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2 Ottobre 2017 Aggiornato il 3 Ottobre 2017 alle ore 11:16

Davide Caranchini, giovane stella che brilla al ristorante Materia a Cernobbio

Materia è il ristorante di Cernobbio che vede in cucina Davide Caranchini, giovane chef che ho assaggiato nella scia dei locali giovani come il Flora di
Davide Caranchini, giovane stella che brilla al ristorante Materia a Cernobbio

Materia è il ristorante di Cernobbio che vede in cucina Davide Caranchini, giovane chef che ho assaggiato nella scia dei locali giovani come il Flora di Busto Arsizio.

Davide Caranchini porta con sé varie esperienze internazionali, ma sono le influenze nordiche quelle che si ritrovano nel piatto, di quel Noma punto di riferimento per tanti ricercatori di nuove tecniche ed ispirazioni, oltre a quelle delle donne di casa. Connubio che lo stesso Davide sottolinea con piacere a fine cena.

In sala Ambra, Marco e Luca – il sommelier – si alternano nel servizio con buona disinvoltura. Un plauso per i tempi assolutamente azzeccati, così come per la scelta dei calici in abbinamento ai piatti. Proposta vini che non ha osato, forse riconoscendo una impreparazione della piazza verso etichette azzardate, ma lodevole per il giusto compromesso con le portate servite.

Inizio dalla cantina.

Stroblhof Pinot bianco. Altoatesino fino al midollo, algido ma aggraziato.

Muscadet Sèvre et Maine sur lie “Chambaudière” – Bruno Cormerais. Frutto generoso, mineralità iodata, pecca solo un filo in persistenza.

Venezia Giulia Pinot Grigio Ramato IGT “Gossip” – Di Lenardo. Color ramato a seguito di macerazione con le bucce, per il mio gusto la parte affascinante si ferma qui, manca di sprint.

Le Calderine. Bianco IGT Terre Lariane (sauvignon, Verdese Bianco e Riesling Renano). Schietto, note vegetale del sauvignon che fanno da apripista lasciando spazio alla mineralità del riesling.

San Pietro Valpolicella DOC Superiore – Monte Tondo. Interessante scoperta, buona l’acidità che rallegra un succosa frutto per un finale persistente.

Molte le materie prime povere in menu. Contrasti decisi si alternano a proposte più accomodanti senza perdere mai di vista il fine ultimo, solleticare il palato. I prezzi sono spiegati da lunghe lavorazioni, già discretamente ambiziosi per i portafogli italici, meno, decisamente meno, per quelli elvetici.

Quattro i percorsi di degustazione: vegetale a 50 €, tradizione a 55 €, 65 e 90 (da 6 e 9 portate) quelli a mano libera.

Alla carta antipasti 15/20 €, primi 15/17, secondi 23/28, dolci 10/11.

Noi abbiamo scelto il menu intermedio da 65 € con abbinamento al calice a 35 €.

L’ambiente è l’unico anello debole: credo che una cucina di ricerca come quella di Davide meriterebbe un palcoscenico più confortevole, o forse lo meriterebbe l’ospite che per un divertimento completo come il nostro che dovrà consegnare alla cassa una banconota europea di verde vestita.

Si parte con un aperitivo composto da sfiziosi amuse bouche, un’eterogenea proposta preludio di una cucina fatta di acidità calibrate, note fumé, profumi nordici, componenti vegetali, marinature. Ben confezionati anche pane e grissini che accompagnano un ottimo burro montato.

Trota salmonata marinata, rafano, kiwi fermentato e brodo freddo di mela. Infinita persistenza della pelle bruciata, elemento valorizzante di un piatto più che centrato.

Insalata di cavolo rosso, midollo affumicato, caviale e latte di mandorla amara. Acidità e materia grassa in un duetto decisamente aggraziato. Il più curioso e spinto della serata, un grande antipasto.

Cervello fritto, ribes nero, finferli, olio ai funghi porcini, salsa alla camomilla e legno di ginepro. Solo per palati forti? No! Solo per open minded, croccante frittura in un bosco estivo.

Gnocchi di prezzemolo, anguilla affumicata, aneto e succo di carota fermentata. Torna l’affumicatura – forse un filo ridondante – ma anche qui calibrata e arricchente uno gnocco morbidissimo su note dolci ed erbacee.

Bottoni di lingua di vitello, limone e coriandolo, vermouth e ruta. Un bottone fuori menu per rendere l’idea di quello che sarebbe stato il piatto. Forse la portata dal gusto più maschio, ne basta uno in effetti per fare da trampolino al piatto forte.

Piccione dell’Azienda Agricola Moncucco, lattuga, sambuco e radice di polipodio. Carni dall’eccezionale texture, cotte ma, all’apparenza, crude. Bello il fondo ma soprattutto le note che ricordano la liquirizia.

In un secondo tempo giungono anche filetto e coscia – leggermente secca – alle erbe aromatiche, per non lasciare nulla al caso.

Pesca, mandorla e alloro è il rinfrescante anticipatore dell’artistico dolce.

Bansky: lanciatore di fiori. Yogurt affumicato con polvere di anice stellato, gelato alla camomilla, crumble di nocciola, panna al fieno. La panna fa da vernice da lanciare sulla tavolozza, le dita la vanno a recuperare giocando e “rovinando” l’opera fatta di yogurt affumicato, il goloso gelato è consumabile prima, durante, dopo.

Ora che i lodevoli finti sassolini alias cioccolatini bianchi al pepe nero hanno lasciato la loro scia speziata possiamo salutare la ciurma e dire chiuso il nostro viaggio attraverso “Materia”.

Una cucina spensierata ma seria che attinge da varie culture e dal passato proiettandosi verso un luminoso futuro. Ripenso al cervello fritto e ai bottoni di lingua di vitello e mi chiedo quanto luminoso.

Ristorante Materia. Via V Giornate, 32. Cernobbio (como). Tel. +39 031 207 5548

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