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Vino
26 Maggio 2011 Aggiornato il 6 Aprile 2019 alle ore 20:26

La classifica del piacere? Aperitivo alla Pergola con il Crotalo e tre assaggi

Sapete cosa metterei ai primi posti di una personale classifica del piacere? L’attesa dell’ora dell’aperitivo. Adoro quelle giornate intense in cui non
La classifica del piacere? Aperitivo alla Pergola con il Crotalo e tre assaggi

Sapete cosa metterei ai primi posti di una personale classifica del piacere? L’attesa dell’ora dell’aperitivo. Adoro quelle giornate intense in cui non hai una pausa dal lavoro per consumare un pasto veloce o un caffè o un bicchiere di vino con un tramezzino all’uovo e salame. Quei pomeriggi dove guardi continuamente l’orologio, sperando che si sbrighi a girare quelle maledette lancette, nell’attesa che tutto finisca per sederti in un comodo wine bar a bere una meritata flute di champagne. Che meraviglia! Io in genere mi ritengo degna almeno di un’intera boccia, sarà che tendo a sopravvalutarmi, ma tant’è miei cari amici e non ci posso fare niente.
Se poi in una di queste giornate hai la fortuna di ricevere una convocazione dal Crotalo per un aperitivo verso le 18,30, diciamo che puoi considerarti baciato dal cielo. Mi è successo proprio ieri e posso dirla come mi viene? Posso??? Ammazza che culo!!! Scusate il turpiloquio ma fra poco il vostro consenso, fuor di dubbio, mi tenderà una mano. Leggete qua!

Alle 18.30 in punto io e i miei tacchi 12 eravamo su alla Pergola dove ci attendevano in terrazzo Marco Reitano e il Crotalo, belli come il sole. Alle spalle una vista mozzafiato e un cielo terso che ci ha svelato in lontananza il portone d’ingresso dell’abbazia di Montecassino, decisamente più affollato del solito, chiaro segnale di un risveglio del turismo che si rifletterà su tutta l’economia del nostro paese, in prevedibile, già evidente, forte ripresa (Se nemmeno in questa affermazione riuscite a distinguere una sottile ironia, significa che siete veramente distratti).

Marco era pronto, preparatissimo come sempre, con tre bottiglie da fantascienza. In attesa che si freddasse la prima, Dom Perignon Oenothèque 1975, avendo una certa arsura dovuta allo sforzo notevole nel consegnare le chiavi della mia auto al posteggiatore, mi sono fatta servire un ’90 di Moet & Chandon, ma su questo Champagne stenderei un velo pietoso perché non mi è piaciuto e non ne ho compreso l’aspetto commerciale. La ragione di quel prodotto mi sfugge, ma forse è un limite mio… E anche del Crotalo, che la sa più lunga di me e infatti non l’ha bevuto.
Amici Oenothèque 1975 è incredibile, unico! Ne avevo provata recentemente una bottiglia altrettanto felice in un buonissimo ristorante all’estero e una terza forse prima di Natale da Roscioli. Sta di fatto che tutte e tre si sono rivelate superbe, eccezionali, davvero memorabili, fra i più grandi Champagne mai degustati. Molto sapido, come sempre, agrume presente, fresco e piacevole, frutta gialla, grandissimo carattere, struttura, acidità viva e un perlage da fare invidia alle più recenti sboccature.

La seconda apertura è stata Lafite ’90, un grandissimo Pauillac, l’eleganza a Bordeaux. Il Crotalo ha giustamente ricordato un Leoville Las Cases ’61 che Marco ci fece provare qualche mese fa, definendolo, con un’asserzione nient’affatto fuori luogo, un vino di Borgogna, proprio per la caratteristica, spiccata eleganza di questa bottiglia. Lafite ’90, che non assaggiavo da un po’, ha una compattezza e una grazia nel contempo che, scusate se oso, farebbe tremare parecchia Borgogna dello stesso livello. A proposito delle recenti polemiche su questo sito, circa la necessità di assaggiare vini della stessa tipologia e della stessa zona o addirittura sottozona, io dico che in questo caso la regola non regge. Qui, insieme a struttura e longevità (perché questo vino ha davanti a sé molti anni di vita) abbiamo trovato una finezza che raramente ho riscontrato in altri grandi vini assaggiati negli ultimi anni.

Reitano, Crotalo e Black Mamba lieti e compiaciuti miravano il tramonto e con mente affilata, lucida, ebbra di vino buono, si interrogavano sull’infinito, poi sul senso della vita, sull’ inevitabile necessità dell’ uomo di credere in qualcosa, sull’inconoscibile, sulla trascendenza dell’anima… Sul perché, porco cane, quella cacchio di bottiglia fosse finita così in fretta!!!

E così, il nostro ricco aperitivo si è concluso con un altro gigante di Bordeaux, da Saint-Émilion: Cheval Blanc 1982. Grandissima annata, un bel po’ di fondo, vino imponente come sempre, ma ahinoi, nonostante il suo incedere quasi minaccioso, ha preso le botte da Lafite. C’era da aspettarselo, l’esito non ci ha colti impreparati , probabilmente ho commesso io un errore nel richiedere quest’ordine di servizio, o forse ci saremmo dovuti fermare dopo un capolavoro come Lafite ’90. Cheval Blanc ’82 non ha onorato le aspettative perché schiacciato da un gigante, ma si tratta comunque di un ottimo vino, caratterizzato da una buona struttura, frutta rossa e spezie sia al naso che in bocca e un tannino che è velluto, secondo lo stile stabile e durevole di questo monumento dell’enologia francese, che fino all’annata 1998 ci ha regalato solo grandi soddisfazioni.

Amici di Black Mamba, dite la verità, ammettetelo, dai! Ieri ho avuto proprio c..o!
Alla prossima e mi raccomando: non dimenticatevi di Black Mamba!!!

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