Stroncature. Per Parthenopes ci siamo, per Splendor dobbiamo attendere
Il posto è bello, diciamocelo. Da fuori e da dentro, con il bancone lunghissimo, i pizzaioli sotto vetro a vista, i tavoli ordinati lungo le pareti, e il piano di su, a ballatoio, con quelli tondi. In più, c’è una folla di gente. Età media abbastanza bassa. Dunque, tutto promette per una serata “occhei”, nel nuovissimo Splendor Parthenopes, che fedele all’insegna ammicca alla napoletanità di un secoluccio e passa fa (il menu come vedremo/ete è parte nopeo e parte napoletano, come diceva Totò, e scritto stretto in lingua) rilanciata a Roma in era postmoderna.
Al banco d’angolo ci stanno pure le pastarelle da merenda e colazione; e la squadra di servizio va veloce (anche se, alla prova dei fatti, non del tutto consapevole di ogni particolare della faccenda, specie fronte vino: ma insomma, siamo in rodaggio, e ci sta). Dunque si parte. Come?
Assaggiando una pizza, invece dell’antipasto, che pare doveroso, oltreché attirante, visto l’ambaradàn piacevole dei ragazzi dietro il vetro in zona forno. La quale pizza arriva, però, come segue: tracce di bruciato evidenti sotto; impasto “naturale” non perfettamente lievitato (il cornicione parla chiaro); e soprattutto la pasta, più che acida, è sapida forte, davvero un po’ tanto. Però, nel complesso, diciamo che un sei politico la pizza lo strappa. Anche perché quel che c’è sopra non è pesante, e non sa di scarso.
Si prosegue: un percorso marittimo e uno di terra, per sentire tutt’e due i lati.
Dunque, scialatielli con lupini limone bottarga di qua; pasta alla genovese di là.
Esiti.
Scialatielli: medi, nella norma; bottarga: non pervenuta; profumo di limone ben percepibile; amalgama del piatto: zero; lupini pochi; totale: mamma mia quant’è timida ‘sta pasta… ma una spintarella no?!?
Genovese: confettura di cipolla, più che altro. Della carne, memoria e tracce. Dolce (troppo) e piuttosto sbiadito il totale.
Tracce di carne e di sapore è anche la definizione che si attaglia alle successive (nel percorso terra) polpette al raù (scritto bene, anzi benissimo. Mentre nella carta dei vini, di cui poi si ridirà per via dei prezzi, campeggia un Falerno del Massiccio – sic! – che come errore è piuttosto… massico). Nella polpetta sedano, mollica e altri additivi fanno l’80% della somma.
Dal lato mare, ecco il baccalà con carciofi (tre slice adagiate nella salsa) e patate. E se il baccalà – cotto talmente lentamente che a un certo punto dev’essersi stufato, malgrado la sua nota pazienza – era un San Giovanni, le patate (piccole, tagliate tonde, slavate e vegetali al gusto, un classico da scuola alberghiera de ‘na vota) sono decisamente un San Camillo, inteso come noto ente ospedaliero romano.
Nel bicchiere, un Taurasi Radici 2007 Mastroberardino (la carta però non riporta annate, si scoprono solo vivendo): a 41 euro, e ci stanno. Ma un po’ meno ci stanno i 52 per Exultet di Quintodecimo e soprattutto i 61 per il Furore della Marisa nazionale. Furore sì, ma dateve ‘na calmata…
Qui si ferma il percorso: per un dolce (di consolazione: ce serviva…) si è passati da Arcangelo (250 mt da Vittoria Colonna, sia benedetta la vicinanza). Tre assaggi al banco, una boccia di bolle come ri-aperitivo, e passa la paura.
Conclusione: Parthenopes approvata, come ambiente ci siamo. Ma quanto a Splendor, pe’ ‘mmò, a tavola, nunn’è ‘ccosa. Si vedrà magari in futuro… Intanto, adda passà a’ nuttata…
Splendor Parthenopes. via Vittoria Colonna 32/c, 00193 – Roma. Tel. +39 066833710