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15 Ottobre 2023 Aggiornato il 18 Ottobre 2023 alle ore 14:37

Starbucks a Milano: ha perso 23,5 milioni ma è un successo

Perché Starbucks è ancora un successo a Milano dopo aver perso 23,5 milioni. Intanto Percassi guadagna con il marchio mentre Princi perde
Starbucks a Milano: ha perso 23,5 milioni ma è un successo

Starbucks perde ancora a Milano, e pesantemente.

Ma dopo 5 anni dallo sbarco in Italia con i conti sempre in rosso, si parla meno di flop per la catena americana e di un amore mai sbocciato con la città

I dati economici di Starbucks a Milano, tra fatturato, perdite e prezzi

Starbucks roastery milano ingresso

Starbucks ha registrato una crescita costante del fatturato a Milano passando da 12,7 milioni di euro nel 2019 a 15,4 milioni nel 2020. Con un incremento del 21% rispetto all’anno precedente. 

I conti tuttavia non sono tornati: nel 2020 la catena americana ci ha rimesso 15,1 milioni di euro, una perdita consistente.

Nel 2021, poi, i ricavi sono saliti fino a 18,2 milioni. 

Ciononostante Starbucks non ha raggiunto il pareggio dei conti a Milano, dove ha accumulato perdite per 23,5 milioni di euro in tre anni. 

L’arrivo di Starbucks a Milano nel 2018 ha generato grande clamore, con lunghe code di persone in attesa di provare il famoso caffè.

Parliamo di una catena globale con un modello di business consolidato. La sua presenza a Milano ha significato un segno del crescente interesse da parte delle grandi aziende straniere per il mercato italiano.

Da allora Starbucks, che ha scelto Milano perché è la città dov’è nata la passione per il caffè del suo fondatore Howard Schultz, ha affrontato un difficile percorso di apprendistato nel Bel Paese. 

Obiettivo conquistare i palati degli italiani, abituati al caffè espresso dei bar tradizionali. 

Lo ha fatto aprendo spazi ampi e accoglienti, situati in zone centrali e di prestigio della città, dove i clienti trovano una vasta gamma di prodotti e servizi. 

Starbucks apre il primo Reserve Roastery d’Europa a Milano

Starbucks Milano Reserve Roastery

Tra questi, spiccano il primo Starbucks aeroportuale d’Italia, e soprattutto la prima Reserve Roastery d’Europa in piazza Cordusio a Milano

La faraonica torrefazione ha inciso in modo consistente nei costi sostenuti da Starbucks per sbarcare in città e convincere i milanesi.

Per il solo recupero dell’edificio se ne sono andati 240 milioni, per la caparra e le migliorie allo stabile ne sono serviti altri 26. Installare gli impianti necessari ha portato via 25 ulteriori milioni.   dove si può anche assistere alla torrefazione del caffè.

I numeri sono da rivedere per la catena di Seattle, abituata a dominare nei paesi d’origine con i suoi famosi “frappuccini” e caffè personalizzati. 

Ma va sottolineato che il potenziale di crescita è ancora enorme.

A Milano restano soltanto 8 dei 10 punti vendita iniziali, segno che due locali non hanno retto all’impatto della pandemia negli ultimi anni. 

In Italia, invece, Starbucks è presente con 25 negozi del suo format classico, l’ultimo dei quali ha aperto a Roma. I piani prevedono che entro la fine del 2023 i punti vendita aumentino fino a diventare 36.

Covid a parte, i motivi che spiegano le difficoltà di Starbucks sono diversi:

  • I costi di apertura e gestione dei locali sono elevati, soprattutto a Milano.
  • La concorrenza è forte. In Italia, ci sono molte catene di caffè, come Nespresso e Lavazza.
  • L’inflazione ha portato a una riduzione dei consumi.

Starbucks a Milano, i numeri e le strategie della catena americana

Eppure dal punto di vista commerciale, il successo di Starbucks a Milano è stato indubbio. 

I ricavi raggiunti, peraltro in costante crescita, sono superiori alla media europea, dove il fatturato medio per locale è di circa 10 milioni di euro. 

La strategia di posizionamento di Starbucks, per raggiungere questi risultati, è basata su un prezzo premium del caffè espresso, che costa 1,80 euro a tazza, contro una media di 1,20 euro nelle altre città europee. 

Un prezzo superiore anche a quello praticato dai bar tradizionali italiani, che si aggira intorno a 1 euro. 

Starbucks, specie nella Roastery di Milano, ma un po’ in tutti i punti vendita, punta a differenziarsi dalla concorrenza offrendo una varietà di prodotti e servizi aggiuntivi. Come il wi-fi gratuito, la possibilità di personalizzare il caffè e la vendita di gadget e souvenir.

I piani di espansione in Italia con l’apertura di altri locali 

Starbucks take-away milano

Il mercato del caffè, in crescita, può aiutare, la multinazionale ha tuttora la possibilità di conquistarne una quota significativa.

Per farlo Starbucks, che ha in programma di aprire altri due locali a Milano entro il 2023 e di espandersi in altre regioni italiane come il Veneto e la Toscana, dovrà trovare il modo di ridurre i costi di gestione e aumentare le entrate. 

Starbucks potrebbe farlo aprendo le sue caffetterie in città meno care di Milano, oppure preferendo le aperture nei centri commerciali, meno costosi. 

Anche proponendo prodotti e servizi più competitivi rispetto ai concorrenti, o focalizzandosi sui mercati di nicchia, come il caffè per l’asporto o il caffè in capsula.

Chi guadagna con Starbucks? Percassi

Chi invece sembra avere trovato la quadra economica è Percassi, il gruppo bergamasco che gestisce in esclusiva lo sviluppo del marchio Starbucks non solo a Milano ma sul territorio italiano. 

Nonostante le perdite strutturali registrate a livello globale dalla multinazionale, Percassi è riuscito a rendere profittevole la propria partnership. Grazie, in particolare, a una profonda conoscenza del contesto locale e a una gestione oculata dell’espansione retail. 

L’ex presidente dell’Atalanta, con la sua società, che sta diffondendo in Italia e in Europa anche il marchio All’Antico Vinaio, ha dimostrato di essere un partner affidabile per Starbucks, riuscendo ad aprire 13 nuove caffetterie a Milano e in Italia nel 2022. 

Con buone possibilità di raggiungere il suo obiettivo di aprire 100 caffetterie in Italia entro il 2025.

Starbucks e Princi, un matrimonio che non decolla

Starbucks princi

Starbucks e il noto forno di Milano faticano a trovare il giusto equilibrio tra qualità e redditività. 

Princi, marchio storico della panificazione milanese, fondato nel 1986 da Rocco Princi, ha conquistato i palati dei milanesi con i suoi prodotti.

Princi ha anche saputo innovare, introducendo il concetto di “forno-bistrot”, dove si può mangiare a qualsiasi ora del giorno.

Com’è nata la collaborazione tra Starbucks a Princi

Princi starbucks

Nel 2018 Starbucks ha scelto Princi come partner esclusivo per la fornitura di prodotti da forno nei suoi locali più prestigiosi, le cosiddette Reserve Roastery, compresa quella di Milano.

Grazie a questa collaborazione il forno milanese ha registrato una crescita del fatturato negli ultimi anni. 

Il fatturato è passato da 28 milioni di euro nel 2019 a 32 milioni nel 2020 e a 35 milioni nel 2021.

Eppure i conti non tornano: Princi ha accumulato perdite per 12 milioni di euro nel 2020 e per 8 milioni nel 2021

La prima causa sono i costi elevati di produzione e di trasporto dei prodotti, che devono essere consegnati freschi ogni giorno nei locali della catena americana di caffè. 

Princi ha incontrato difficoltà nel mantenere il livello dei suoi prodotti nel rapporto con Starbucks, abituata a una standardizzazione dell’offerta e alla velocità del servizio. 

“L’Armani del pane”, com’è stato ribattezzato il panettiere calabrese che ha fatto fortuna a Milano, ha dovuto adeguarsi alle richieste di Starbucks. 

Modificando alcune ricette e aggiungendo alcuni ingredienti, come lo zucchero e il burro, per rendere i prodotti più dolci e morbidi.

L’alleanza tra i due marchi è ancora in fase sperimentale e potrebbe subire dei cambiamenti in base ai risultati ottenuti. 

Ma non sembra facile trovare un giusto compromesso tra qualità e redditività, senza che sia Princi, sia Starbucks, perdano parte della loro identità.

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