Coronavirus. La prima vittima è una trattoria che non aprirà più
La notizia è tremenda: 195 milioni di persone perderanno il posto di lavoro nel mondo a causa del Coronavirus.
Un’altra cifra che si aggiunge al bollettino di guerra del pomeriggio con i nuovi contagiati, i ricoverati nei reparti di rianimazione, i deceduti.
Freddi e impressionanti numeri che montano inarrestabili anche se da qualche parte, in Cina come anche in Italia, seguono la curva dell’ottovolante a scendere. Almeno si spera.
La retorica dice numeri non persone, ma che ne sappiamo di quelle bare portate via dai camion militari o del numero esatto – 42.000, 52.000 – di urne cinerarie accatastate in pallet ordinati dall’altra parte del mondo?
Numeri come quelli snocciolati dal nuovo decreto che dà alla CuraItalia la Liquidità, i soldi che tardano ad arrivare che non sono a fondo perduto e che si sommano ai 600 € e ai bonus spesa perché c’è chi non ce la fa a mettere il piatto a tavola.
Un lungo infinito srotolare di numeri cui non corrisponde il trascorrere delle ore e dei giorni su un calendario che non riesce più a distinguere l’oggi dallo ieri e non sa del domani figuriamoci del dopo domani. È un mese che l’Italia è in quarantena, 30 giorni che ormai ci siamo rassegnati a non essere nemmeno 40, forse 60 o 90.
Ci sforziamo di immaginare come sarà il nostro prossimo futuro, a pensare quando sarà possibile andare oltre i 300 metri consentiti dalla nostra discesa alla strada ma solo per casi di estrema necessità perché bisogna stare a casa lasciando scorrere le lancette dell’orologio: alle 7 sveglia, alle 9 colazione, alle 13 pranzo, alle 21 cena (odio – mi scuserà – la giornalista di TG2 Post che ogni sera annuncia abbiamo solo 20 minuti), alle 00,05 a letto perché così almeno sul calendario del telefonino appare un’altra data, un altro numero.
Numeri dappertutto e poi esce sulla ruota di Apricena (Foggia) il post di Mariagrazia Ferrandino, cuoca della trattoria da Nonna Peppima, numero tra i tanti che popolano l’Italia della cucina, quella tradizionale che sa di antico e, nella nostra testa farcita di numeri, di forza e di voglia di costruire.
Pubblica un post che è una lettera al Presidente del Consiglio.
Non vuole i soldi – forse 25.000 €, penso in questa sarabanda di numeri – perché non vuole indebitare lei e il suo destino. Da numero vuole diventare persona e leggo avida il testo.
Non chiederà soldi in prestito perché non vuole indebitarsi. Rifiuta il soccorso di Stato che molti dicono aiuto alle banche e non alle persone.
Diventa 1, ma mi accorgo in maniera sbagliata perché non vuole fare il gioco delle 3 carte per pagare a fine mese.
Conto fino a 10 perché non voglio sbagliarmi con lei, ma non voglio essere come Mariagrazia che sceglie il reddito di cittadinanza per andare avanti senza lavorare, senza lottare.
Sceglie la colonna sbagliata, quella dei decessi anche se per fortuna delle serrande che moriranno strozzate da questo virus che toglie l’aria e la forza di vivere.
Mi guardo intorno e penso che no, non voglio entrare in quella colonna, voglio stare tra i guariti, tra quelli che ce l’hanno fatta per tornare a respirare e a vivere. Con il mio lavoro, anche se nella colonna dovrò sommare un altro debito come faranno milioni di altri miei concittadini.
Per dire che la somma di tanti è sempre più forte dell’1.
Mariagrazia, ripensaci. Non fare il numero nella colonna sbagliata.
Mariagrazia mi ha risposto
No grazie, Sign Presidente…
un altro mutuo non voglio accenderlo mi basta quello che ho .
Avrei voluto continuare a lavorare ma non mi resta che tenere giù la serranda e chiedere il reddito di cittadinanza e le spiego perché…
Faccio parte di quella categoria che prima che Lei ci ordinassi di abbassare la serranda, molti già si erano fermati perché a differenza vostra abbiamo cercato di capire quello che stava accadendo tra mille informazioni contraddittorie date dalle istituzioni e dagli esperti.
Noi non offriamo solo cibo, noi offriamo un’esperienza…offriamo sorrisi, abbracci, offriamo serenità, spensieratezza, uno stato d’animo.
Il nostro è un mestiere difficile, fatto di sacrifici pesanti, lavoriamo 15 ore al giorno, spesso non si dorme la notte perché l’ansia ce lo impedisce, perché a gennaio si inizia già a pensare alla banchettistica delle ricorrenze primaverili e all’estate,
perchè ti svegli di soprassalto chiedendoti se ti sei ricordato di ordinare tutte le materie prime ai fornitori,
perchè non esistono il sabato e la domenica in famiglia, le cene con gli amici, e natale e capodanno sono una tortura fisica e psicologica
siamo bianchi e con le occhiaie, sempre.
Ma è il mestiere che abbiamo scelto noi, rinunciando al posto fisso detto alla Checco Zalone. Ed è la vita e il mestiere che amiamo.
Non tutti sanno cosa c è dietro a questo amore e non possiamo pretendere che lo si comprenda.
Noi siamo quelli che abbiamo messo in ballo tutto ciò che avevamo sul nostro lavoro e non abbiamo avuto paura ad indebitarci. Noi siamo quelli che a fine mese facciamo il gioco delle tre carte per pagare. Noi siamo soprattutto una partita iva.
Ma noi soprattutto siamo quelli che abbiamo sempre sfoderato quel bel sorriso #andratuttobene a prescindere tutto. Ecco perché ,Sig Presidente, non accetto che lei dica che lo stato ha messo a disposizione tot milioni/miliardi…Lei ci invita solo a fare altri debiti per poter lavorare. Lo so,non l’ha voluto né Lei e né io questa situazione ma io ho perso tutto e Lei no. Grazie infinite.