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30 Ottobre 2018 Aggiornato il 7 Aprile 2019 alle ore 15:02

Aceto Balsamico di Modena: 10 cose da sapere

L’aceto balsamico è uno degli alimenti-simbolo autenticamente italiani. Ricchezza di una zona con epicentro a Modena e con una tradizione vecchia di
Aceto Balsamico di Modena: 10 cose da sapere

L’aceto balsamico è uno degli alimenti-simbolo autenticamente italiani. Ricchezza di una zona con epicentro a Modena e con una tradizione vecchia di secoli, custodita nei sottotetti delle case.

Ma non sono molti a poter vantare una continuità di 17 generazioni come ha l’Acetaia Giusti, la più antica di Modena, attestata ufficialmente dal 1605, quando Giuseppe e Francesco Maria Giusti furono registrati come ”Salsicciai e Lardaroli” del duca Cesare d’Este.

Può sorridere orgoglioso Claudio Stefani Giusti, che guida l’azienda oltre quattro secoli più tardi, dopo una serie interminabile di “Giuseppe Giusti”, e che investe fortemente sia sull’identità storica del marchio – il recentissimo Museo, le Collezioni Speciali, le Riserve ne sono esempio – sia in nuovi format esperienziali, commerciali e culinari.

Come il Giusti 16/05 (che ricorda l’anno 1605) festa diffusa lanciata il 16 maggio di quest’anno, con un contest in 100 locali del mondo invitati a creare con il Balsamico.

E siccome il Balsamico quello vero si dosa attentamente, vorrei dividere l’argomento in 10 “gocce” e farvelo gustare così e amare di più, mescolando oggetti visti al Museo Giusti, curiosità e novità.

1. L’Aceto fossile

In una delle prima stanze del Museo, si vede uno strano blocco nero sotto una campana di vetro. Sembra lava. Non lo è: è aceto che si è fossilizzato dentro un “tragno”, un orcio di terracotta. Ma se proseguite la visita vedrete ben altri recipienti per il trasporto del prezioso liquido: flaconi in scatolette, botticelle da viaggio. Per il consumo privato, per le presentazioni del campionario.

2. L’Aceto Balsamico è una dote

L’Aceto Balsamico o, meglio, la batteria di botti di diverse dimensioni e legni pregiati dove farlo invecchiare, era/è patrimonio dotale, avviato fin dalla nascita. In questo modo molte famiglie (e molte acetaie, ça va sans dire), hanno prosperato per acquisizione. Come molte fanciulle nubili hanno comunque avuto la botte piena.

3. L’Aceto Balsamico deve respirare

Diversamente dal vino e dall’olio, l’Aceto balsamico deve respirare mentre invecchia. Sull’apertura delle botti nelle acetaie o giusto nel Museo Giusti, vedrete spesso un panno. O meglio, un centrino all’uncinetto fermato da un sasso. Erano le donne di famiglia ad assicurare questo tocco di amorevole cura e di protezione anti-insetti.

4. Basta una goccia sul cucchiaino

Ne bastano una goccia, due, su un cucchiaino, per “sentire” nel balsamico le uve, le spezie, i legni, il tempo … e niente metallo: meglio la madreperla o l’osso. Poi si finisce con l’usare la plastica, ugualmente neutra, per amore di igiene. Ma se potete, versate la goccia di Balsamico sul dorso della mano tra pollice e indice e assaggiatelo con la punta della lingua. Più sensuale di così!

5. L’ultima goccia, la più esplosiva

Raro aver l’opportunità di degustare varie riserve di Balsamico, specie se Tradizionale, magari anche da botti centenarie. Ma se dovesse capitare, la sequenza è dettata dall’intensità e dalla complessità in crescendo. All’Acetaia Gusti, l’ultima goccia, esplosiva, è quella del “100 Anni”, un’edizione limitatissima estratta da preziose batterie di botti produttive dal 1700.

6. L’aceto in perle nere e bianche

Non gocce, ma Balsamico sferificato in minuscole perle nere e perle bianche, rispettivamente create con “Aceto Balsamico di Modena Giusti 1 Medaglia” e “Condimento agrodolce bianco”. Perché ci interessano? Per il comportamento fisico: le perle rimangono integre anche su pietanze calde. E per l’approccio tattico (e tattile) a nuovi pubblici, forse più fashionisti.

7. L’aceto del soldato romano

Dissetante, disinfettante, rinfrescante, non costosa. I soldati romani bevevano la “posca”, una mistura di acqua e aceto, spesso vecchio. Chissà quanto dissimile dal balsamico. Questo ci fa rileggere il gesto del legionario che diede a Gesù sulla croce una spugna imbevuta di aceto: un gesto misericordioso, non l’accanimento verso un agonizzante. Forse.

8. Mixology al Balsamico

Aceto da bere. In gocce nei cocktail, Balsamico nel regno del bere miscelato. Preparatevi a trovare a breve in commercio il Vermouth Giusti, caratterizzato da vini bianchi e rossi italiani, 19 botaniche, mosto d’uva cotto e invecchiato nelle botti di aceto balsamico. E allenatevi a riconoscere nuove note nei bicchieri, come quelle dei cocktail ideati da bartender in varie città nelle Giusti Cocktail Night.

9. Aceto oltre i ghirigori sul piatto

Perché accontentarsi di un ghirigoro finale sul piatto, quando il Balsamico può cambiarne totalmente il carattere? Uno che lo sa è lo chef Davide Forghieri, dell’Osteria Emilia di Campogalliano (MO), quando inventa, per esempio, una millefoglie di chips di polenta scura ai semi, verdurine, gelato al ripieno dei tortelli di zucca, polvere di prosciutto sposata al 5 Medaglie d’Oro “Banda Rossa”, dai sentori di prugne e di ciliegie nere.

10. Balsamico nella Pavarotti and Ferrari land

Museo Giusti + Ferrari + Pavarotti sono un trio richiestissimo dagli stranieri che arrivano nel modenese con viaggi come “Discover Pavarotti and Ferrari Land”. A conferma dell’esperienza enogastronomica come contenuto importantissimo per i viaggiatori in Italia. La sfida, al di là di tutti i possibili tour organizzati, è trovare format equilibrati di visita e visioni del territorio che facciano innamorare i visitatori e godere di tanta bellezza. Fino all’ultima goccia.

Gran Deposito Aceto Balsamico Giuseppe Giusti – strada Quattro Ville, 155 – Modena fraz. Lesignana – tel +39 059 840135

[Immagini: courtesy of Acetaia Giusti; Gallerie Estensi, Modena, dettaglio della “Crocifissione” di Francesco Bianchi-Ferrari; iPhone di Daniela]

Argomenti:
Modena
Daniela Ferrando
Milanese, trent’anni di copywriting e comunicazione aziendale. Le piace che il cibo abbia le parole che merita: è cultura. Parlando molto e mangiando poco, non si applica nel suo caso il “parla come mangi”.
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