Il Gatto Verde di Massimo Bottura a Modena è un Fuoco pazzesco
Guardo il fuoco che si sprigiona inesauribile di forza e di idee al Gatto Verde, l’ultimo nato della Bottura Family nato dai ricordi della nonna dello chef Maximo. E ripenso alle parole che hanno acceso la passione e la fame dei partecipanti della serata a Casa Maria Luigia qui a Modena.
“Il Gatto Verde nasce così: apriamo Casa Maria Luigia, chiedo a Jess di venire a fare la chef qua e le dico che la colazione deve diventare importantissima, deve diventare l’idea di mia nonna che si alzava il giorno di Natale.”
Massimo Bottura
“Mia nonna era penosa a cucinare perché doveva cucinare, mentre mia madre era bravissima perché amava cucinare. C’è una bella differenza no?
Però è il giorno di Natale. La nonna preparava questa cena su questo lungo tavolo in cucina e preparava tutte queste meravigliose cose modenesi, partendo dalla frittatina all’aceto balsamico che nonna andava su a prendere in solaio.
Casa mia era come l’hotel California, sempre aperto. A tutte le ore. Mia madre aveva sempre in frigorifero pieno ed eravamo sempre pronti per un ospite inatteso”.
Massimo Bottura – inutile fare presentazioni – ha creato questa colazione che poi ha avuto un’evoluzione nel 2020. Quando il locale ha riaperto dopo il lockdown, il primo passo di questa evoluzione è stata aprire Maria Luigia a tutta la gente di Modena e dell’Emilia.
“Abbiamo creato un brunch che da brunch è diventato un barbecue”.
Come nascono il Gatto Verde e il NOT BBQ
Ma la svolta è stata 18 mesi fa grazie (anche) a un grande gallerista di Modena. Si chiama Emilio Mazzoli, apre una mostra pazzesca e dice a Massimo: “Vieni, vieni a vedere questa mostra! Ci sono Richard Milazzo e altri artisti americani, devi venire a vedere questa mostra!”
Alla mostra c’è questo artista degli anni 80: Mike Bidlo. L’artista crea dei ready-made stile duchamp, ma non con gli oggetti della quotidianità, ma con le grandi opere d’arte e presentandole con un N O T in grande davanti al nome dell’artista. NOT Jackson Pollock, NOT Frank Stella, NOT Andhy Warhol.
E lì, in quel momento l’eureka ha illuminato Massimo: “Sai cosa c’è? Questo qua è un’idea straordinaria, deve diventare NOT barbecue perché è BBQ che va molto più in profondità fondendo la tecnologia contemporanea con la concettualizzazione delle tre stelle Michelin e le abitudini che lo accompagnano: il maneggiare, il fuoco e fumo, temperature diverse”. Da lì, 18 mesi dopo è nato il Gatto Verde dedicato al fuoco e alla brace.
La serata che svela il Gatto Verde come tempio del fuoco
E questa è la storia di una serata pazzesca incentrata sul fuoco, strumento primordiale della cottura in cui non potevano mancare le pizze a celebrare e ricordare il sacrificio di Efesto.
Gli attori sono Francesco Martucci (della pizzeria I Masanielli di Caserta), Diego Vitagliano (dell’omonima pizzeria a Napoli), Jessica Rosval (dea del fuoco del Gatto Verde), Tomaž Kavčič (stella Michelin del ristorante Gostilna Pri Lojzetu a Zemono), Aitor Arregui (asador di Elkano a Getaria).
Che ci fa la pizza?
Le fiamme ci prendono subito. Sono quelle del forno a legna che restituisce la Parmigiana 3G di Francesco Martucci. La ormai famosa pizza a 3 cotture con pomodoro San Marzano DOP, melanzane, Fiordilatte di Napoli, Parmigiano Reggiano di Bianca Modenese. Una parmigiana di melanzane “a tre giri” composta e cotta sulla pizza, vapore, fritta e al forno. Una tecnica di cottura che dona scioglievolezza all’impasto senza scadere nel dolce che ci si aspetterebbe dagli ingredienti. La parmigiana per antonomasia, equilibrata e confortevole. Croccante dal cuore morbido, perfettamente asciutta.
Diego Vitagliano porta il fuoco della caldera dei Campi Flegrei a bagnarsi nella crema di Parmigiano Reggiano 36 mesi, spalla cotta di suino tranquillo, burro montato e salvia. Si chiama Come un Tortellino. Una pizza studiata nel dettaglio, anche nella sua presentazione. Areata cede al morso senza gommosità. La crema di parmigiano e il burro dominano con il sapore grasso.
Prendo a volo un calice di champagne Dom Perignon – Vintage 2013. L’impasto della pizza di Vitagliano è pazzesco. Il topping della parmigiana di Martucci è pazzesco. Il confronto è come camminare sui carboni ardenti.
Siamo all’aperto nel giardino della residenza che è locanda ancor prima che hotel di charme, boutique hotel, insomma un posto bello. E buono.
Jessica Rosval ci richiama nella sala interna del Gatto Verde dove il fuoco del piacere della tavola ci consumerà del tutto. Ci introduce brevemente al menu e apre le danze con un suo piatto: il Borlengo di acqua di porcini. Sono già pronto a santificare la stagionalità dei funghi anche se qui l’autunno sembra ancora lontano da venire. Al déjeuner sur l’herbe sono arrivato con la capote dell’auto abbassata passeggiando lungo il viale alberato. Nemmeno se stessi percorrendo le Ripe Rosse affacciate sulle acque del Cilento.
Gioco di tradizioni come se stessimo attorno al caminetto
Assaggio subito il borlengo con porcini bianchi e Parmigiano Reggiano 36 mesi accompagnato dal Maggiorina 2022 Le Piane.
Il Borlengo non doveva esserci. Dobbiamo ringraziare il sindaco di Modena che lo ha mangiato durante la serata di domenica esclamando: “Il miglior Borlengo che ho mai mangiato lo ha cucinato una canadese al Gatto Verde!”.
E così, in una sala che è uno spicchio di mondo, con professionisti da contintenti diversi, Jessica sceglie un piatto che ci porta davvero a Modena, con una preparazione molto classica.
Una cialda che si cuoce su una grande padella di ghisa sul fuoco, ma invece di usare la normale acqua, lo staff decide di utilizzare un intenso infuso di porcini.
Sono i primi porcini della stagione, che stanno uscendo proprio in questi giorni ad essere affumicati e riempiti (nella loro cialda) da tartufo fresco. Questi sono i primi due bocconi della serata.
Il piatto richiama la terra, con il tartufo a fare da padrone suscitando la reazione di un commensale: “scontato e un po’ ruffiano” dimenticando la funzione del piatto: portarci a Modena e ai suoi sapori tradizionali. Il sapore di porcino è delicato e al primo morso veniamo trasportati nei boschi Emiliani.
Ciao ciao estate ma con una lacrima stupenda
Tomaž Kavčič mette altra carne sul fuoco del Gatto Verde. Anzi, un’insalata: Addio all’estate – Insalata di Fuoco.
Un’insalata con peperone e cetriolo tutto grigliato e accompagnato dall’infuso delle verdure.
Lo chef ha creato una crema con le verdure e ha aggiunto le cicciole (in Slovenia non puoi servire un’insalata senza) di Grano Saraceno.
Sotto un pesce amato dallo chef, il Cavedano del fiume Vipava, pieno di spine ma con una carne stupenda.
Pensando al fuoco, prima del fuoco lo chef ha barricato il pesce tra due lastre di ciliegio per 6-7 ore come una morsa di legno. Un processo che dona un retrogusto di legno di ciliegio. L’insalata arriva con uno scolapasta da mettere su un piatto centrale alla fine. Tutto perché lo chef potesse commentare: “Hanno fatto la scarpetta con il mio piatto”. Confermiamo, nessuno al tavolo si è privato di questo epilogo.
Il piatto è leggero sul palato. La carne morbida e l’aria di insalata donano freschezza e contrastano con la croccantezza delle cicciole.
L’efesto del pesce
L’Efesto della mitologia in cucina è l’asador. Direte carne e invece Aitor Arregui va di pesce con Cocochas, gola di merluzzo in due modi: grigliata e in salsa pil-pilean
La Gola di Merluzzo del Cantabrico è servita in due porzioni. Una è alla griglia. Incredibilmente gustosa, fuori racchiude la morbidezza del merluzzo esplodendo il succulento e l’affumicato. L’altra immersa in una vellutata salsa pil-pilean che dona una nota acida e un sapore ricco (di fumo) e robusto al pesce che ne viene irrorato. Lo stesso elemento ma differenti texture e sapori.
Al calice arriva il Riesling Mauerblümchen 2020 – Sven Nieger
Carne e pizza, o quasi
Non vi arrendete al sapore del pesce che c’è ancora Tomaž Kavčič con la carne. Dove c’è fumo, c’è fuoco con il collo di mangalica marinato nel miele. E accompagnato da un bicchiere di Ribolla 2010 di Josko Gravner. Sento che sto per commuovermi.
Lo chef utilizza il ciliegio anche per il secondo piatto, aggiungendo delle verdure di stagione. Protagonista è il maiale-pecora, unico maiale con un contenuto di colestorolo positivo, marinato sotto il miele. Un’idea semplice. Sapendo però che ci sarebbero stati i pizzaioli e che le colazioni a Casa Luigia sono centrali ecco il piatto che omaggia la genesi della ristorazione di Casa Luigia. Tomaž Kavčič accompagna il piatto con una brioche fatta da loro, affumicata e salata nel pomeriggio.
Un panino ricco che quando lo schiacci esce la rapa rossa invece del ketchup, il finocchio al posto della maionese. Il maiale è dolce e succoso a contrasto conla brioche affumicata e salata. Che connubio di sapori al fiammeggiare del fuoco del Gatto Verde!
Dimenticate il rombo, mangiate il rombo vero
Rodaballo è il signature dish di Aitor Arregui ad Elkano. Un rombo intero alla griglia accompagnato da La Nera del Birrificio Beltaine Cervogia, una birra doppio malto alle castagne affumicate e ginepro.
Il rombo alla griglia è tanto semplice quanto complesso nel servizio. Una divisione scrupolosa da parte del cameriere che lascia i commensali viaggiare dal dorso alla guancia del pesce. Il tutto irrorato da un’emulsione eseguita rapidamente al tavolo. Il piatto non è salato, ma il gusto salmastro è un tuffo dalle coste Basche.
Non proprio limoncello o meloncello
Un dessert con una forte impronta della tradizione italiana per Jessica Rosval: Melon Lemon. Scorza di limone, melone bianco, ruta. Ovunque si vada qualcuno ha una scorta di Amari e li tira fuori alla fine del pasto. “Mio nonno ha imbottigliato questo, mio padre invece ha preparato questo l’anno scorso A volte sono amari oppure caldi. A volte non così buono. A volte è ottimo”.
Ma la traiettoria non è unica e Casa Maria Luigia inizia a prepararli e a inserirli nei pre-dessert, come modo per pulire il palato dopo la portata principale.
Il Melone e Limone è l’amaro che ci viene proposto, realizzato con limoni bruciati ed erbe amare dei giardini circostanti, su diverse consistenze di bianco, melone e, naturalmente, limone. Il dessert è dominato dall’amaro e dall’acido che resettano il palato per far esprimere al meglio quel che segue.
Al Gatto Verde c’è il fuoco ma anche la cenere
Jessica chiude la serata con un piatto che l’ha spinta a non darsi dei limiti, a divertirsi in cucina per dare il meglio durante il processo creativo. Un piatto che, in una serata dedicata al fuoco non lo utilizza, non utilizza nemmeno il fumo ma solamente la cenere. Ed è accompagnato dal Lambrusco Rosè – Cantina della Volta servito con sciroppo alla rosa.
Cielo Terra Mare è stato preparato alla fine della serata, quando il fuoco si spegneva lentamente lasciando le ceneri da cui è nato un semifreddo con carbone, caviale, lampone, rosa e acqua di mare. La mineralità della cenere ci porta al mare, affiancato dalle alghe e dal caviale. Con il lampone e la rosa a donare una componente fruttata che svanisce nel dominio affumicato del dessert.
Non ci sono parole migliori per descrivere il piatto se non quelle di Jessica: “It’s a wild ride”. Un’avventura mozzafiato.
La serata si conclude con la piccola pasticceria e un’emozione che rappresenta l’Emilia Romagna in tutta la sua complessità: Eat slow, drive fast.