Bror, sperma di baccalà e palle di toro al Noma versione low cost
Se la prima cosa che vi viene in mente sentendo nominare la città di Copenhagen è il ristorante Noma ma non siete ancora riusciti a varcare la fatidica soglia di Strandgade 93, allora Bror fa per voi. Lo hanno aperto esattamente un anno fa i due più promettenti sous-chef di René Redzepi, Samuel Nutter e Victor Wagman, sopravvissuti a sette anni nella cucina del genio bistellato del New Nordic Food.
Samuel e Victor, che non sono fratelli come lascerebbe intendere il nome del ristorante, hanno ridotto le 20 portate di Noma a sole 4, e da 1600 corone (220 euro) a 375 (50 euro) il prezzo del menù fisso, facendo così la loro fortuna e la gioia dei loro avventori. Certo non ci vogliono i tre mesi d’anticipo mediamente richiesti da Noma per prenotare uno dei 46 coperti di Bror, ma da un po’ di tempo a questa parte è diventato molto difficile mangiare senza prenotazione.
La riduzione delle portate e del prezzo non è però la sola chiave del loro successo, che ormai appare avere conquistato una sua naturale dinamica dopo l’inevitabile propulsione iniziale dovuta all’origine dei proprietari. Il menù di Bror non è solo più corto e più economico di quello di Noma, ma regala un’esperienza gastronomica affatto diversa. Sarà il contesto: il locale è piccolo, accogliente, quasi familiare, sarà il servizio, cortese, simpatico, partecipativo, ma alla fine certe strane prelibatezze, certi azzardi (almeno per il nostro palato) risultano più confortevoli e seducenti di quelli di provati da Noma, con il suo estremismo un po’ asettico e i suoi tempi incalzanti.
Quando ti portano a tavola un occhio di agnello ripieno di funghi, i camerieri stanno lì a guardare l’effetto che fa, ti incoraggiano e ti sfidano senza sussiego. E anche il piatto è preparato in modo vagamente autoironico. Il pentolino fondo, in cui il bulbo oculare è servito, ha per coperchio una grossa lente di ingrandimento, come a dire: non ti puoi sbagliare è proprio quello che pensi e soprattuto, mangialo a occhi aperti.
Un po’ lo stesso gioco capita con la terrina di sperma di baccalà, che Samuel ti consiglia di gustare come se fosse foie gras “che sa di pesce”, ma ti invita anche a notare la texture diversa, più rarefatta ed evanescente di qualsiasi patè. Qui però ero meno colto di sorpresa avendo già assaggiato – alle nostre latitudini – quella squisitezza che è il lattume di tonno, sperma di tonno per intenderci che dalle parti delle Egadi fanno fritto o a pezzettini nell’insalata.
Bisogna dire che da Bror non ci si sfama ma ci si diverte. Le porzioni sono piccole e non tutte incontrano il gusto di tutti. Le palle di toro in salsa tartara, ad esempio, non mi hanno fatto impazzire ma è stato interessante provarle pur non essendo a Denver dove sono una specialità.
Se vi resta un po’ di fame, oltre alle quattro portate del menù si possono aggiungere degli “snaks” a 6 euro l’uno e dei dolci a 7 euro. Incantevole tra questi ultimi, la scorzonera caramellizzata con gelato di mirtillo e avena tostata. Si beve anche bene con la cantina selezionata dal sommelier Alexander Elsner, grande conoscitore di vini naturali e biologici. Un “pairing” di quattro bicchieri costa quanto il menù.
Alla fine sarete arrivati ad aver speso qualcosa di più di cento euro, ma con la sensazione piuttosto netta di aver fatto un’esperienza in profonda sintonia con la città: elegante, innovativa, informale e un po’ matta.