Nutella, pasta Barilla o Crodino. Secondo voi chi è il mito?
Che cosa accomuna la Coppa del Nonno, Tex Willer, l’aranciata Sanpellegrino e i Ray Ban? Semplice! Sono miti inaffondabili. Almeno così appaiono ai 120 intervistati, tra filosofi, sociologi e esperti di marketing, sentiti da Found, l’agenzia di comunicazione che si è presa la briga di selezionare i brand che “resistono al tempo, influenzano gli stili di vita e hanno dietro un mondo in cui le persone si riconoscono”. “Prodotti intergenerazionali” capaci di far sognare anche a distanza di decenni (o secoli) dalla loro comparsa sul mercato, marchi che resistono al mito.
Ed eccola la lista dei 15 brand d’oro, quelli che, sempre secondo il panel qualificato, riescono a mettere d’accordo grandi e piccini, uomini e donne, ricchi e poveri. Sono, in ordine di apparizione:
1. Nutella. La crema di gianduia con nocciole è stabilmente in vetta alla classifica dei piaceri della vita. Elemento indispensabile per intere generazioni alla ricerca di un momento di consolazione (ho visto amiche affogare dispiaceri sentimentali tra vasetti e brufoli in quantità equamente massicce), è avversato da tutti coloro che si professano gastrofanatici integralisti ma che almeno una volta nella vita l’hanno assaggiata (e vorrebbero rifarlo se non tradissero l’idea che artigianale è buono, industriale è cattivo).
2. Coppa del Nonno. Nessuno sano di mente avrebbe battezzato con questo nome un gelato che nell’evoluzione della specie ha conservato un tratto caratteristico: l’orrendità (non si può sentire) del contenitore. Una plasticaccia brutta a forma di tazzina che mai ti farebbe pensare a una scioglievolezza al caffè. Dagli anni Sessanta c’è sempre stato un/a ragazzetto/a che si chiede perché mai c’è un nonno così sfigato da preferire quel gelato. E a lui, come nipote immaginario, è toccata per nemesi storica una di quelle zattere con biscotto dai nomi improbabili (cucciolo, cucciolotto, cucciolone) amato dalle mamme perché è un gelato che fa bene (ma come, non hanno le stesse basi denigrate da tutto il mondo gastromaniaco?). Caso da studio, al pari della Nutella, per la capacità del prodotto di superare la notorietà del marchio del produttore. In questo caso Motta sarebbe scomparso se non avesse avuto la Coppa del Nonno. Qui su Scatti va per la maggiore il Magnum di Benicio e Carolina! Per gli altri gelati, artigianali o quasi la scelta è ampia.
3. L’aranciata Sanpellegrino. Faccia ammenda chi non ha sempre ritenuto che l’aranciata più importante fosse la Fanta, sorella povera della Coca Cola acquistata in ragione di 1 bottiglione ogni 10 per festicciuole con buffet alle patatine per i giovanissimi? Invece, beccatevi questa, il marchio è ben più conosciuto e non si capisce nemmeno perché visto che al 50 Best World dei super cheffissimi partecipa l’acqua e basta (che in percentuale c’è anche nell’aranciata, forse).
4. Gli occhiali Ray-Ban Aviatore. Qui possiamo aprire una discussione su un marchio che sembra non alimentare e invece lo è. Quanti di voi avrebbero voluto mangiarsi, con gli occhi si intende, quel gran pezzo di figliolo di Robert Redford che li indossa al culmine del suo personale fascino. E non se la prendano i maschietti, basta pensare all’aviatrice per definizione, la Kelly McGillis di Top Gun che in qualche scena li indossa (forse, così mi hanno raccontato).
5. L’aperitivo Sanbittèr. Tutto attaccato e accentato che fa tanto Parigi delle brasserie. No, non potrete accostare qualche scrittore o filosofo pensatore all’antagonista del crodino nelle disfide dell’aperitivo de’ noantri di quelli che non conoscono il rito del pre-pranzo ma hanno voglia solo di fare spazio nello stomaco (salvo chiudere l’antro con noccioline e amenità ammuffite al banco). Insostituibile per gli astemi e i finti astemi à la page che hanno da festeggiare la vittoria (o la sconfitta) a tressette al bar del paese e inorridiscono di fronte a un intruglio a base di coloranti e pensano di salvare l’apparato digerente.
6. Il marchio Campari. Come dire, Campari Soda, Campari come ingrediente dei cocktail e soprattutto Crodino! che è diventata la merce di scambio su questo sito. Vorrei anche sapere se c’è qualcuno che è riuscito a mescolare il contenuto della bottiglietta dall’improbabile colore con qualche altro ingrediente. Dite di no? E allora non conoscete il gruppo di Facebook che lo mescola al gin.
7. Coca Cola. Vedi n.1, la Coca Cola è il demone dei vinofanatici come la Nutella lo è per i gastromaniaci. Guardate una degustazione di vini e vi accorgerete che oltre al vino è ammessa solo l’acqua e qualche cubetto di pane per evitare di sbattere il cranio sulla semicirconferenza istoriata dai calici numerati. Ma perchè non usare la Coca-Cola che sarebbe in grado di lavare qualsiasi residuo del precedente campione? Se potessi, dopo lo spot in cui si propone di accompagnare ogni pasto, suggerirei alla Coca Cola di promuoversi come accompagnatore delle degustazioni. Un po’ come il wisky e il bicchiere d’acqua ghiacciato e separato che fa moltissimo intenditore. E ora abbiamo anche la ricetta per farla a casa!
8. Pasta Barilla. Per i pasta-addicted il segno che la pubblicità può tutto. Ma come è possibile che la pasta meno buona dell’universo italiano sia lì a dettare legge? Meno male che ora Emidio Mansi con la Pasta Garofalo ha messo a punto Gente del Fud e l’app per l’Ovvi store. Ora dobbiamo solo aspettare che tutti i possessori di Nokia facciano dimenticare la coppia felice che si affaccia dalla fighissima casa vicino ad Alghero la ristruttura e mette nella finestrella più bella un pacco della pasta più amata dagli Italiani. Insopportabile!
9. Caffè Sport Borghetti. Sono sincero, ho dovuto chiedere in giro cosa mai fosse. Ero fermo al Bar Sport di Stefano Benni. Invece il cordiale nato nel 1860 (insomma, prima dell’Unità d’Italia) ha un suo pubblico di estimatori soprattutto allo stadio. Apprendo da Wikipedia che Nella versione barattolo da 3 cl, è molto venduto negli stadi; in particolare, intorno allo stadio “Olimpico” di Roma, al “San Paolo” di Napoli o al “Del Conero” di Ancona, vi sono spesso venditori abusivi del caffè Borghetti, chiamati dialettalmente “Borghettari”. Attendo riscontri se si tratti di bevanda romanista o laziale in quanto non specificato.
10. Chanel n. 5. Chi dice Marilyn Monroe, chi dice Carole Bouquet. Ma perché, Nicole Kidman vestita da Largelfield dove la vogliamo mettere? Sono sicuro che qualcuno riuscirebbe pure a berlo lo Chanel N. 5 se garantisse una serata con una delle testimonial. Chissà se le gastrofanatiche che seguono questo sito lo utilizzano per convincere a farsi portare fuori a cena.
11. Nesquik. Come far bere il latte al proprio bambino recalcitrante. Il coniglio ispira simpatia, il contenuto non saprei. Ricordo soltanto una terribile epidemia di foruncoli che ho ingiustamente addebitato alla polverina profumata. Ma da allora ho preferito il caffè nel latte che marca l’ingresso nell’adolescenza. Un po’ come bere il primo sorso di vino.
12.Tex Willer. Un eroe soppiantato da Dylan Dog, Rat Man o qualche manga giapponese. Almeno così pensavo. Come si può dare credito a uno che esclama Corna di Satanasso! Questo inserimento ha gettato una luce sinistra sulla classifica di questi magnifici 15.
13. Brooklyn. Un altro pezzo d’antologia (o da museo, fate voi): la gomma del Ponte preferita da Mister Bean. Big Babol? Vigorsol con lo scoiattolo petomane? Meteore.
14. Borsa Kelly di Hermès. Kelly sarebbe Grace Kelly, la Principessa di Monaco che era anche attrice. Una borsa cult, perché no.
15. Plasmon. Ha provato a sdoganarli in tempi recenti Arcangelo Dandini con un piatto che ricorda l’infanzia. Il tenutario di Scatti ammette che mangia il foie gras e lascia i Plasmon. Voci incontrollabili asseriscono che c’è qualche mamma che, con la scusa di accudire il bambino con i biscottini, chiedono una scaloppetta.
Ovvio che anche voi avrete il vostro brand preferito. Tra un bagnetto e l’altro nel mare che vi accoglie, potreste comunicarcelo?
Fonte: helpconsumatori, ilgiornale.it
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