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23 Settembre 2022 Aggiornato il 23 Settembre 2022 alle ore 08:47

Il ristorante non paga la multa al Fisco e chiede un milione di danni

Quando il Fisco sbaglia i conti: il ristorante non deve pagare la multa da 800 mila € e ora chiede un risarcimento milionario
Il ristorante non paga la multa al Fisco e chiede un milione di danni

Cos’hanno in comune il ristorante Kalispera a Dolo, nel veneziano, e il pub Al Pioniere a Borgoricco, in provincia di Padova, oltre a una maxi multa comminata dal Fisco?

Sono locali di successo che appartengono agli stessi proprietari, due fratelli, Mauro e Massimo Furlan. 

A stabilire la maxi multa è stata l’Agenzia delle entrate nel 2013 dopo un accertamento del Fisco sui redditi dell’anno 2007. 

Ora però, dopo che ieri la Suprema Corte con un vero colpo di scena giuridico ha dato ragione ai due ristoratori, la multa rischia di diventare un boomerang per il Fisco.

Perché i ristoratori non devono pagare la multa del Fisco

Nonostante le scritture contabili corrette, conformi agli studi di settore e senza irregolarità, gli accertatori del Fisco avevano contestato ai Furlan maggiori ricavi per oltre 600mila € rispetto a quanti ne avevano dichiarati. Somma che, visto il rincaro delle cartelle esattoriali, si era in seguito avvicinata agli 800 mila euro.

Il metodo, particolarmente detestato da ristoratori e operatori economici, è quello del cosiddetto “accertamento induttivo”.  

In pratica, la multa del Fisco faceva leva sulla quantità di farina ordinata per i locali dei fratelli Furlan. Stando ai funzionari dell’Agenzia delle entrate con quei quintali di farina a disposizione, gli imprenditori dovevano aver guadagnato di più. Senza se e senza ma.

Nel particolare, tutta la farina acquistata dai ristoratori non poteva essere per 10mila pizze, ma, secondo i calcoli degli accertatori, per 37mila. Ecco da dove veniva il “maggior reddito”, per un totale di 296 mila €, con relativa maxi multa per evasione fiscale (che oggi si tenta di combattere rinunciando ai contanti).

I fratelli, dopo essersi rivolti a un avvocato, avevano fatto causa con richiesta di danni da un milione di € ai due accertatori. I quali, nonostante avessero insistito per la non ammissibilità del procedimento a loro carico, difesi dall’Avvocatura dello Stato, erano stati chiamati in giudizio.

La strategia difensiva

Farina per pizza alla base di una multa del Fisco
La farina per la pizza alla base della multa elevata dal Fisco

La strategia difensiva elaborata dal legale per difendere i suoi assistiti dalla multa del Fisco, in apparenza banale, si è dimostrata efficace. 

Detto in parole semplici: gli accertatori fanno quello di mestiere, non sono certo panettieri. È possibile che i loro calcoli siano frutto di un pregiudizio o risultino, peggio ancora, sbagliati.

E così è stato. 

I conti sbagliati

Nel verificare l’evasione fiscale gli accertatori non devono avere tenuto conto di tutti i possibili impieghi della farina. La farina non si usa solo per fare la pizza. Serve anche per il pane, per le bruschette, per i dolci. Senza parlare degli scarti o dell’incidenza di un forno a legna sul prodotto finale (quante pizze bruciate si possono buttare?)

Il verdetto, primo in Italia a trasformare gli accusati in accusatori, ha stabilito che la tesi del legale di Mauro e Massimo Furlan era valida. Confermando anche in Cassazione la sentenza di secondo grado che aveva reso nulla la multa del Fisco e condannato l’Agenzia delle entrate a pagare le spese legali.

Niente multa e richiesta di danni milionaria al Fisco

Dopo ben 9 anni di cause e appelli la Suprema Corte ha deciso che la sentenza di secondo grado è “inoppugnabile e incontestabile”, mettendo in discussione il metodo dell’accertamento induttivo seguito dai due funzionari. 

Il Fisco dovrà rinunciare per sempre agli 800 mila € di multa che ha inseguito per 9 anni. Senza contare che adesso saranno i ristoratori a farsi sentire. Mauro e Massimo Furlan hanno già annunciano una richiesta di danni milionaria.

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