Galline ovaiole in fuga. L’industria frena ma tu puoi liberarle!
Avviso ai naviganti: questa è una battaglia di civiltà a favore delle galline ovaiole allevate in batteria. Non comprate uova con codice 3! E vi spieghiamo perché.
Non sono bastati agli allevatori 12 anni di tempo per adeguarsi alle nuove disposizioni in materia di benessere degli animali introdotte con una direttiva europea del lontano 1999 che vietava, a far data dal 1° gennaio del 2012, l’uso delle batterie convenzionali per le galline ovaiole.
Fatta la legge, trovato l’inganno. Infatti, puntuale, a ridosso dalla scadenza ultima per l’adeguamento, è arrivata la deroga. Basterà, per il momento, aver manifestato al Mipaaf, entro il 31 dicembre, la propria disponibilità a mettersi in regola presentando l’istanza di adesione volontaria (anche per accedere a eventuali finanziamenti regionali e nazionali per l’ammodernamento delle infrastrutture aziendali) mentre in caso di mancato rispetto della densità prevista dalla legge per le nuove gabbie (almeno 750 cm2 di spazio per gallina) scatterà solo il sollecito a adeguarsi entro il 30 aprile del 2012 e, in caso di mancato adeguamento entro quei termini, è prevista solo una blanda sanzione di 1500 euro all’intero allevamento ma la vendita di uova non a norma resterà legale. Dopo i primi controlli dei Nas, della Forestale e dei Servizi Veterinari, previsti per tutti gli allevamenti entro il 29 febbraio del 2012, un secondo giro di controlli partirà il 1° luglio 2012, si spera con sanzioni più severe per chi non si sarà ancora messo in regola.
E così una grande vittoria per il mondo animalista, recepita dall’ordinamento italiano nel 2003, viene in parte vanificata dai ritardi con cui il mondo dell’industria avicola si adegua ai nuovi divieti e dall’indulgenza delle istituzioni. Oltre a prevedere più spazio in gabbia, la nuova normativa introduce infatti una serie di migliorie per l’animale allevato: obbligo di prevedere uno spazio separato per la deposizione delle uova, la presenza di una lettiera, sistemi di abbeveraggio e mangiatoie più confortevoli, presenza di dispositivi per accorciare le unghie (inutilizzate per il mancato razzolare alla ricerca del cibo).
Eppure 12 anni non sono pochi, neanche per riconvertire un settore che nell’Unione Europea conta, secondo dati della Lega Anti Vivisezione, 400 milioni di galline ovaiole di cui il 90% rinchiuse nelle gabbie di batteria degli allevamenti intensivi, in contenitori “con 550 cm2 a disposizione”, ammassate in più file, tenute in uno spazio “inferiore a quello di un foglio A4, nel quale è impossibile compiere movimenti naturali, stirarsi, aprire le ali o semplicemente girarsi nella gabbia senza difficoltà”, esposte alla luce artificiale per molte ore per evitare “il naturale ciclo giorno-notte” e aumentare la produzione di uova, impossibilitate a soddisfare bisogni etologici primari, come i bagni di polvere per pulirsi, il movimento e il beccaggio per la ricerca del cibo, la costruzione del nido o l’appollaiarsi di notte. Con conseguenze sullo stato psico-fisico dell’animale: senso di perenne minaccia, aggressività e frustrazione, fragilità delle ossa e persino comportamenti cannibalici. Senza contare l’orrore, denunciato dalla LAV, dei pulcini maschi nati da uova di gallina ovaiola triturati vivi perché non adatti a diventare polli da carne (30 milioni ogni anno solo in Italia smaltiti come rifiuti o farine di carne).
Certo l’Europa, tornata sull’argomento a luglio del 2010, aveva parlato chiaro, mettendo in guardia dai ritardi nell’adeguamento al nuovo dispositivo di legge e invitando tutti gli attori a fare la propria parte: niente proroghe, 12 anni sono abbastanza per adeguarsi; le uova sono un alimento di base quindi la produzione illegale potrebbe determinare una carenza di questo prodotto sul mercato con conseguente aumento dei prezzi; il settore al dettaglio è invitato a non commercializzare uova non conformi; gli Stati sono sollecitati a mettere in atto misure sanzionatorie contro le aziende inadempienti; occorre proteggere dalla concorrenza sleale di chi continua ad utilizzare gabbie illegali, i produttori che si sono mesi a norma nei tempi previsti. Raccomandazioni inascoltate con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E non solo in Italia, a sentire il Parlamento: “si prevede che un numero significativo di Stati membri e il 30% dei produttori di uova non rispetteranno il divieto sull’impiego di gabbie di batteria entro il 1° gennaio 2012”:
E allora, che fare? Se l’industria avicola è in ritardo e le istituzioni pure, al consumatore resta la forza di una scelta quotidiana. Magari quella di non comprare più uova da allevamento in gabbia (riconoscerle è facile, il codice 3 compare all’inizio della serie dei numeri stampigliati sull’uovo per consentirne la tracciabilità). E di preferire uova di galline allevate a terra, (codice 2), all’aperto (codice 1) o biologiche (codice 0). Le loro condizioni di vita, per parafrasare il claim della Lav, sono decisamente più buone da mandare giù!
[Fonte: ilpuntocoldiretti.it, lav.it Foto: lav.it]