettari del feudo dello Zucco, nei pressi di Terrasini e di iniziare la produzione di moscato. (C.Lauro)

H. 13:00 faccio il mio ingresso al Vinitaly, per l’ennesima volta, la prima però in versione scattidivinitaly. La cosa strana è che quest’anno il sole scalda un’aria estiva innaturale. La prima avventura è trovare un badge per contenere il mio pass stampa tecnologicamente inviato settimane prima, alla fine desisto e vado in sala stampa per procurarmene uno. Scelta sbagliata: trovo il badge ma perdo un sacco di tempo nei saluti di prammatica. Dopo un’ora giusto il tempo di uscire e beccare il mio Complice… Antonio Paolini e via ad assaggiare. (A.Bocch.)

Si inizia con l’alto Adige, stamattina sono partito da li e imbattermi negli stand di KofererHof e Gumphof mi sembra un segno premonitore. Due batterie di vini notevoli e interessanti di cui parleremo. Su tutti quello che ci ‘stranisce’ è il Kerner R 2009, un vino famoso e di cui si è detto tutto, in questa versione 2009 con profumi composti e vivi r il frutto croccante sostenuto da una bella nota tostata e borgognotta. In bocca ancora giovanissimo e dalla chiusura piacevolmente sapida. Ci impressiona la mineralità che già si intuisce in sentori intensi di pietra focaia e silicio. 4 scatti (A.Bocch.)

La batteria di Gumphof è altrettanto interessante, vini apparentemente semplici e immediati, ma fini e eleganti. Su tutti ci strabilia il Gewurtztraminer 2010, tutto gestito in freschezza e piacevolezza. Al naso profumi agrumati di mandarino, poi note tipiche. In bocca stupisce: un gewurtztraminer senza zucchero, teso, agile e beverino perfetto per la calura estiva, poi all’assaggio potente e in progressione. Un gran bel vino. 3 scatti. (A.Bocch.)

Finito alle 14.30, c….o è tardi, il tempo di andare a salutare un’amica (Federica Morricone di Villa Medoro) e abusare della sua ospitalità oramai proverbiale, nel nuovo stand al pad 7. Lo stand è bellissimo, il cerasuolo piacevolissimo come al solito e la compagnia deliziosa…

… Si continua e siccome la vita di noi degustatori non è tutta rose e fiori, dobbiamo guadagnarci il nostro frugale pasto. Del Cerasuolo 2010 di villa Medoro già vi ho detto: delizioso e irruente come la sua proprietaria. Un ‘vinello’ ad alto rischio di bevibilità, perfetto per accompagnare un pasto o per un bicchiere fuori orario (1 scatto abbondante), ce ne beviamo una bottiglia prima di chiederci, perché? (A.Bocch.)

Ma quello che davvero ci colpisce è il Chimera, ha abbandonato il taglio con la falanghina, che in verità non ci aveva mai convinto, per diventare un trebbiano non filtrato integro e godibilissimo. Usuali i toni di tostato tipici del vitigno, ma poi anche un bel frutto maturo e netto retto da una bellissima e tipica acidità, 2 scatti.

Houston c’è un problema. Il vino italiano lo bevono all’estero e non in Italia!

La domanda è un po’ come quella che si faceva il buon Nanni Moretti in Ecce Bombo (mi si noterà di più se vado alla festa, o se non ci vado?), e tradotta suona così: dobbiamo essere più contenti della crescita del valore di un export che (con un più 12%, sia pure maturato su un precedente risultato critico) tocca i 3,93 miliardi di euro di valore, o allarmarci di più per il calo drastico (e ahimé, probabilmente irreversibile, salvo apporto futuribile da immigrati, in cui tutti quelli con un po’ di sale in zucca e non pervasi dall’opportunismo ideologico manipol-leghista, debbono oggi confidare) del 4,8% dei consumi interni, che ha portato il loro valore a 3,89 miliardi?

Non si tratta di scegliere, è chiaro. Se, di nuovo, c’è un minimo di discernimento in giro, e visto il treno dei nuovi mercati (se non lo agganciamo a dovere siamo perduti!) asiatici, sud e centroamericani e di confine con la vecchia Europa, la forbice non solo potrà, ma ‘deve’allargarsi ancora. E molto. Ma questo non significa abbandonare come un esercito in rotta gli avamposti e le fortificazioni interne, unica garanzia tra l’altro di una reale continuità, un anello di congiunzione tra quel che portano gli stranieri a casa e quel che verranno a bere da noi, unico sigillo di preselezione di qualità, e garanzia anche per loro. Guai a farlo. E guai a non rendersi conto che, per far questo, il mondo del vino italiano deve remare compatto per un reindirizzo degli affari nazionali verso la crescita; verso il riavvio generale dei consumi e della sicurezza; e per la fine della distrazione perenne e perniciosa su problemi apparentemente enormi, ma che assolutamente poco ci riguardano, essendo di pochi, quando non di uno.

Ps i dati sui consumi sono di Coldiretti, che indica anche cifre di vendite italiche in aumento su Russia, Cina, India brillanti in apparenza, ma riferite a volumi di fondo ancora mini. E certifica però al contempo che una famiglia italiana media spende 19,7 euro al mese in acqua minerale contro 12 in vino. Qui Vinitaly (Acquitaly prossimamente?). A voi, Houston… (A.Paol.)

Giusto il tempo di ringraziare la nostra ospite e di nuovo di corsa ad un altro stand di due amici, Claudio e Maria Tipa, anni fa sono sbarcati in quel di montecucco rivoluzionando la zona e spandendosi fino a Bolgheri per rilevare uno dei marchi che più mi piacciono: Grattamacco. Assaggiamo una batteria di vini interessanti e riconoscibili, ma il Grattamacco 2008 mantiene tutte le promesse che il millesimo aveva a Bolgheri. Al naso ci stravolge con un frutto intenso e dalla maturazione millimetrica, anche un bel tono scuro di humus e di terra. Ancora un bimbo, ma già godibilissimo e irruente. In bocca la trama tannica è intensa e addomesticata, con una bella tessitura tannica. Al palato succoso e morbido, retto dall’acidità che non è mai mancata a questo vino, ma composta e piacevolissima. 4 scatti. (A.Bocch.)

Castelvecchio Carso, spumante in trincea

Dice Saverio Di Giacomo, il direttore (la famiglia Terraneo, un nome in temissima, è quella proprietaria): “Siamo sul Carso, dunque siamo abituati a stare in trincea… Questo è un Brut da trincea, perché sa com’è, in Friuli stanno salendo le truppe del Prosecco, un nome che tira, fa mercato facile, audience, ma va a detrimento dei vitigni nostri locali. Qualcuno li spianta. Noi con queste bolle li difendiamo”.

Queste bolle nascono sul Carso, il Kras dei vicini sloveni, doline, crepacci, terra rossa un filo, spostata dalla bora quando tira e, sotto, roccia, dura, tosta, crapona, ma che è quella che regala alla vute, ancorata a botte di bisturi (sposto velo terra, taglio roccia, rimetto tera, pianto vite) nella zona d’altura che va su da Sagrado fino al confine di Monfalcone. Un posto dove per trovare l’acqua che la roccia carsica non trattiene si scava fino a 200 metri, 80 sotto il livello del mare, per trovare un pozzo buono e irrigare (soccorso, ovvio) usando un brevetto israeliano fatto per le terre aride. E’ qui che Castelvecchio ha 40 ettari di vigneto quasi eroico, 70% rossi (in primis il Terrano, Refosco istriano dal peduncolo verde) e poi Malvasia, Sauvignon, e via andare. Tra questo andare, ecco le 7.000 bottiglie di Brut, charmat lungo, Pinot Grigio e Terrano (eccolo là!) vinificato in bianco, che con la sua acidità drastica e puntuta non teme certo l’operazione. E che, basso di zuccheri com’è, assicura anche alcol molto umani. Terroso, minerale, piacevole, il Brut di trincea costa 6 euro ai ‘professional’ e 7,50 a chi passa di là (c’è anche una gostilna, un punto mescita e ristoro con prodotti locali, dal classico prsut in poi) e vuol portarselo a casa. A luglio, poi, è in arrivo un Rosé 100% Terrano (sempre charmat) e in prospettiva, con 15 ettolitri messi in prova, un metodo classico. Ci piace, ci piace… Più vini del Carso, meno vini del c… (A. Paol.)

Oscar Farinetti perplesso per il girotondo dei ministri per le Politiche Agricole

Mr. Eataly, al secolo Oscar Farinetti, già preabbronzato (e sì che lo aspetta la traversata in barca a vela con “sailor” Soldini al comando, in missione Barolo verso gli Usa) è uno di quelli che non la manda a dire. Più che altro, la dice. E in questo caso, visto che non è riuscito a dirla in diretta ieri sera alla cena di gala per l’inaugurazione del Vinitaly (l’interlocutore che voleva, il neo ministro Romano non c’era, e oggi è ripartito di corsa per andare a sostenere con il suo voto il governo in Parlamento, precettato come tutti i ministri-deputati) la dice a Scatti: “Se qualcuno – debutta Farinetti, – metti un cinese, metti un marziano, gettasse uno sguardo sereno sull’Italia, impiegherebbe dai trenta ai sessanta secondi, se lucido e presente, per capire quant’è importante per noi, e che razza di risorsa è l’agroalimentare. Ciò fatto, ne tirerebbe come logica deduzione la conclusione che se c’è da noi un ministro importante, comunque uno di quelli davvero importanti, è il ministro per le Politiche Agricole. Ci siamo? Senonché, ecco il marziano che si riaffaccia. E scopre che il ministro così importante in un anno è cambiato tre volte. Che ne deve dedurre? Se, come dicevamo, è lucido e sereno, ne dedurrà che i cambi sono stati fatti per averne uno sempre più presente, sempre più bravo, sempre più competente e più informato dei problemi e dei fatti. Domanda: noi possiamo rispondergli in coscienza che è che così? Diciamo che noi ce lo auguriamo. Perché se non fosse così, e se il girotondo dei ministri avesse altri motivi, beh, allora va tenuto presente che per imparare, mediamente, a occuparsi di questo settore ci vogliono da uno a due anni. Noi, voi, quest’Italia, ce li possiamo permettere? Che gli diciamo al marziano?”. E poi, via. Verso la barca. In surf…

Ps All’inaugurazione ufficiale, poche ore prima, tanto per rimarcare che ogni tanto questi affollamenti di ministri presenti e passati qualche ingorgo lo creano, piccolo (e neanche tanto…) incidente tra l’attuale alla Cultura (ed ex Agricoltura) Galan e l’inaugurante Romano. Galan arriva, inatteso, in pompa magna, e spiega: che da Governatore del Veneto lui per anni ha inaugurato la Fiera, ma che da ministro, invece, questa soddisfazione gli è stata, guarda un po’, negata. Ecco perché è qua quest’anno Fine? Manco per idea. Galan ascolta il suo successore asserire dal palco: Impediremo che gli ogm possano avere spazio nel nostro mercato», e piazza subito un commento all’aceto: “Ha deciso di fare da portavoce alla Coldiretti».
Romano, tra l’altro, aveva parlato anche di battaglia primaria per tutelare la qualità del vino italiano “perché non potremmo mai competere sulla quantità”, e di “spietata lotta alla contraffazione”. (A.Paol.)

Alle 17 gli Inglesi prendono il thé, noi invece si fa merenda, nello stand di Chiarli, tigelle al crudo e lambrusco vecchia Modena Premium 2010. Il lambrusco di Chiarli è sempre godibilismo, una sferzata acida e netta che mi sveglia dal torpore pomeridiano, come mi aspetto da un Sorbara di classe. Un bel lambrusco affilato e tranciante. Peccato quest’anno manchi un poco di morbidezza. 2 scatti. (A.B.)

… Non si uccidevano così anche i cavalli da corsa? Non non è il titolo di un film, ma è il mood per la fine giornata al Vinitaly. Solo il tempo per una buona azione: San Patrignano, fedele al suo stile, oltre a fare ottimi vini ci sensibilizza con uno stand incentrato sul consumo dell’alcol dei giovani. Una macchina accartocciata campeggia sullo stand, per ricordarci i rischi di un consumo sbagliato. È solo lo specchietto per le allodole per mettere in evidenza lo studio della ESPAD, condotto dall’istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa su 880mila studenti tra i 15 e i 19 anni, da cui si evince che nelle regioni in cui i giovani bevono prevalentemente vino (Toscana, Piemonte, Campania, veneto) c’è un minor consumo per lo sballo fine a se stesso. Andrea Muccioli commenta “nelle terre dove c’è più cultura di vino, è normale che ci sia una minor tendenza al Binge drinking (consumo di alcool per lo sballo), una maggior consapevolezza che è figlia dell’educazione al vino”. (A.Bocch.)

(Le altre dirette dal Vinitaly sono disponibili a questo indirizzo)

Foto: agrisoilresearch.it

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