Bros’ a Lecce: 1350 € per cenare nel peggior ristorante stellato di sempre
Al grido di “abbiamo mangiato nel peggior ristorante stellato di sempre”, Geraldine DeRuiter ha stroncato Bros’, il ristorante di Floriano Pellegrino e Isabella Potì che per primo ha portato a Lecce la stella Michelin.
La blogger di Seattle era in vacanza con marito e amici, e si è fermata a mangiare da Bros’.
La cena da 27 portate durata 4 ore e mezzo è diventata oggetto di una recensione negativa divertentissima, ma anche cattiva, sprezzante e perfida, che ha spopolato negli ultimi giorni con echi planetari.
Bros’: chi ha ragione sul ristorante di Lecce?
Il mondo reale si è divertito, meno quello dell’alta cucina, sprofondato in uno psicodramma collettivo.
La tribù degli intenditori si è chiesta se credere alla Guida Michelin, che di Bros ha lodato la creatività perché “sorretta da qualità”.
O se non valesse la pena per una volta di uscire dal ghetto gourmet che racchiude talenti, entusiasmo, fuffa, gambling, soldi facili, botteghe artigiane, geni veri e cialtroni. E accreditare questa blogger sì irrilevante, ma pur sempre ripresa da critici influenti come Pete Wells del New York Times o Helen Rosner del New Yorker. Dalla trasmissione Today e dal Late show di Stephen Colbert.
Nel frattempo, anche il Washington Post si è fatto irretire dalla storia del Bros, e dalla stroncatura del ristorante di Lecce. Nell’intervista alla blogger di Seattle è emerso un dato mancante.
Quanto sono costate alla feroce DeRuiter le quattro ore di degustazione tra i tavoli del locale, anzi in “un bunker sotterraneo dove faceva un caldo soffocante”, per saziarsi con “portate ridicole nel gusto e nell’aspetto” senza neanche riuscirci?
Il prezzo pagato per la cena al ristorante Bros’ di Lecce è stato di 1.350 €. Cifra che divisa per 8, tanti erano i commensali presenti, fa 168,75 € per persona.
La risposta di Floriano Pellegrino alla recensione negativa
Il saggio breve con cui Floriano Pellegrino ha risposto alla stroncatura contiene figure di uomini a cavallo.
“Il primo è un disegno semplice. Il secondo è il dipinto di Jacques-Louis David ‘Napoleone attraversa le Alpi’. Il terzo è un quadro astratto quasi irriconoscibile. Tanti possono fare il primo disegno, come tanti possono creare l’equivalente culinario”, ha scritto Floriano Pellegrino nella risposta. “Non è difficile, ma pochi ti ammireranno”.
Solo i grandi cuochi che hanno studiato formandosi per anni possono cucinare in modo spettacolare. Proprio come David ha dipinto Napoleone.
“Il problema è che molti artisti hanno fatto dipinti simili. Ammiro la qualità ma sono stufo di quadri spettacolari”, ha aggiunto lo chef di Bros’, il ristorane di Lecce. “Il Louvre, il Prado e l’Hermitage sono pieni di queste cose. Sì, sono impressionanti, ma superficiali”.
“Sono interessato alla cucina che equivale al terzo dipinto, quello astratto”, ha precisato Pellegrino. Un tipo di cucina che costringe chi la fa a “dubitare di tutto, compreso se stesso”. Solo così si arriva alle grandi domande: “Cos’è l’arte? Cos’è il cibo? Che cos’è uno chef? Che cos’è un cliente? Cos’è il buon gusto? Cosa sembra bello?
In altre parole, lo chef del Bros’ ha risposto alla stroncatura con una serie di domande, partendo dal non negoziabile punto di vista di essere un artista, e di rivendicare il diritto agli eccessi in cucina.
Lasciamo stare, come ha fatto notare qualcuno, che nella lunga risposta dello chef ci sia scritto “boundery” invece di “boundary”. O che Pellegrino, più permaloso che colto da improvviso vuoto di memoria, abbia ringraziato l’illustre “signora XXX – non ricordo il suo nome –“ ribadendo l’irrilevanza di una piccola blogger.
Ristorante Bros a Lecce: la risposta alla risposta dello chef
Sul Washington Post DeRuitier ha riconosciuto che alcuni punti della risposta di Pellegrino sono validi: il cibo, come l’arte, dovrebbe sfidare le persone e, in una certa misura, metterle a disagio.
“Ma se parliamo di cibo e locali, compreso il ristorante Bros di Lecce, non è solo una questione di arte, anche di ospitalità”, ha detto la blogger al quotidiano americano. “È giusto proporre nuove esperienze? Assolutamente. Il cliente va sfidato? Assolutamente. Ma facendogli vivere un’esperienza spiacevole? Non credo proprio.”
Più tardi, in un nuovo post, la blogger ha completato il pensiero.
Cucinare è un atto d’amore ma diventa business as usual se il cuoco, in una bancarella lungo la strada o in un ristorante stellato come il Bros’ di Lecce, si disinteressa dei suoi clienti.
Se Floriano Pellegrino e Isabella Potì si preoccupassero di più dei loro clienti, se oltre a talento, innovazione e abilità artistica ci mettessero un po’ di amore e umiltà, allora sarebbero straordinari.
Limoniamo: un grande successo del ristorante Bros di Lecce
In tutto questo, a prendersi il centro della scena tanto da trasformarsi in cliccatissimi meme, sono state due cose: un dolce e il suo supporto (non perdete la storia di “Limoniamo” e del supporto che “permette di limonare con gli chef”).
- Il dolce Limoniamo: una spuma di limone che esce da un contenitore e va gustata bocca contro bocca, senza posate. Oltre a commentarlo con ironia nella recensione, DeRuitier lo ha soprattutto fotografato. L’immagine si è moltiplicata sui social facendo il giro dei media specializzati e non.
- Il contenitore, ovvero lo stampo in gesso che contiene la spuma di Limoniamo. Richiestissimo e acquistabile in due modelli: con la forma della bocca di Fabiano Pellegrino o della bocca di Isabella Potì. Costo del calco 58 euro.
Opera d’arte o oggetto commerciale?
Arte o business as usual?