Eventi. Montepulciano & Zunica, degustazione con companatico
Un Montepulciano d’Abruzzo “visto da lontano”, ovvero degustato e commentato da da tre produttori di altre regioni. Ecco il motivo del titolo dell’evento che si è svolto a Civitella del Tronto, ultimo baluardo a Nord del Regno Borbonico che entrerà nel Regno d’Italia il 20 marzo 1861 solo tre giorni dopo che fu sancita l’Unità d’Italia (17 marzo). Ne è nata una manifestazione che ha provato a mettere in discussione i vini teramani. Il prologo è stato affidato alla musica per ricordare la pagina di storica difesa con due artisti del Nord, del Veneto, il mezzosoprano Silvia Ragazzo ed il maestro Alessandro Tortato al pianoforte impegnati in arie napoletane (e poi nella degustazione). A chiusura, una cena per celebrare la tipicità teramana con un classico della ristorazione locale: l’Hotel Ristorante Zunica 1880.
Debbo dire la verità, è stata veramente una bella degustazione quella della docg colline teramane organizzata dalla provincia di Teramo nella splendida cornice della Civitella del Tronto.
La location era splendida, una vecchia Rocca borbonica con un paesino alle sue falde che è uno dei tanti gioielli nascosti dell’Abruzzo. I vini erano interessanti e colpivano per diversità e peculiarità. I millesimi più antichi dimostravano una cosa che noi appassionati di Montepulciano d’Abruzzo sappiamo da tempo: la straordinaria longevità di questo vitigno, che si presta ad invecchiamenti record. Nessun millesimo degustato (e si arrivava fino al ’98) dava segni di stanchezza o cedimento.
La sola cosa che non mi ha completamente convinto è stata la coraggiosa formula di degustazione: chiamare tre produttori di altre regioni (Alessio Planeta, Martin Foradori di Hofstatter di Termeno e Stefano Moccagatta di Villa Sparina di Gavi) a parlare di un vitigno che non conoscevano e che probabilmente avevano bevuto anche raramente era effettivamente un rischio. Ma compensava la conoscenza del “padrone di casa” Paolo Lauciani, che ancora una volta dimostrava di ben conoscere questi vini.
Il Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane è nato una decina di anni fa come docg con l’ambizione di diventare il fiore all’occhiello di questo vitigno tradizionale, diffuso in tutta la regione. Le caratteristiche del territorio, pedoclimatiche e aziendali sembravano avere tutti i requisiti per ciò. Inutile dire che negli ultimi anni, la zona ha patito il leggero cambio di indirizzo che spinge il mercato a cercare vini più eleganti e meno potenti. Il Montepulciano muscolare, concentrato e generosissimo non sembra gradire più tanto i consensi di pubblico e critica, a favore di una lettura più fresca e leggera, retta dai profumi e dalla riconoscibilità. Non è un caso il riaffermarsi dei vini di montagna aquilani di questi anni. I Colline Teramane, figli dell’enologia anni 90, sembrano segnare leggermente il passo.
Per questo la degustazione è stata tanto interessante, perché in un momento di incertezza ha il coraggio di tracciare una retta e tirare le somme su un territorio. E, debbo dire la verità, la cifra ritorna! Lo spaccato che esce dalla degustazione dimostra la molteplicità dei volti di questa zona, vini che hanno in comune una sola cosa: la ricerca della qualità assoluta e l’uso esclusivo di questo vitigno che si sta dimostrando tra i più interessanti della penisola.
Otto i vini in degustazioni, sparpagliati su tutto il bel territorio delle colline teramane. Si va da aziende storiche, ad aziende più moderne, da cantine contadine a quelle più importanti, tutte accumunate da una ricerca spasmodica della qualità secondo le proprie caratteristiche.
Mi hanno particolarmente colpito tre vini, figli di una lettura tradizionale e tipica del Montepulciano: Lo Zanna 98 è il fuoriclasse di casa Illuminati, da una vecchia pergola di 40anni, un rosso tipico e tradizionale, che fa di una rustica eleganza la caratteristica più interessante, Il millesimo è il 1998 ma il vino è ancora giovanissimo e retto da una bella acidità. Il Pepe 01, si fa notare già con un colore più leggero e profumi fini e fioriti, in bocca è scalpitante e convincente, figlio di una agricoltura veramente tradizionale e poco invasiva. Il Fonte Cupa 98, conquista con un naso affumicato e minerale, all’assaggio è nervoso e incredibilmente giovane malgrado l’età.
Ma colpiscono anche i più moderni Adrano, nel suo primo millesimo di vita, il 2001, dai sentori eleganti e moderni e dalla beva estratta e tannica e il piacevolissimo e fine Vignafranca 01, dalla beva intensa e sapida. Buoni alfieri dei vini più recenti di Villa Medoro e Barba.
L’Escoll 2000 è un montepulciano dalla lettura imponente e concentrata, ma incredibilmente dinamico e vivo. Il Castellum Vetus 03, malgrado l’annata torrida è un rosso molto tipico e integro, dai bei profumi di china e ribes. Il Celibe 98, che conosciamo come un vino assolutamente interessante, pativa probabilmente una bottiglia meno felice che lo faceva apparire più evoluto del previsto.
Alla fine della degustazione, quello che colpisce è la capacità di questo vitigno tradizionale di cambiare fisionomia e caratteristiche a seconda dei territori e dell’interpretazione personale del vignaiolo. Vini molto diversi ma con in comune una grandissima ricchezza di profumi e aromi proprie di questo territorio.
Degustazione prolungata e preceduta da un concerto. Ma soprattutto seguita da una cena a base teramana. Si va da Zunica e dal patron Daniele che ha organizzato lo spuntino serale.
Andiamo letteralmente in visibilio per un panino con porchetta. Che ci vuole, direte voi, a fare un panino con la porchetta? Materia prima buona, anzi, ottima. E noi non ci facciamo pregare troppo. Un bel bis a decretare il successo della prima portata accompagnata dalla birra di Opperbacco.
Si alza ancora il livello con l’ottima zuppetta di pecorino con tartufo della Laga. Il profumo del Gran Sasso e delle giornate terse e fredde sono lì in quel piatto che merita il viaggio in terra teramana.
Mi sembra sempre quasi un abuso ripeterlo, ma non se ne può fare a meno: in terra teramana quale pasta puoi aspettarti al desco se non quella dei rosetani Verrigni? Nulla quaestio, il fusilloro è un’elica che ti avvolge nella sua spirale e non ti lascia più. In questa variante di amatriciana leggera e caprino convince meno per il condimento. Necessita di accompagnamenti vigorosi per dare la giusta compagnia al morso sempre preciso.
Mi rammarico solo per l’agnello che su queste lande è presenza costante. Un po’ tirato via, ma d’altronde tra tavoli lunghi e premiazioni non si può infierire. Giudizio sospeso.
Nota molto positiva, invece, per la pizza dolce e la sua rivisitazione. Un classico che si fa moderno grazie all’esperienza del nuovo acquisto in cucina. Una toccata rapida per l’ormai tarda ora. Ma sufficiente ad accendere una bella preferenza sulla rotta del navigatore gastronomico. Qui occorre ritornare per costruire un percorso con maggiore calma, anche se la tavola era piacevole anche per i commensali.
(Alessandro Bocchetti & Vincenzo Pagano)