Non puoi usare il marchio di Cannavacciuolo. Sennò ti denuncia
No, non si può usare senza consenso il marchio di Antonino Cannavacciuolo su volantini e poster pubblicitari. E sperare, soprattutto, che nessuno se ne accorga.
Di più, esistono buone possibilità che a scoprire l’uso indebito di un marchio registrato –il suo– sia lo stesso Cannavacciuolo. Che nell’occasione si è dimostrato un vero segugio.
I fatti sono questi.
In un periodo compreso tra settembre 2018 e dicembre 2019, per avviare un ristorante a Marina di Ravenna, i titolari usano senza autorizzazione il marchio registrato da Cannavacciuolo.
Violando così l’articolo 473 del codice penale.
Il popolare chef campano se ne accorge perché un’amica gli mostra un volantino pubblicitario. C’è scritto che, in occasione della riapertura del ristorante, a curare il menu a base di pesce e crudità sarà proprio lui, Cannavacciuolo.
Nei giorni successivi, per le strade della zona, gira un camion vela con la gigantografia dello chef accanto al nome del ristorante.
Cannavacciuolo vuole sapere cosa succede, benché a quel punto abbia già capito che qualcuno sta facendo un uso fraudolento del suo marchio.
Cannavacciuolo investiga e protegge il marchio
Cosa fa allora lo chef titolare del Villa Crespi, il ristorante che ha da poco conquistato la terza stella Michelin?
Incarica la segretaria di chiamare il ristorante di Marina di Ravenna fingendosi interessata alla cena di riapertura del locale. La telefonata viene registrata e permette di risalire ai committenti. Oggi è agli atti del processo che inizierà a fine febbraio presso il Tribunale di Ravenna.
Già, perché nel frattempo Cannavacciuolo, nato a Vico Equense, in Campania, ma residente nel Novarese, denuncia ai Carabinieri locali tre persone, con l’accusa di avere usato il suo marchio registrato senza autorizzazione.
Gli accusati, nel ruolo di amministratori di diritto o di fatto della società (bresciana) che gestiva il ristorante di Marina di Ravenna, sono un italiano e due cubani.
Per la precisione un imprenditore di 63 anni di Lumezzane, in provincia di Brescia. Oltre a un uomo e una donna originari di Cuba, di 50 e 32 anni, trapiantati sul litorale ravennate, a Marina Romea.
Sentiti dagli inquirenti nel corso delle indagini, gli accusati, in particolare la 32enne cubana, sostengono di avere ricevuto il già citato menu a base di pesce e crudità dallo stesso chef campano.
La bizzarra spiegazione
L’idea di usare il marchio di Cannavacciuolo senza autorizzazione sarebbe maturata dopo il 2016.
L’occasione? La registrazione di una puntata di “Cucine da incubo”, il programma oggi trasmesso da Sky Uno in cui il popolare chef s’impegna ad aiutare ristoranti in crisi, per scongiurare il rischio chiusura.
All’epoca la donna, che gestisce un ristorante a Suzzara in provincia di Mantova, riceve il menu incriminato dallo stesso Cannavacciuolo. E, nella sua (probabilmente finta) ingenuità, pensa di poterlo usare per farsi pubblicità.