La Guerra della Pizza: la congiura dei 4 pizzaioli che eccellenti non sono
“È una congiura non è la Guerra della Pizza. Qualcuno tra noi ha aperto il sacro recinto ed è uscito un nome di una pizzeria che non doveva uscire”. Papilionem non poteva credere alle sue stesse parole mentre serrava l’urna con gli scontrines sotto il mantello.
La pioggia caduta copiosa lo aveva infradiciato dalla testa ai piedi e non vedeva l’ora di cambiarsi e stare a mollo nell’acqua calda della tinozza. “Sono tutto bagnato, come se non bastasse”, alzò gli occhi a cercare il conforto della Gran Madre Cibele.
“Almeno non devi preoccuparti per la testa, un colpo di tela e sei a posto”, provò a scherzare il cavalier servente aggiustandosi la chioma che aveva spavaldamente tenuto all’asciutto sotto il cappuccio del suo Drench Dolce&Salato.
La pizzeria che c’è e non c’è
Papilionem stava per lanciargli appresso la candela con tutto il portacandele quando una voce minacciosa lo fermò.
“Voglio sapere subito chi è stato a mettere fuori il nome di uno dei 50 invitati alle cena della pizza. E quando dico subito dico ieri”, tuonò Magnataro che non aveva mai preso tanta acqua in vita sua.
“Sei zuppo di acqua”, fece il cavalier servente per cercare di stemperare la tensione ed evitare la candela che era montata su uno di quegli spuntoni di ferro che la facevano assomigliare a una lancia piuttosto che a un innocuo portacandele.
“Che fine osservatore, certo non di vino, Giove Pluvio non si è messo ancora d’accordo con Bacco”, lo fulminò Magnataro che rabbrividì per la pioggia.
“Anzi, porta un vino che qui abbiamo da riscaldarci e capire cosa sta succedendo. Un vino Domus, va”, lo esortò con tono paterno.
342 o 343 pizzerie poco importa
“Vino, avete detto vino?”. Il Perrellante Festante capitava al momento giusto con il suo barilotto e i calici. “Ho incontrato Ercole il Pizzaiolo dei Due Golfi che mi ha lungamente interrogato. Non è che abbia capito molto. Farneticava di un posto assegnato ad Catium, della sua locanda nel contado di Salerno, del crunch e che stava radunando giusto 342 cavalieri e mi ha fatto vedere la lista degli esclusi dalla Gran Festa della Lievitazione. Gli ho obiettato che sono 343 e ha detto che non ci sono problemi: ne aggiunge uno. Ma insomma non aveva il tono di chi va a una festa. Sembrava piuttosto che volesse far la festa a qualcuno. Voi sapete qualcosa?”
L’uomo era giustamente agitato. Già la vista di Ercole era temibile, incazzato poi era come la tromba d’aria e d’acqua che si era abbattuta sul litorale.
“E tu cosa hai risposto?”. Papilionem, che aveva fatto della candela e del portacandele la sua nuova arma per la Guerra della Pizza, si girò di scatto pronto per infilzarlo.
“Io, niente”, farfugliò il malcapitato che aveva a cuore solo la bevanda degli dei e dei semidei da consegnare ai pizzaioli.
Il Cavaliere Oscuro alla Guerra della Pizza
“Ci deve essere un Cavaliere Oscuro”, Iulia Pugna aveva gli occhi di brace e non solo per il vento e l’acqua che l’avevano accompagnata dal Mercatello alla Laura. “Qualcuno ha messo fuori un nome e ne deve dar conto. Nessuno è al di sopra del sospetto. Nemmeno tu, Magnataro, che ti sei attovagliato con chi deve star lontano da queste cose”.
“Lo scriba? Ma non esiste proprio. L’acqua deve averti rovinato l’acconciatura. Bevi un buon bicchiere di Vino Domus e rinsavisci”, le fece Magnataro.
“Anche Ermes Trismegisto era uno scriba e ti ricordo che tu hai voluto dargli una maschera. Come se non ne avesse già abbastanza di sue”, gli rinfacciò Iulia che esplose in un sonoro starnuto.
“Zeus aiutaci”, il Perrellante Festante lesto tirò fuori un cencio macchiato di vino per coprire bocca e naso. Il cavalier servente cinse naso e bocca con una bandana Hermès modello Lutetia. Una chiccheria.
“Smettetela e sediamoci al tavolo”, fece Papilionem brandendo il metro per prendere le distanze. “Alla fine scopriremo che è stato un errore di scalpello. Due martellate e torna tutto a posto”, provò a rassicurarsi.
“342 o 343 poco cambia, tanto un nome su o giù lo troviamo”. Magnataro già pensava al futuro.
***
“Quest’anno non deve sapere niente nessuno. Saremo solo 4. Non come l’anno scorso che una cena propiziatrice diventò l’occasione di una guerra fratricida e dovetti abbandonare il tavolo per non far piombare la Terra di Mezzo nella più spaventosa delle faide”. Tartagliano Da Puteoli aveva conquistato con le sue truppe il braccio di terra e di mare che andava dal casale di fronte Antignano fino alla terra scossa di Puteoli che gli aveva dato i natali.
“Stringerò la mano a Masuccio Casertano, il Malum Puer, e la finiremo qui”, pensò tra sé e sé mentre iastemmava contro le secchiate d’acqua che venivano giù dal cielo livido.
La Guerra della Pizza e il fango
La scena della Guerra della Pizza era cambiata dall’ultimo incontro. Olaf il Rosso non godeva più della protezione dell’incazzoso signore del castrum e anzi non si contavano le badilate di fango che si erano tirati addosso. “La verità, ma chi Catanzaro ce l’ha?“, filosofeggiò mentre guardava la sua tunica nera attillata che aveva appena levato dalle carte veline e che si infradiciava a ogni passo.
Con lui ci sarebbe stato il garante Carletto Canottiere. “L’unico che si sarebbe salvato dalle ire di Giove Pluvio con il suo canotto”, sorrise.
“Certo che scegliere la Locanda del Pesce dove lo Stige si inabissa mentre viene giù l’ira funesta di mio padre Giove Pluvio non è stata una bellissima idea”. I pensieri si affastellavano nella capoccia di Ercole che aveva incontrato il Perrellante Festante poc’anzi.
Sull’uscio della locanda erano già arrivati Tartagliano e Carletto, bagnati come pulcini. I cavalli bianchi e neri di Masuccio sbuffavano mentre il cocchio gemeva in una pozza d’acqua.
“Cena bagnata, cena fortunata”, esclamò solenne il casertano mentre i servitori stendevano il tappeto rosso per non fare bagnare i calzari e i suoi uomini tiravano i teli per tenere lontana la pioggia dall’armatura. “Me l’hanno venduta anti ruggine, ma non si sa mai”, fece pratico.
“Orsù entriamo e dicci subito dell’incontro con il Perrellante Festante. Cos’è questa faccenda dei 342-343 che vorrebbero cacciare la capa fuori dal sacco? Tu che c’entri con la plebe Eccellente che grande non è. Perché mai un Eccellente dovrebbe essere superiore a un grande o un Top(o) come ci ricordano gli Annali? Chi ha avuto l’ardire di inserire e di levare nottetempo la tua Locanda della Pigna dal girone che li fa tutti uguali?”.
L’abisso degli uguali
“Tagliamo la testa al topo. I primi saranno gli ultimi e gli ex aequo da 1 sono diventati 101. Sono le ragioni del merito che nessuno capisce”, disse saggio l’Uomo della Fattoria che seguiva ogni passo di Masuccio.
“Non te ne fare cruccio, amico mio, che la stella non brilla ancora in cielo ma sono sicuro che presto farà vedere la sua faccia. Leviamoci dalla pioggia e andiamo al privé che le nostre parole non diventino merce per il corriere blu e per lo scriba. Ma assicuriamoci che non ci sia l’Insalata Bionda che poi mi tocca mandare non so quanti piccioni a giro”, fremette Masuccio.
“Ma siamo curiosi di sapere cosa abbia mai detto il Perrellante Festante”, disse Tartagliano a Ercole.
“Non so nulla, mi ha detto, ma è bastato fargli vedere l’elsa della spada e lui si è cantato tutto. Aulivus e Chiapparellis provano ad ungere il meccanismo di sorteggio dei 50 posti e la mania degli scontrines che si trovano e si perdono genera casino. Basta una folata di vento, uno starnuto, un battito di ali e zac ecco che la lista si allunga, si accorcia, si contorce come un serpente. Ma quest’anno devono dare a Cesare quel che è di Cesare. Altrimenti finisce che l’aquila dal braccio spicca il volo e sono uccelli amari per tutti”, concluse deciso.
“Ma smettetela di pensare alla cena che sarà e pensate a questa cena!”, esclamo Carletto. “Fate come me che non penso a nessuno nemmeno quando dicono che non sono io quello che si è inventato quello per cui sono famoso perché davvero l’ho inventato”.
Lo champagne alla Guerra della Pizza
E così dicendo alzò la prima bottiglia di ottimo vino della Gallia che da lì a poco avrebbe inebriato i commensali e confuso nelle nebbie che si alzavano dal vulcano spento il numero degli scontrines, dei primi e dei centesimi per innalzare a imperitura fame la pizza. Che era del popolo e tra poco solo qualche ricco avrebbe potuto permettersela.
“Che il cervello si sparga sul pavimento come questo vino se qualcuno tradirà l’altro o se parola uscirà dalle sue labbra”, dissero all’unisono i quattro congiurati pronti a scatenare una nuova Guerra della Pizza.
Avevano perso qualche commensale, ma pensavano di guadagnare da questa e dall’altra cena.
La congiura non guardava all’alto, ma al basso. E nessuno lo avrebbe mai pensato. Non ci sono tirannicidi, ma solo Intoccabili.
È la Pizza di Mezzo, bellezza.
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Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale
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