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24 Febbraio 2018 Aggiornato il 24 Febbraio 2018 alle ore 20:38

Netflix. Cos’è Ugly Delicious, la serie con David Chang che cambia il racconto del cibo

Avete già visto la prima delle otto puntate del documentario prodotto da Netflix (il servizio di streaming per guardare serie TV, film, documentari, ecc.
Netflix. Cos’è Ugly Delicious, la serie con David Chang che cambia il racconto del cibo

Avete già visto la prima delle otto puntate del documentario prodotto da Netflix (il servizio di streaming per guardare serie TV, film, documentari, ecc. ecc.) a tema cibo?

A “condurre le danze” del docu-film è stato chiamato David Chang, 40enne bi-stellato chef di origine nordcoreana, fondatore con la star tv Christina Tosi del Momofuku Group e diventato anche lui icona della televisione.

L’idea, ambiziosa, come detto da Time, è quella di utilizzare il food come traino, in maniera trasversale, come argomento “di richiamo”, per poter parlare di argomenti “scomodi”, per esplorare i legami tra cibo e cultura.

Ogni episodio è dedicato ad un argomento come “BBQ”, “Fried Chicken”  o “Tacos”, ma viene utilizzato per esaminare tutto quello che vi è intorno, dall’immigrazione al razzismo, alla natura complicata dell’appropriazione culturale.

https://www.youtube.com/watch?v=roZP0aJa_DI

Come spiega Eater, in questa serie non vi sarà lo chef protagonista ai fornelli, piuttosto sarà ad ascoltare e vedere all’opera altri talentuosi, e in alcuni casi sconosciuti cuochi, mentre raccontano i segreti dei loro piatti d’autore.

Nessun piatto “bello”, comunque, molte scene”conviviali”, tante storie.

Nessun piatto “bello” dicevo, ovvero come l’hashtag #uglydelicious che accompagna i suoi post su instagram (usato quando descrive piatti visivamente brutti ma deliziosi), hashtag da cui la serie trae spunto per il nome, ma molto importante per lo chef che, dopo anni di ripudio della cucina “d’origine” per abbracciare quella di stile francese, ha rivisto le proprie posizioni in favore dei più classici casalinghi.

A questo punto voi mi chiederete perché dobbiamo guardarlo. Perché è un modo se non nuovo quantomeno diverso di parlare del cibo, senza troppe “pippe mentali” direbbe un mio amico, tutto mirato alla sostanza, alle tradizioni, ai perché quel piatto si prepara in quel modo, o viene identificato con una determinata etnia.

Si è partiti dalla pizza di Franco Pepe ed Attilio Bachetti, arrivando fino in Oriente. Si parlerà di tacos in stile arabo fino al Noma Mexico, di cucina casalinga con Rene Redzepi, di gamberetti e gamberi d’acqua dolce, di BBQ, di pollo fritto da Nashville alla Cina, del riso fritto della cucina cinese.


Si chiuderà parlando della pasta ripiena italiana (in competizione con i dumplings, chiaramente) con Massimo BotturaCristina Bowerman, ma anche con Daniela Zappoli, la bolognese co-owner di Le Sfogline (noi l’avevamo già segnalata nel post delle lasagne di carnevale).

Insomma, motivi per guardarla ce ne sono, non so se cambierà il nostro modo di parlare di food.

[crediti: Time, Eater; immagini:Netflix, Crain’s New York Business]

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