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3 Luglio 2014 Aggiornato il 4 Luglio 2014 alle ore 10:32

Ora siete avvertiti: per criticare un ristorante, fatevi un selfie con lo chef

Non sono un critico professionista: sono solo uno che racconta quello che ha mangiato. La ricevuta in genere la butto, non ci faccio niente. Anzi, meglio
Ora siete avvertiti: per criticare un ristorante, fatevi un selfie con lo chef

vignetta-ricevuta-G

Non sono un critico professionista: sono solo uno che racconta quello che ha mangiato.

La ricevuta in genere la butto, non ci faccio niente. Anzi, meglio non conservarle: se facessi la somma di quello che spendo al ristorante mi potrei spaventare.

Ho la strana abitudine di scrivere solo di posti dove sono effettivamente stato, ma se qualcuno me ne chiedesse conto non sarebbe facile provarlo. Tutta colpa mia, perché sono disordinato e non archivio le ricevute.

Ci pensavo leggendo una recente sentenza che ha coinvolto un celebre critico gastronomico.

Il caso si può schematizzare così.

Il critico A scrive che dallo chef B si mangia male, B dice in televisione che A non è mai venuto nel suo locale. Allora A, sentendosi diffamato, chiede un mega-risarcimento a B. Il giudice, però, dà ragione a B.

Sembrerebbe che il giudice abbia creduto allo chef B e ritenuto il critico A un mentitore.

Mi sono chiesto come sia stato possibile accertare “al di là di ogni ragionevole dubbio” che A davvero non abbia mai messo piede (e forchetta) da B.

chef selfie

Ma forse mi sono posto la domanda sbagliata, e dovremmo attendere le motivazioni della sentenza per capirci di più. Magari al giudice non interessa sapere chi ha mangiato dove e come e ritiene semplicemente che l’accusa di far male il proprio lavoro, di barare, non meriti una condanna per diffamazione.

Non so voi, ma se uno mi accusasse di criticare un ristorante senza esserci mai stato, mi girerebbero parecchio. Non perderei tempo e denaro con cause civili, perché per me si tratta di un hobby, ma quando la buona fede e la condotta di un professionista vengono messe in dubbio è un altro paio di maniche.

Forse Edoardo Raspelli – è chiaro, stavamo parlando di lui e dello chef Walter Valerio – ha chiesto un risarcimento eccessivo. Diciamo (g)astronomico, ma possiamo dire che dimostrare di aver messo le zampe sotto un tavolo è necessario in caso di controversie. Che tra l’altro non hanno intaccato il merito della critica della sostanza, cioè del piatto.

Io una soluzione l’avrei per provare la presenza al ristorante: selfie con lo chef e con tanto di ricevuta. Potrebbe funzionare?

[Vignetta: Alberto Rinaudo. Immagine: Vincenzo Pagano]

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