Scontrini e sovrapprezzi: quali sono insulti al buon senso e quali no
Agosto non è finito, chissà cos’altro ci aspetta visto che i quotidiani hanno eletto lo scontrino con sovrapprezzo a formato giornalistico dell’estate.
Va bene, c’è chi ha lucrato sulle vacanze degli italiani. Di conseguenza il clima tra i ristoratori e i loro clienti è diventato teso.
Eppure tra tutti gli (apparentemente) assurdi scontrini con sovrapprezzo che hanno riempito i giornali ce ne sono alcuni spiegabili con i costi sostenuti da bar e ristoranti, l’inflazione e le ragioni di mercato.
E altri –la maggioranza– che rappresentano uno spudorato approfittarsi del turista, magari contando sul fatto che tanto non tornerà.
Segue analisi nel tentativo di distinguere il prezzo giusto dalle fregature, con l’aiuto del pezzo sull’estate degli scontrini pazzi pubblicato ieri dal Corriere della Sera.
(Analisi semiseria, la nostra, perché basata sulla quota di italiani che pubblicano gli scontrini puntando sulla complicità del sempre attivo indignato social).
Scontrino con sovrapprezzo per il taglio della torta? Esiste il diritto di tappo
Mancano tre giorni da Ferragosto, a Palermo nello scontrino per tagliare la torta finiscono venti euro di sovrapprezzo, un euro per ogni invitato compreso chi la torta non l’ha mangiata. A Roma rilanceranno: due euro a fetta per il taglio della torta di compleanno portata da fuori, 40 euro in tutto.
Attenzione però, chi s’indigna per il taglio della torta troverà sulla sua strada un ristoratore che, indignato più di lui, tirerà fuori il diritto di tappo. Ovvero: è possibile portarsi il vino da casa ma al ristoratore va riconosciuto il corrispettivo per averlo servito.
Prezzi e sovrapprezzi che se li conosci li eviti
Autogrill nel Lazio: il panino, un «Bufalino», ingredienti prosciutto e mozzarella, pagato 8,10 euro. Totale “investito” in due panini e due caffè 21 euro.
Sul lungomare di Rimini, luogo iconico per un’analisi sui sovrapprezzi che hanno reso lo scontrino fotografato il genere giornalistico dell’estate, qualcuno ha dovuto spendere sette euro per un limoncello qualunque (i ristoranti lo offrono gratis a fine pasto).
Probabilmente finora pochi sapevano cos’è un caffè “gratinato”. Non pensate a chissà che: parliamo di un banale caffè con ghiaccio. Prezzo 4,40 euro a Porto Cervo, teatro di un paio di scontrini con sovrapprezzo tra i più incredibili dell’estate 2023
Due turisti fiorentini hanno speso 18 € per due panini con il salame e altrettanti caffè in un chiosco di San Teodoro, in Sardegna, senza ricevere in cambio neanche lo scontrino.
Anche ammettendo una maggiorazione per la località turistica e la stagione alta, non si possono impunemente chiedere nove euro a testa per uno spuntino così modesto. E con l’evasione fiscale come la mettiamo?
Un buon numero di sovrapprezzi a sorpresa sono arrivati dalla Puglia. Ma si possono pagare per una puccia e per una frisella 26 e 16 euro nel Salento?
Sostiene Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) che i prezzi dei ristoranti sono aumentati dell’11 per cento rispetto ad agosto 2021, mentre nello stesso periodo l’inflazione è cresciuta del 14 per cento, e le materie prime alimentari del 22 per cento. Sarà anche vero, ma c’è un limite.
Firenze comunque non ha voluto essere da meno: 16 euro in piazza Duomo per il pane e pomodoro di una panzanella.
Ancora dalla tambureggiante estate 2023: a San Vito al Tagliamento (Pordenone) l’acqua del rubinetto ma “filtrata” costa 70 centesimi.
Lo scontrino dell’estate: sovrapprezzo di 2 € per il taglio del toast
Il caso dell’estate, se escludiamo il principale –noblesse oblige– ovvero scontrino, sovrapprezzi e menu del Twiga di Briatore – Santanchè, è quello del bar sul lago di Como che ha fatto pagare la divisione in due di un toast.
Con codazzo di opinioni: prima del cliente truffato, poi di qualche vip indignato, infine della colpevole che si discolpa facendo indignare tutti più di prima.
Stessa modalità seguita per l’osteria di Finale Ligure dove si sono chiesti 2 euro per il piattino in condivisione. Senza che nessuno si scandalizzasse per il prezzo delle trofie al pesto inciso nello stesso scontrino: 18 incredibili euro per una sporcatura di basilico, pinoli e olio.
Ad ogni modo, sono fuorilegge questi supplementi? Sì, in assenza di segnalazione. Se il ristoratore non li segnala, sul menu o altrove nel suo locale, il cliente può rifiutarsi di pagare.
Il cucchiaino no, la mezza porzione sì
Ma a regnare sul sovrapprezzo incontrollato sono stati i bar.
Quello battuto nello scontrino per mangiare in due una crema catalana nei pressi di Alba, che poi significa aggiungere un cucchiaino, è stato di 1,5 euro.
Allora, chiariamo. L’esercente che pretende di essere pagato perché ha sporcato un cucchiaino o un piattino in più rischia di passare per uno spudorato approfittatore.
Perché cucchiaini, piattini e tovaglioli contribuiscono a formare il prezzo del coperto, e i clienti possono rifiutarsi di pagare voci del genere inserite in uno scontrino.
Discorso diverso se si parla di mezze porzioni. Hanno tempi di cottura e impiattamento uguali alla porzione intera, dunque non comportano un risparmio significativo per il ristoratore.
Però, farle pagare il 70 per cento del prezzo intero, non la metà, come oggi capita spesso, è lecito solo se la pratica è segnalata sul menu.
Decorare un cappuccino a Erba è costato 10 centesimi in più. Stesso sovrapprezzo del cappuccino con il “latte freddo”, visto che, tecnicamente, il barista deve aggiungere un goccio di latte.
Il caffè a Pesaro costa 1 euro, ma chi lo ha chiesto con il ghiaccio, non certo un ingrediente costoso e raro, ha dovuto sborsare 1,50 €.
Non è un caffè, è un’esperienza
Uno stratagemma che ha allungato la lista estiva degli scontrini con sovrapprezzo irreale, è il lessico mutuato dai ristoranti stellati.
Per effetto del quale, a Porto Cervo, due caffè e due bottigliette d’acqua sono state pagate 60 euro perché “Non è un semplice caffè ma un’esperienza!”. Sì, l’esperienza di sentirsi derubati.
Anche se è vero che i prezzi esagerati del bar Portico erano ben visibili sul menu. A proposito, i prezzi devono essere visibili già all’esterno dei locali. Sono diversi da quelli riportati nel menu all’interno? I clienti hanno il diritto di pagare il prezzo più basso.
Caffè e cornetto costano 8 euro in Versilia, ma almeno siamo nel glorioso Caffè Principe appena ristrutturato da Prada a Forte dei Marmi.
Sorpresa, c’è il rovescio della medaglia: il caffè può costare anche 70 centesimi, ma dovete portarvi da casa tazzina, cucchiaino e zucchero.
Che non sono richiesti al Bar Perrone di Alia, in provincia di Palermo. Dove il caffè costa 30 centesimi perché usato come prodotto civetta per attirare il paese nel bar. E ci stanno dentro, allora perché aumentare?
C’è venuta la psicosi da sovraprezzo
Non tutti gli esercenti hanno accettato il ruolo di vittime sacrificali. Simone Di Maria, ristoratore genovese messo in croce per tre pizze a 60 euro, ha risposto alle critiche con ironia e trasparenza.
“Prenotazione per 8, due bimbi e sei adulti maleducati come pochi, tre pizze divise in otto piatti, acque, due bibite, tre birre e 4 caffè. Totale 63 euro, meno di 8 euro a persona”.
Il gran finale. In pieno agosto, quando il fabbisogno di notizie sceme dei giornali aumenta a dismisura, qualcuno ha condiviso lo scontrino del ristorante Catanzaro: 235 per due pizze e due birre.
La psicosi da sovrapprezzo, effetto collaterale del parlare solo e sempre di scontrini, ha spostato l’attenzione.
Non erano euro quelli nello scontrino, ma dihram marocchini (al cambio 21,50 euro).
Che estate, l’estate 2023.