Cinque Montepulciano d’Abruzzo da mettere in cantina
Wine Tour 2014, organizzato e promosso dal Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo, ha permesso ad un gruppo di giornalisti italiani e internazionali di conoscere a fondo i vini, la cucina e il territorio di quattro province abruzzesi.
In 4 giorni ho esplorato più cantine di quanto potessi fare in un mese. E ho assaggiato una settantina di vini circa (forse di più), tra Pecorino, Cerasuolo, Trebbiano e, naturalmente, tanto buon Montepulciano d’Abruzzo.
Ecco 5 vini che vorrei consigliarvi alla voce Montepulciano.
1. Margae 1999
Bellissimo il landscape, fiabesco l’esterno della cantina rivestito dall’arenaria, una pietra molto particolare, gli interni della cantina essenziali ed eleganti, padroni di casa accoglienti. In questo contesto perfetto il vino poteva essere da meno? Ovviamente no, soprattutto se si beve un Margae 1999. La fusione di due nomi (Margarita e Gaetano, due dei quattro figli del proprietario) e l’arte di affinamento hanno fatto nascere un nettare carico di frutti rossi e di spezie, dai tannini morbidi e vellutati. Insostituibile con i primi importanti, carni sulla brace (tenetelo a mente voi che iniziate a mettere in opera il BBQ) o anche con il cioccolato fondente.
2. Amir 2007
A chi non incuriosisce la linea “Antica Persia” di una cantina tutta italiana nel cuore dell’Abruzzo? Me lo sono chiesta pure io. La spiegazione è che il vino, prima di tutto, è poesia, è arte, e, consapevoli di questa sua natura, gli regaliamo spesso le vesti romantici delle antiche lingue e tradizioni. Amir in persiano significa “principe”, e il Montepulciano d’Abruzzo, si sa, è forte ed elegante come un nobile d’altri tempi, di terre lontane. More, visciole, vaniglia, cuoio – un vino leggenda, un vino per sognare.
3. Fonte Cupa 1998
Incantevole il paesaggio rurale, curiosa una piccola collezione di oggetti antichi, interessante la linea Fonte Cupa, composta dai vini dalle vendemmie di migliori annate. Tra il Trebbiano d’Abruzzo, il Pecorino o il Cerasuolo c’è un imbarazzo della scelta, ma uno in particolare, una riserva Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane DOCG del 1998 risulta tra i migliori. Color rubino carico tendente al granato, profumo persistente, con sentori di more, prugne e sambuco, morbido e ben strutturato al palato. Quasi da meditazione.
4. Montepulciano d’Abruzzo Riserva 2006
Una piccolissima azienda sperduta in montagna ( 5 ettari di vigneto, 25.000 bottiglie in cantina tra Montepulciano d’Abruzzo e Cerasuolo ) che punta non solo sulla tradizione e l’artigianalità, ma anche sulla produzione biologica, escludendo i diserbanti chimici e usando le concimazioni naturali quali sovescio e letame. E il Montepulciano, trattato con amore, vinificato in purezza con il minimo di interventi in cantina, paga. In cantina sono disponibili tutte le Riserve a partire dal 1990, sicuramente notevoli, ma anche una Riserva recente del 2006 è stata una bella sorpresa, che si sposa a meraviglia con un saporito pecorino a tocchetti.
5. Don Bosco DOP 2008
Impossibile entrare in quella antica cantina e non sentire il profumo della storia ultracentenaria. Un lungo percorso attraverso il museo del vino e delle arti contadine, i tunnel di affinamento delle bottiglie e le bottaie di barrique e botti grandi porta nel cuore nella cantina, dove si svolge la degustazione, lontana dai rumori esterni e dai trilli dei cellulari. La riserva Don Bosco Montepulciano d’Abruzzo è senz’altro la linea più interessante dell’azienda. Oltre ad un bel colore rubino, il vino regala fin da subito i sentori di petali di rosa appassita e di frutti di bosco maturi, i tannini ancora vivi (come direbbe un sommelier) e un lieve retrogusto di liquirizia. Direi, perfettamente adatto ai piatti di selvaggina e agli affettati.
Questo invece è un vino fuoriserie della stessa cantina.
Montepulciano d’Abruzzo 1973
Poesia pura. Non cercatelo in giro, non ce l’ha nessun rivenditore, nessuna enoteca tranne, forse, qualche appassionato privato e, naturalmente, la cantina Bosco Nestore, la culla di questo nettare divino. Ho avuto un privilegio di degustare il vino vecchio quanto me, che mi ha dato emozioni indescrivibili. Sentito dal profondo dell’anima e raccontato dai maestri sommelier, ecco com’è: immediata freschezza, profumi di sottobosco, di funghi e di tartufo. Ma anche di amarena e di liquirizia. Poi arrivano la fragola, i frutti rossi, il tannino nervoso e un sentore di cioccolato. I professionisti dicono che potrebbe restare ad invecchiare per altri 10 anni e portarli con dignità.
Io vorrei essere come lui, tra 10 anni.