Ingenui, le cose che dovreste sapere sulle caraffe filtranti
Caraffe filtranti come un cinepanettone: stroncate dalla critica, sbancano al botteghino.
Tutto inizia con l’esposto di Mineracqua alla Procura di Torino, qualche mese fa. L’acqua filtrata in caraffa, assicura l’Università La Sapienza di Roma dopo test di laboratorio condotti per conto della federazione dei produttori di acque minerali, è ‘non più potabile’, ‘depauperata di elementi nutritivi’ e contaminata con la ‘presenza di corpi estranei’.
Giudizio confermato ora da un rapporto dei Nas: nella migliore delle ipotesi l’acqua filtrata è uguale a quella del rubinetto; nella peggiore, cioè se non viene bevuta subito, può contenere batteri. E così la Procura di Roma apre un’inchiesta per frode in commercio, l’ennesima dopo quelle di Torino, Terni, Velletri, Sassari e Tivoli.
Ad un risultato analogo è arrivata la rivista francese ’60 millions de consommateurs’ che ha concluso che le brocche filtrano bene il cloro e migliorano il sapore dell’acqua ma sono ben poco efficienti nel filtraggio di altre sostanze come zinco, arsenico, magnesio e calcio e possono rilasciare nell’acqua componenti dei filtri.
Ma intanto gli acquisti di caraffe filtranti vanno a gonfie vele (ne sono state vendute 820 mila nel 2010 con un impennata del 71% nei primi due mesi del 2011). E Alessandro Storti, marketing manager di Brita Italia, in un’intervista al sito helpconsumatori, ribatte alle accuse spiegando che “la funzione dei nostri filtri non è quella di trattare l’acqua proveniente da una fonte dalle dubbie condizioni igieniche”, che “l’acqua non assume un ruolo decisivo nell’assunzione quotidiana del magnesio e del calcio”, che “i filtri Brita rilasciano minime quantità di argento, ammonio e potassio”, che per giunta “l’argento e l’ammonio non recano problemi” e “il potassio è addirittura benefico” e infine che “il Consiglio Superiore di Sanità ha stabilito” che “dall’utilizzo delle caraffe filtranti non risulti alcun effetto negativo sulla salute”. Fino alla zampata finale: “E’ importante considerare che, a dare il via alla catena di eventi di questi mesi, non è stata un’istituzione indipendente o un’autorità pubblica, bensì Mineracqua, Associazione che rappresenta gli interessi dei produttori italiani di acque minerali in bottiglia, i quali vedono nel successo dei filtri un diretta minaccia al proprio business”.
Ma ora il rapporto dei Nas rinfocola i dubbi, e cade come un macigno sulla buona fede dei consumatori. Mentre il Codacons pensa ad una class action. “Se infatti il consumatore acquista un prodotto che non solo non mantiene le promesse contenute nelle pubblicità, ma addirittura non svolge neanche la funzione primaria per cui è nato”, fa sapere il Codacons, “il danno economico da lui subito è evidente. Danno che è identico per tutti i soggetti che hanno acquistato il bene in questione, e che può essere risarcito attraverso una azione collettiva da intentare contro le ditte produttrici delle caraffe”.
[Fonte: helpconsumatori.it]