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Vino
12 Dicembre 2011 Aggiornato il 6 Aprile 2019 alle ore 20:38

Champagne per le feste. Piccoli produttori o grandi marchi?

Le fashion victim dello champagne semi-sconosciuto e quindi fighissimo farebbero meglio a leggere una guida per non cadere nell'inganno delle piccole sigle
Champagne per le feste. Piccoli produttori o grandi marchi?

E’ trascorso più di un anno dacché tuonavo: viva il Dom Perignon! Apologia delle grandi Maison de Champagne, contro buona parte dei Récoltant Manipulant, proprio qui su Scatti di Gusto.

Era il pretesto per riportare l’annata 2002, millesimo perfetto, a maggior ragione per una grande Maison de Champagne e solo sfioravo, quindi contenevo, un argomento che mi sta particolarmente a cuore. Ora, la domanda è: Champagne di piccoli produttori? Récoltant Manipulant (RM)? No, grazie!

Per quanto mi riguarda potrei chiuderla qua ma preferisco non sottrarmi alla ventura, al possibile linciaggio da parte della curva sud del vino e provo ad argomentare, a spiegarmi meglio, da quella grande bevitrice di Champagne che sono e non sia mai che una volta tanto non trovi qualcuno disposto a darmi ragione. In verità un sostenitore l’ho trovato: l’amico Odisseo. Per l’occasione infatti e per appoggiare la mia tesi, viaggerà al mio fianco… Una decina d’anni direi.

Amici di Black Mamba, sapete come si fa a riconoscere un RM? Semplicissimo! Alla prima sniffata il vostro naso vi dà gli otto giorni. Alla seconda, i bambini vi implorano di non accostare la flute alla bocca (non prima d’aver messo nero su bianco dal notaio!) Alla terza, sognate con ardore l’alternativa di una cura canalare dal vostro dentista, lo stesso che avete mandato a quel paese dopo un’anestesia tronculare che aveva ridotto la vostra lingua a uno stoccafisso.

Gli elementi sarebbero già più che sufficienti, ma a noi piace spaccare il capello in quattro, questo si sa. Diamo quindi un’occhiata anche al perlage. Bolla stanca, bolla morta, diciamolo!

Un nostro amico decisamente coscienzioso, che tifa per la Sangiuseppese e fa il medico legale, ci riferisce addirittura di una casistica considerevole di bolle suicide, per autostrangolamento. Non dico che metterei la mano sul fuoco ma dopo numerosi assaggi, per noi la testimonianza dell’amico medico ha un elevato grado di attendibilità.

Con questi elementi in vostro possesso siete a cavallo, avete in mano la partita, il gioco è fatto, pertanto lanciatevi e affermate con baldanza, osando sprezzante spavalderia e senza timore di smentita, che quella è una bottiglia di Champagne RM e che con ogni probabilità non arriva a 20 euro, incluso il recente aumento dell’imposta di valore aggiunto.

Occhio agli avversari però! Mai abbassare la guardia e soprattutto non dimenticate di indossare ginocchiere, paradenti, mutande di lana e profilattico, già dalla mattina, perché queste bottiglie che a voi fanno vomitare, mandano in brodo di giuggiole una platea sterminata di talebani del vino, tipetti al cui cospetto Giuliano Ferrara appare come un angioletto riccio, biondo e paffutello.

Cauteliamoci, prendendo in esame tutte le ipotesi possibili, anche le peggiori.

Ragioniamo per assurdo e poniamo il caso che il vostro naso prenda tempo e prima di darvi gli otto giorni decida di recuperare un po’ di ferie maturate che gli spettavano. Nel contempo la bolla muore ma (sfiga!) l’infausto evento accade proprio durante un incontro interregionale fra Sangiuseppese e Galatina di Lecce. Il medico legale, tifoso sfegatato, è giustamente dedito a sputare ai calciatori della squadra avversaria dalla rete di recinzione e, pertanto, non può accertare il decesso della povera bolla che defunge mesta e sola. Come se non bastasse il quadro funesto di sfighe smodate ( e qui si sporge prepotente l’autocritica: spacchiamo sì il capello in quattro, ma i coglioni li affettiamo alla Julienne!) il vostro vegliardo notaio è improvvisamente irreperibile. Quel barbagianni ha deciso di regalarsi due notti al de Paris di Montecarlo, in compagnia di una fanciulla di costumi un po’ approssimativi ma di ottima lingerie. Ella ha classe ed è al contempo amorosa, sensibile e con buon uso di mondo. Non fa caso alla manifesta piorrea e giocherella amabilmente col suo infeltrito tupè, durante l’intera serata al Louis XV. Quel Mocho Vileda che l’uomo porta sulla chierica da 25 natali, da quando la moglie obesa gliel’aveva impacchettato sotto l’albero e che solitamente la bella fanciulla stringe a se, come un orsacchiotto, nei teneri minuti delle coccole prima della nanna, dopo aver sputacchiato, raschiando villana dalla gola, gli aridi peli del petto di quel bacucco del notaro.

Orbene, amici! Come affrontare, dopo tale scalogna, quel dannato bicchiere senza lasciarvi le penne?

Semplicissimo! Basta tuffarci dentro una monetina di rame da 5 centesimi, quelle che di solito lasciate di mancia al cameriere in pizzeria certi di risolvergli la rata del mutuo. Il rame, tempestivo e provvidenziale, sarà in grado di domare le riduzioni in eccesso e tutti i componenti birichini dell’indomito champagne generati da una tecnica di spumantizzazione un po’ approssimativa, rendendolo per lo meno potabile.

Avete presente quegli Avize che sanno di Lemonsoda? Oppure quei Mesnil appuntiti come stuzzicadenti ma la vostra lingua non è un’oliva? E che dire allora degli Ambonnay grassi, pesanti e sexy come due lottatori di sumo? Non parliamo inoltre dell’unica costante produttiva riguardo le annate che è l’incostanza, o della follia del passaggio in legno che Odisseo ed io abbiamo deciso di discutere in altra sede… direttamente nel mio bagno.

Per un La Closerie, che tante soddisfazioni ci ha dato, la rappresaglia degli RM imbevibili è indubbiamente spietata. Non ci aggradano l’incostanza e l’approssimazione delle tecniche di cantina, che rendono ogni assaggio un terno al lotto, una roulette russa. E ci fa sorridere la pervicacia con la quale molti appassionati legittimano i difetti attraverso acrobatiche espressioni come tipicità, mineralità, territorialità. Termini che perdono il contatto con la realtà quando azzardano la giustificazione di ciò che è indifendibile.

E’ difficile stilare una lista che non sia di proscrizione di anonimi carneadi. A parte quelli che ci incantano, come la Closerie o il vecchio Selosse (quello geniale, non il metafisico) che per anni ci ha fatto sognare, forse è meglio affidarsi all’esperienza di Luca Burei & C, consultando la guida “Le migliori 99 Maison di Champagne”, di Edizioni Estemporanee, che è appena uscita, completa, aggiornata e capace di distinguere la qualità, senza cedere all’abbaglio delle piccole sigle stampigliate ai bordi delle etichette.

Tenete gli occhi bene aperti quando bevete Champagne e se proprio dovete buttare via i soldi, fatelo almeno in Italia!

Parola di Black Mamba e Odisseo!

 

 

[Foto: linternaute.com, choisir-son-champagne.com]

 

 

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