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Vino
25 Ottobre 2012 Aggiornato il 6 Aprile 2019 alle ore 21:14

Antinori. Vieni a vedere quanto è bella la nuova cantina in Toscana

I primi a vederla dall’interno, (quasi) finita com’è, a due tocchi dalla partenza dell’ultimo furgone della ditta, dieci anni dal giorno di presentazione
Antinori. Vieni a vedere quanto è bella la nuova cantina in Toscana

I primi a vederla dall’interno, (quasi) finita com’è, a due tocchi dalla partenza dell’ultimo furgone della ditta, dieci anni dal giorno di presentazione del progetto e dopo quasi sei di lavori, sono stati i 400 abitanti di Bargino, comune di San Casciano Val di Pesa, il borgo nel cui territorio ricade il manufatto. Venuti tutti, al completo, incluso l’ultimo “cittadino” nato una quindicina di giorni fa. Del resto, sempre a loro era stato presentato a suo tempo in anteprima il rendering, in forma rispettosa, come si conviene trattando con i “custodi” dei luoghi, in pubblica assemblea convocata presso la locale Casa del Popolo. Perché – spiegano gli Antinori, Piero il marchese e le figlie Albiera, Allegra e Alessia col rinforzo del facondo, brillante architetto Marco Casamonti, progettista dell’opera per Studio Archea – non invasività e armonia con l’ambiente vale tanto per il contesto naturale che per quello antropologico.

Ed eccola, allora, la nuova cantina di casa Antinori. Preinaugurata (l’inaugurazione ufficiale, con centinaia di invitati, essendo fissata per il giorno dopo) per la stampa e i media tutti, dopo lo splash down mattutino con i barginesi. È la cantina “grande”, stella primaria nella costellazione di insediamenti della famiglia. È la cantina – chiarisce l’eno-plenipotenziario Renzo Cotarella – della ri-crescita Antinori nel Chianti Classico, cui la struttura è dedicata. Pensata per produrre 2,5 milioni di bottiglie e capace del doppio (ospiterà di fatto due annate per volta), è anche quella della reunion tra varie anime aziendali. Quella enologica e quella del commerciale, che pure abiterà qui (mentre, pur restando sede legale, ad altri usi sarà in parte destinato il palazzo di via Tornabuoni a Firenze, dove crescerà intanto, ricavando spazio dai vari traslochi, la cucina della Cantinetta). Abiterà qui naturalmente anche l’anima dell’enoturismo. La cantina sarà aperta, e accoglierà il pubblico, oltre che per la classica visita guidata, anche in un ristorante da 60 posti, un auditorium per spettacoli e conferenze, un museo con opere d’arte contemporanea e “pezzi” della family story (mezzo millennio circa), uno shop, e due splendide sale di degustazione sospese come cabine d’astronave sulle navate verticali, lunghe e sinuose, delle bottaie.

Com’è la cantina? Interrata sotto un metro d’humus chiantigiano, messo ovviamente a vigna, e celata al 90%, vista dalla strada e dall’anfiteatro di colli antistanti ha il profilo di una bocca dalle labbra color terra di Siena (o meglio, di Chianti). È ecosostenibile, con le temperature necessarie a conservare e affinare il suo contenuto “dedotte” dal cuore della collina, e non da impianti di refrigerazione. Dentro, tutti i colori della terra, metallo, legno, cotto, e vetro (tanto), e oblò aperti in cima verso il cielo (ogni ambiente è accessibile, ove occorra, dalla sommità).
Qui s’imbottiglierà Tignanello (distante come il Solaia solo una piccola manciata di chilometri e dentro lo stesso territorio comunale); che, prodotto com’è in 250-300 mila pezzi, si gioverà delle nuove linee; poi, tornerà a casa. Si produrranno qua invece il Marchese Antinori Riserva, il Villa Antinori, il Pèppoli, il Vin Santo e gli oli. Resterà dov’è Badia a Passignano, la cui tiratura ridotta fa escludere il viaggio di andata e ritorno per imbottigliare.

Fuori, tra il museo e la collina, un’istallazione dell’artista siciliana Rosa Barba, una meridiana che di giorno segna l’ora deviando a terra la luce attraverso uno specchio, e dopo l’imbrunire “scrive” al suolo frasi relative alla plurisecolare parabola degli Antinori e dei loro vini, enfatizza il fattore nodale dei ritmi della vite e della vita: il tempo. Ce n’è voluto un tot qui, insieme a molta pazienza, racconta chi ha tirato su il complesso. Esempio? Diciotto mesi, senza sconti, di lavori fermi, per permettere alla terra, prima esportata per far posto a muri e cave, e poi riportata per avvolgerli e coprirli, di assestarsi e di tornare a posto. Dice l’architetto, che a furia di star qui, e a sentirlo parlare, pare diventato (occhio, Cotarella!!) anche un po’ enologo.

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