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Ristoranti
15 Marzo 2012 Aggiornato il 18 Marzo 2012 alle ore 12:19

Aimo e Nadia. Il Luogo dove il prodotto incontra l’eleganza

Aimo e Nadia, dal 1962 il Luogo ideale dove consumare un pasto sofisticato e piacevole. Il prodotto al centro di piatti raccontati a 4 mani
Aimo e Nadia. Il Luogo dove il prodotto incontra l’eleganza

Milano è uno stato d’animo, più un’emozione e un’idea che un luogo. A chi come me è cresciuto negli anni ’80 Milano rimanda subito un’idea di solidità europea, di un’Italia diversa e possibile, più vicina, e non solo geograficamente, all’Europa. Questo pensavo nelle brume di fine inverno, suonando il campanello di Via Montecuccoli.

L’indirizzo è lo stesso, dal 1962, quando Aimo e Nadia, coppia di vita e lavoro, decidono di mettersi in proprio. Quasi cinquant’anni di storia, non è poco di questi tempi, in cui i ristoranti aprono e chiudono nel volgere di una stagione. Un ristorante borghese, in ogni senso, con classe e eleganza molto old fashion, e piatti che stanno lì da sempre, immutati e immutabili.

Io mi accomodo in un tavolo, ospite di amici brasiliani, al tavolo a fianco il nostro c’è Lorenzo Sandano. Come dire due generazioni di Scatti di Gusto a confronto. Chissà cosa penserà il giovane Sandano di tutto questo, della storia affascinante ed ingombrante che arricchisce questo “luogo”. Incroceremo forchette e sensazioni a distanza in un confronto generazionale che è la sintesi di locali come questo.

Aimo ci accoglie e spiega la sua visione: prodotto sopra tutto. Ma non Il prodotto con la P maiuscola, cui ci hanno abituato tanti giovani chef à la mode, per intenderci quello con nome e cognome, di cui sappiamo tutto e abbiamo letto di più. Ma un prodotto più umano, certificato “solamente” dalla scelta dello chef.

Iniziano a succedersi i piatti e non posso fare a meno di pensare: stile e classe allo stato puro. Molta sostanza e piacere, per una cucina totalmente al servizio del consumatore e non viceversa. La borghesia è il filo conduttore che lega tutto: lini canditi, argenti impeccabili, sedie comode, piatti solidi e sapori eleganti. Il posto perfetto dove consumare un pasto sofisticato e piacevole, dove non pensare tutto il tempo all’eccezionalità dell’esperienza, ma dove poter consumare la vita. Quanti fidanzamenti, affari, funerali, incontri, amori si sono celebrati a questi tavoli? Quanta vita vera è scorsa sotto queste luci soffuse? La quintessenza dell’idea di ristorante.

Ora vediamo i piatti secondo la duplice interpretazione:

Anatra muta tiepida al fumo di zucchero di canna, con melone giallo d’inverno, cous cous di semola e salsa di melagrana e zenzero.

Lorenzo Sandano. Esordio di gran classe in tutte le sue componenti. L’anatra mantiene un morso freschissimo supportato dall’uso prezioso dell’acidità della salsa. Il cous cous accompagna fedelmente la carne completando l’assaggio.

Alessandro Bocchetti. Una entrée che sa di salotto buono e di pranzo della domenica, non stupisce ma coccola e accompagna.

Pagello del mare ligure marinato ai soffi di sale di Mothia e limoni della costiera, con crema di pistacchi di Bronte e olio nuovo.

AB. Signori e signori, che classe. Raramente ho mangiato un crudo di pesce così armonico ed equilibrato. Il taglio è impeccabile, la marinatura centrata e composta, il sale lo verticalizza piacevolmente e i pistacchi arrotondano il tutto. La materia prima ci mette il suo, urlando il mare e il sole.

Verdure (da) amare: radicchio rosso tardivo, puntarelle, sedano, lampascioni, rape rosse, taleggio a latte crudo e rafano.

LS. Un piatto ben calibrato e per niente banale. Le verdure mantengono la loro personalità e il loro nerbo, coccolate dolcemente dalla grassezza del taleggio.

AB. Che piatto ragazzi, modernissimo ed insieme tradizionale. Le verdure danzano in bocca tra croccante, amaro e vegetale. Corroborate dalla morbidezza suadente del formaggio. Ne mangerei un vassoio.

Spaghetto di grano duro di Cavalieri al cipollotto e peperoncino fresco al filo d’olio e basilicio ligure.

LS. Un classico di questa tavola che rimanda il palato a tempi passati. Un piatto solido e casalingo, quasi immortale, che dimostra quanto la semplicità possa essere definitiva se si utilizzano nobili ingredienti.

AB. Ecco la summa della cucina di Aimo. Sapori guasconi, casalinghi e rassicuranti. Un primo piatto senza tanti salamelecchi, tutto efficacia e immediatezza. Il piccante verticale incontra la dolcezza del cipollotto, l’amido dello spaghettone lega il tutto senza troppe reticenze. Un uppercut di gusto! Bottura ne ha mangiati cinque piatti di seguito, io ne mangerei anche il sesto.

Risotto mantecato all’olio con seppioline, pomodori al filo, cime di rapa, finocchietto marino e capperi di Scauri.

AB. Si può venire a Milano e non assaggiare il riso? Questo che ci arriva in tavola è verde e all’onda. La cottura impeccabile, anche se l’eccesso di profumi di erbe e clorofilla non lo bilancia mai e copre completamente le seppioline. Fin troppa roba, non posso fare a meno di chiedermi se non andrebbe allegerito.

Zuppa etrusca con cavolo nero, verza, ortaggi, legumi e farro della garfagnana alle erbe.

LS. Un altro elogio alle verdure e alla semplicità, in questa zuppa dove tutto è al proprio posto ed esalta splendidamente le consistenze di ogni componente, dalle verdure ai legumi.

Fusilli di semola fatti a mano alla crema di tartufo bianco di Alba, acciughe di Monterosso e pane di farro croccante alle erbe.

LS. Un primo piatto goloso ed avvolgente. Non fornisce contrappunti  interessanti ma mostra la grande fattura della pasta fatta a mano.

Fettuccelle fresche di farina Abbondanza con capretto al vino di visciole, castagne e funghi porcini essiccati dell’Abetone.

LS. Un piatto che troverebbe maggiore spessore nella stagione dei funghi freschi nonostante la pregevole fattura della pasta. Gli ingredienti sono ben legati da un filo logico che viene leggermente meno vista la presenza del fungo secco.

Salama di Aimo con puré al burro.

LS. La semplicità torna sovrana in questo insaccato naturale senza alcun conservante, servito adagiato su un sontuoso purè a dir poco commovente. What else?

AB. Appunto, cos’altro serve a questa salama impeccabile? Talvolta il prodotto basta a sé, serve solo accudirlo e accompagnarlo, in una parola coccolarlo come fa questo purè spaziale.

Trippe di bue di Carrù con ceci delle Murge al profumo di finocchio selvatico.

LS. Le trippe mantengono un gran corpo e una succulenta masticabilità, ma la “zuppetta” di legumi che le accompagna tende a rimanere un po’ piatta, fortemente aromatizzata dal finocchietto.

Pre-dessert con arancia e olio di oliva.

LS. Un pre-dessert fresco e coinvolgente, anche se l’olio aggiunto all’ultimo non fornisce a mio parere nessun valore aggiunto.

AB. Sono d’accordo con Lorenzo, tre sorbetti di agrumi buonissimi, ma l’olio è sostanzialmente inutile.

Soufflé alla liquirizia con gelato alla nocciola.

LS. Un dolce un pò deludente nell’intensità definitiva e debole sulla fattura del gelato. Peccato. Una buona piccola pasticceria chiude dolcemente questo bel pasto in un tempio assoluto della ristorazione italiana.

AB. Questo il Luogo di Aimo e Nadia, un tempio della cucina italiana.

(Alessandro Bocchetti e Lorenzo Sandano)

Il Luogo di Aimo e Nadia. Via Montecuccoli, 6. Milano. Tel. +39 02 416886

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